L'idea è in realtà di origini statunitensi, in particolare dallo scrittore e giornalista Dan Savage e da suo marito Terry Miller, che hanno voluto dare un contributo concreto alla lotta contro l'omofobia, in particolare a quella subita in età adolescenziale, caricando su YouTube un video in cui raccontavano la loro esperienza da giovani omosessuali e invitavano tutti i ragazzi LGBT a resistere, a tenere duro, a non arrendersi perché "it gets better" , ovvero, le cose cambiano. Il video ha avuto un successo incredibile ed è così che è nato It Gets Better, un progetto a cui hanno contribuito persone normalissime (LGBT ed etero), ma anche gente dello spettacolo e politici che hanno mandato il loro "video della speranza", promosso l'iniziativa o contribuito con una testimonianza scritta all'omonimo libro. Così l'idea è arrivata a quelli della casa editrice ISBN, che hanno deciso di portare il progetto qui in Italia creando un sito web dove raccogliere i video (lecosecambiano.org) e traducendo il libro ampliandolo con testimonianze nostrane (tra le quali quelle di Walter Siti e Aldo Busi).
Quando ho saputo dell'iniziativa mi è si è scaldato il cuore. Ormai in Italia si è fin troppo bravi
Essere uomini non
è una questione di chi ti porti a letto.
Perché è sempre questo il problema di fondo. L'ignoranza. E quale strumento migliore per combatterla se non un buon libro, ricco di testimonianze volte a dimostrare che non c'è davvero nulla di immorale, pericoloso, innaturale o malato nell'essere se stessi? Meglio ancora se questo libro è collegato ad un notevole e attivo apparato digitale molto presente sui social-newtork.
Ecco perché un progetto-salva-vita come Le Cose cambiano è fondamentale, sia per i giovani LGBT che non riescono ad accettare ci che sono a causa dell'ignoranza altrui, sia per chi quell'ignoranza la diffonde, ed ecco perché ci tenevo ad intervistare Linda Fava, editor della ISBN e curatrice del progetto. Non volevo che la pubblicazione della ISBN passasse inosservata tra queste pagine e trovo sia importante partecipare attivamente alle iniziative che si approvano, specialmente quando hanno come fine il cambiamento. Perché "le cose cambiano", certo, ma cambiandole.
Ciao Linda, benvenuta. Allora, partiamo dalle basi. Com’è sorta l’idea di creare una versione italiana del progetto americano It Gets Better? Da dove nasce la collaborazione tra la ISBN Edizioni e Il Corriere della Sera?
L'idea di lanciare Le cose cambiano si è costruita per gradi: prima, attraverso un articolo di Matteo B. Bianchi, abbiamo scoperto che esisteva un libro che si chiamava It Gets Better che raccoglieva una serie di storie non banali sull'identità e l'orientamento sessuale. In casa editrice l'abbiamo letto, ci è piaciuto, e sentendolo nelle nostre corde, abbiamo deciso di tradurlo. Poi ci siamo resi conto che poteva essere una lettura davvero utile per far crescere la cultura LGBT in Italia e aiutare tutti i ragazzi che si sentono diversi, sbagliati e non hanno punti di riferimento e modelli a cui ispirarsi, ma che avrebbe potuto esserlo molto di più se avessimo incluso nel volume anche testimonianze più vicine a loro, di autori italiani. Quindi abbiamo deciso di fare “scouting” di storie di persone gay, lesbiche, bisessuali, trans (ma anche etero) italiane. Contemporaneamente, è maturata l'idea di raccoglierle in formato video, come avevano fatto, con un successo fenomenale, i curatori americani Savage e Miller. Perciò abbiamo lanciato il sito lecosecambiano.org, affiliato all'americano It gets better, che non è servito solo a trovare le storie che sono finite nel libro, ma ha dato vita a una vera e propria comunità, a un movimento quasi, di persone che hanno voglia di condividere il proprio vissuto di coming out, discriminazione, emancipazione, con chi sta affrontando quei momenti cruciali della propria vita e ha bisogno di confronto e storie a cui ispirarsi. Più ampia sarebbe stata la diffusione del progetto, più persone avremmo potuto aiutare, così abbiamo raccontato la nostra idea al Corriere della Sera (chi ha più influenza mediatica del giornale più letto d'Italia?), che nel giro di una settimana ha aderito entusiasticamente e ha lavorato insieme a noi per portare questo archivio digitale (e cartaceo) di storie positive sullo schermo e tra le mani dei ragazzi, dei genitori e degli insegnanti che erano alla ricerca di uno strumento come questo per combattere l'omofobia.
Il vostro è un progetto che mescola la potenza della rete e l’insostituibile forza della letteratura: quanto credi sia importante, specialmente in questi tempi di trasformazione dell’editoria stessa, il connubio tradizione-innovazione?
Quello che è importante è raccontare le storie giuste al momento giusto alle persone che hanno bisogno di ascoltarle. La rete è il mezzo per raggiungere più persone possibili (specie i ragazzi, che hanno più familiarità con il web che con la libreria), e la buona scrittura, la narrazione, è uno strumento per colpirle in profondità, commuoverle, farle riflettere, suscitare reazioni genuine. La verità, l'autenticità delle storie che abbiamo raccolto è il punto di forza di questa operazione, la bellezza della forma in questo progetto era un requisito accessorio, ma abbiamo cercato di soddisfarlo il più possibile chiedendo di partecipare anche a chi le storie non solo le ha vissute, ma sa come raccontarle, a degli scrittori.
Com’è possibile che nella maggior parte delle testimonianze sia il proprio il nucleo famigliare, che per natura dovrebbe offrire sostegno e amore, a costituire il posto dove si ha più paura di uscire fuori ed essere se stessi? Credo che responsabile sia, essenzialmente, la mancanza di una cultura delle differenze nel nostro paese. Mancando la consapevolezza di cosa significa essere gay, ed essendo invece largamente diffusi i pregiudizi sull'omosessualità, e tutta una serie di stereotipi che non riflettono la realtà, ciò che spesso ha la meglio, nei genitori dei ragazzi gay, è la paura. Ma anche un genitore aperto e consapevole, la cui visione non è influenzata da pregiudizi, avvertito del contesto culturale italiano, può finire per temere che il proprio figlio rischi di essere svantaggiato – nel mondo là fuori – a causa del suo orientamento sessuale. Ciò che spesso le famiglie non capiscono è che molti ragazzi sono in grado di difendersi dagli attacchi della società, selezionando tra chi li circonda le persone da frequentare e quelle da evitare, costruendosi attorno un ambiente che li rispecchia e li rispetta; mentre ciò che fa loro più male è proprio la mancanza di incoraggiamento e comprensione delle persone a loro più vicine, della loro famiglia, del mondo “di dentro”, che per un adolescente è molto più importante del mondo “di fuori”.
Quali credi siano le differenze tra l’essere un ragazzo LGBT in America ed esserlo, invece, in Italia? Quali credi siano i passi importanti da fare nel nostro Paese rispetto a tale questione, sia politicamente ma, soprattutto, culturalmente?
L'America è un paese talmente vasto che è impossibile generalizzare. Non credo che essere gay in Utah o in Oklahoma sia più facile che esserlo in Italia. Nella maggior parte del territorio statunitense, in realtà, i matrimoni e le unioni tra persone dello stesso sesso sono vietati. Se quando parliamo di America, però, parliamo di California, o dello stato di New York, bè, quelli sono esempi di posti in cui la cultura sull'omosessualità è cresciuta di pari passo alla cittadinanza delle persone omosessuali. Come scrive Vittorio Lingiardi nella sua introduzione scientifica al libro, “il vuoto legislativo, produce un vuoto semantico, che diventa un vuoto esperienziale. Un vuoto di cittadinanza.” Il mancato riconoscimento delle relazioni omosessuali da un punto di vista giuridico implica la delegittimazione degli omosessuali come persone, e favorisce la discriminazione e il disprezzo, da parte della società ma anche da parte di loro stessi. L'omofobia e il bullismo omofobico prolificano in quel vuoto di cittadinanza, di linguaggio, e di esperienza, in una parola di cultura.
It gets better è nato per diffondere la consapevolezza che esiste l'universo LGBT, e che esiste anche un intero filone narrativo che tratta di queste tematiche a maglie più o meno ampie, cosa pensate di fare per far conoscere tutto ciò al pubblico più generale (quello, per dire, più becero che compra a scatola chiusa le poche volte che va nelle librerie)? Avete, insomma, un programma attivo per sensibilizzare il lettore medio, che molto spesso ignora qualsiasi scritto all’infuori dalla classifica dei best-seller?
Per incontrare questo progetto e questo libro ci vuole un gesto attivo: bisogna cliccare sul link a un sito o addirittura prendere in mano il volume in libreria, e dubito che chi non è mai stato interessato all'argomento possa essere smosso dalla mera esistenza del nostro libro, se non, magari, grazie al lavoro di promozione del progetto e di dibattito sui temi di omofobia e diritti civili che ha fatto e continua a fare il Corriere della Sera. Perciò purtroppo non credo che basterà questa nostra iniziativa a far cambiare idea al cittadino omofobo. Quanto meno al cittadino omofobo di oggi. Speriamo ci siano più chance di arrivare al cittadino omofobo di domani, di prevenire quell’atteggiamento, diffondendo nelle scuole dei modelli culturali LGBT che sconfiggano quelli stereotipati e rispecchino la realtà. In questo senso il libro e l'archivio di testimonianze video possono essere un buono strumento e, grazie ad alcuni partner determinati come il comune di Roma, stiamo portando il libro e un format didattico costruito attorno al progetto nelle prime scuole: il 5 marzo il comune di Roma ha dato il via a Le cose cambiano@Roma, una serie di incontri di dibattito e condivisione che si svolgeranno in 24 istituti romani, tutti quelli che hanno aderito all'iniziativa. È il primo passo che Le cose cambiano muove dentro le scuole, dopo qualche esperimento di presentazione del libro e di partecipazione ad assemblee di istituto fatto nei mesi scorsi. Speriamo, piano piano, di riuscire a portare il progetto nelle scuole di tutta Italia, ma per questo abbiamo bisogno risorse e partner altrettanto testardi.
Il finale di ogni esperienza contenuta nel libro promette un cambiamento, un miglioramento, una sorta di “vedrai che le cose si aggiusteranno, è solo questione di tempo”. E’ davvero così o, semplicemente, crescendo si diventa più forti? E’ giusto, a tuo parere, accontentarsi di una felicità prospettata nel futuro?
Le testimonianze contenute nel libro sono dirette soprattutto ai ragazzi che stanno vivendo un momento difficile, sarebbe bello dire che è anacronistico incoraggiare chi si sente così, ma purtroppo i ragazzi in quella situazione sono tanti. E per chi sta vivendo un presente buio, immaginare un futuro luminoso non mi sembra un “accontentarsi”. È ciò che gli serve ad andare avanti e a rendere quel futuro il più prossimo possibile. Forse tu intendi dire che molti degli interventi americani incoraggiano ad avere pazienza fino a quando non sarà finita una certa fase negativa della propria vita, la high school, per esempio, o fino a quando non saranno maggiorenni e potranno andarsene di casa e scegliere il posto dove vorranno vivere e le persone che vorranno frequentare. È vero, è una caratteristica di molte testimonianze che provengono dagli Stati Uniti, me ne sono sorpresa (e un po' dispiaciuta) anch'io: evidentemente il potere psicologico del bullismo nelle high school è qualcosa che bisogna essere davvero forti (o in molti) per scongiurare, e il libro raccoglie anche testimonianze di persone fragili, che rivolgendosi ai più fragili non consigliano di spaccare tutto per prendersi i propri diritti, ma di aspettare e avere fiducia perché un giorno troveranno il coraggio per spaccare tutto e prendersi i propri diritti. Tra le storie italiane il consiglio di aspettare fino a che le cose non si metteranno meglio è molto meno gettonato, anche perché tutti gli autori del libro sanno bene che aspettando passivamente in Italia si ottiene ben poco, che se non fanno la rivoluzione personalmente (o almeno non ci mettono la faccia) non saranno certo le masse che li circondano a farla per loro.
Prima di salutarci e dato che siamo su un blog letterario, avresti qualche altro testo LGBT (romanzo, saggio, raccolta di racconti) da consigliarci caldamente?
Certo, ecco alcuni titoli e autori che consiglio caldamente, in ordine sparso. Non necessariamente sono titoli “a tema” LGBT, anche perché catalogare la letteratura in questo modo mi pare anacronistico, ma contengono storie d’amore tra uomini e storie d’amore tra donne o personaggi omosessuali particolarmente riusciti. Troppi paradisi di Walter Siti e Generation of Love di Matteo B. Bianchi (in generale tutto di questi due autori). Il memoir di Jeanette Winterson Perché essere felice quando puoi essere normale?, che io ho trovato più interessante dei suoi libri di finzione (che comunque sono delle buone letture di formazione, soprattutto Non ci sono solo le arance). Tutti i fumetti di Alison Bechdel (Fun Home, la raccolta delle strisce di Dykes e Sei tu mia madre?) e un grande classico per chi legge anche in lingua (perché non è mai stato tradotto in italiano): Zami: A New Spelling of My Name (una biomitografia) di Audre Lorde, un’autrice imprescindibile della controcultura americana. Poi, dopo aver seguito ossessivamente la serie di Netflix Orange is the new black (che contiene una meravigliosa storia lesbica) sto leggendo, sempre in inglese, il libro da cui la serie è tratta, di Piper Kerman, un bel reportage dal carcere. Tra le scrittrici italiane, mi piace molto Cristiana Alicata, anche lei presente nella raccolta Le cose cambiano, in particolare il suo Verrai a trovarmi d’inverno. Ah, naturalmente è consigliatissima anche l’intera produzione di Michael Cunningham. E come sopravvivere senza aver letto almeno una volta Seminario della gioventù, il capolavoro di Aldo Busi?
Le Cose cambiano
Account Twitter: https://twitter.com/le_cosecambiano
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/cosecambiano?fref=ts
Sito Web: http://lecosecambiano.org/