Allora Marco Polo parlò:
- La tua scacchiera, sire, è un intarsio di due legni: ebano e acero. Il tassello sul quale si fissa il tuo sguardo illuminato fu tagliato in uno strato del tronco che crebbe in un anno di siccità: vedi come si dispongono le fibre?
Qui si scorge un nodo appena accennato: una gemma tentò di spuntare in un giorno di primavera precoce, ma la brina della notte l'obbligò a desistere -.
Il Gran Kan non s'era fin'allora reso conto che lo straniero sapesse esprimersi fluentemente nella sua lingua, ma non era questo a stupirlo.
- Ecco un poro più grosso: forse è stato il nido d'una larva; non d'un tarlo, perché appena nato avrebbe continuato a scavare, ma d'un bruco che rosicchiò le foglie e fu la causa per cui l'albero fu scelto per essere abbattuto... Questo margine fu inciso dall'ebanista con la sgorbia perché aderisse al quadrato vicino, più sporgente...
La quantità di cose che si potevano leggere in un pezzetto di legno liscio e vuoto sommergeva Kublai; già Polo era venito a parlare dei boschi d'ebano, delle zattere di tronchi che discendono i fiumi, degli approdi, delle donne alle finestre....
(Italo Calvino, Le città invisibili, Oscar Mondadori)