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LE CROCIERISTE ALLA RISCOSSA - Quando il tradimento corre sull’onda
Creato il 23 agosto 2011 da Ciro_pastoreLe navi da crociera un tempo erano palazzi reali galleggianti, avevano uno stile in perfetta sintonia con il loro frequentatori. Erano, infatti, solo i facoltosi membri dell’aristocrazia europea ed i nuovi ricchi dell’alta borghesia imprenditoria mondiale a potersi permettere le vacanze in crociera. Tra l’altro fino agli anni ’50, la crociera era anche l’unico metodo praticabile per spostarsi fra il Nuovo ed il Vecchio Continente. Erano i tempi del famoso Nastro Azzurro, il Premio destinato alla nave più veloce nella traversata atlantica, di cui si fregiò anche il nostro Rex. A partire dagli anni ’60, gli aerei a reazione ne soppiantarono il ruolo di mezzo di trasporto, relegandole al mero utilizzo vacanziero di una classe sociale ricca di danaro e, soprattutto, di buon gusto. A quegli anni risalgono le sfortunate Michelangelo e Raffaello, orgoglio della cantieristica italiana ma gestite, maldestramente e con notevole sperpero di danaro pubblico, da quell’ITALIA NAVIGAZIONE, finita nell’orbita delle aziende parastatali. Le navi da crociera di quell’epoca d’oro erano contraddistinte da interni lussuosi e chic, come e più dei migliori grandi alberghi. Il personale di bordo era composto per la quasi totalità da italiani, moltissimi dei quali provenienti dalla nostra regione. Intere generazioni di marinai si sono succedute su quegli affascinanti piroscafi. Fu grazie a quell’occupazione che essi guadagnarono lauti stipendi e poterono vivere avventure fiabesche e boccaccesche, puntualmente raccontate ad amici e parenti, al loro ritorno a casa.
Oggi le navi da crociera si chiamano Sinfonia, Melodia, Fantasia e sono dei mostruosi contenitori di tutto quanto il peggior kitsch mondiale possa offrire. Fino a tremila passeggeri, moltissimi dei quali piccoli bottegai o impiegatucce, affollano saloni da pranzo ed hall traboccanti di cristalli, statue, fontane, stucchi e ori. Tanto sovrabbondanti e di cattivo gusto da far apparire la reggia del Re del Bahrain come la povera cella di un monaco trappista. Le palme si susseguono alle scalinate con passamani dorati, i velluti sono in quantità industriale, le luci sono così abbaglianti da far sembrare Las Vegas un cupe paesino dell’appennino in pieno inverno. I saloni traboccano di ogni gadget tecnologico, lo sfarzo è così smodato da creare vertigini al popolo di massaie e piccole impiegate che darebbero un rene per restare per sempre in quel mondo da favola, in cui ogni sogno sembra possibile. Sono loro, le crocieriste, che spingono i mariti a fare quella scelta vacanziera. Una nave da crociera, infatti, è un non-luogo in cui tutto, per una settimana, diventa possibile e, perfino, lecito. Un immenso villaggio in cui le occasioni di perdersi sono infinite. E perdersi non soltanto dal punto di vista fisico. La nave da crociera non è soltanto un mondo intricato fatto di ascensori, scale, sale, saloni, ponti, hall. Decine di chilometri di corridoi, centinaia di servizi in cui è facile perdersi ma in cui è ancora più facile far perdere le proprie tracce. Sono innumerevoli le occasioni per infrattarsi con compiacenti membri del personale di bordo, sempre pronti a soddisfare le smanie delle tardone in libera uscita. Ma non vengono trascurati neanche gli infoiati mariti delle amiche o gli arrapati perfetti sconosciuti. Con tutti è possibile intessere rapidi e lussoriosi flirt. È l’ambiente stesso che provoca i pensieri maliziosi delle annoiate viaggiatrici. È il clima festaiolo e fuori dalle regole che crea i presupposti per relazioni tanto promiscue quanto provvisorie.
Si narra di una famosissima crocierista di lungo corso che, con periodica precisione, ogni anno approfittava delle crociere – fossero nel Golfo Persico o alle Azzorre – per abbandonare il proprio vecchio e grasso marito ai bordi di una delle piscine, dileguandosi in angoli appartati della nave con qualche nuovo partner conosciuto a bordo. Il figlio a giocare in qualche sala-giochi, simulatore di Formula 1 compreso, e il marito al sole ignaro di quanto la moglie fosse capace di divertirsi all’ombra di qualche stanza ai piani inferiori. Per lupe di mare di quel tipo, ogni preda è da addentare velocemente in quei brevi giorni in cui è possibile per loro sottrarsi alla noia della vita matrimoniale. Una parentesi breve ma intensa con cui riscaldare i cuori gelidi di signore sugli anta alla ricerca del brivido dell’imprevisto per rinfocolare vecchi desideri, ormai sopiti dal grigiore del tran tran sessuale matrimoniale. Spesso, peraltro, tutto nasce e si conclude nello spazio temporale di quella parentesi vacanziera, ma narrano i ben informati che ci sono storie che in qualche modo proseguono anche sulla terra ferma, perdendo buona parte del loro fascino, però. Quelle stanche tardone, infatti, cavalcando le onde si sentono come quelle eroine dei film di cappa e spada rapite da nobili e forti pirati a cui è fatto obbligo concedersi fingendo di arrendersi alla loro prepotenza, ma in fondo non desiderando altro che essere l’oggetto del desiderio di un maschio sconosciuto che seppure aggressore merita tutta la loro eccitazione.
Ciro Pastore – Il Signore delle Ancelle
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