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L’epoca della dinastia Tang fu il periodo d’oro della cultura cinese. A quei tempi, nel Paese Celeste, viveva il monaco Deshan Xuanjian uno studioso delle Sante Scritture che aveva scritto dei commenti molto apprezzati al Sutra del Diamante. La sua fama di studioso lo rese famoso nelle provincie Nord dell’Impero perciò era stimato come uno degli studiosi più illustri. Deshan era anche un convinto seguace del Vinaya ossia un devoto della più rigida disciplina basata sul rispetto di molte regole.
I suoi studi lo rendevano ostile ai maestri chan che avevano molti adepti nelle regioni meridionale dell'Impero. Deshan era convinto che i seguaci di quei maestri fossero dei degenerati perché negavano che l’Illuminazione fosse collegata allo studio delle sacre dottrine perciò non rispettavano i divieti. Credeva che i miseri che erano traviati da loro avessero un triste destino, perciò decise di partire per convertirli.
Credeva di poterli aiutare a trovare la Via perciò prese i suoi commenti sul Sutra del Diamante e partì. Era sicuro che i suoi scritti potevano servire per la predicazione. Riempì due grandi bisacce di libri, legò le borse agli estremi di un bastone, se lo caricò in spalla e si mise in viaggio verso Sud. Attraversò lo Yangtse e si inoltrò nelle province infattate dall'eretica setta. Viaggiando arrivò sfinito in una taverna che stava sulla strada che percorreva, perciò decise di una sosta per mangiare e per riposare prima di riprendere il viaggio.
Lo studioso chiese del cibo e gli portarono varie specialità e, infine, offrirono la loro specialitò cioé dei dolci chiamati “Le Delizie dello Spirito” che la padrona della locanda gli servì di persona. Mentre lo sta servendo, la donna gli chiese: “Reverendo, sembra che viaggiate con un carico pesante. Cosa avete di tanto prezioso nelle bisacce per faticare come una bestia da soma?”
Il monaco fu colpito dalle sue parole e disse con orgoglio: “Sono scritture molto preziose. Sono i miei commenti al Sutra del Diamante!” La donna chiese: “Allora siete uno studioso. Perché mai viaggiate dalle nostre parti?” Deshan rispose: “Sono venuto per convertire i seguaci del chan. Voglio portare i traviati sulla Via. E voi, per caso, sapete se qualche eretico vive in questi luoghi?”
La padrona sorrise e rispose: “Si, ne conosco molti. A circa un miglio da qui sorge il monastero del maestro Longdan che viene onorato come un Buddha vivente. Anche io vado a sentire sempre i suoi insegnamenti.” Poi aggiunse con malizia: “Venerabile, voi sapete che il Sutra del Diamante insegna che lo spirito del passato è inafferrabile. Ma dice pure che sono inafferrabili anche lo spirito del presente e quello del futuro. Ditemi, quale spirito avete deliziato con i miei dolci? Se sapete dirlo non vi farò pagare, se non lo sapete dire andate via subito!”
Deshan restò muto perché non trovò nulla da dire. Non gli restò che pagare, prendere le sue bisacce e uscire dalla locanda. Era stato sconfitto da quella donna impertinente, perciò era indispettito ma rifletteva sul fatto che una semplice donna l’aveva potuto mettere in ridicolo. Se una seguace laica del maestro Longdan era così pericolosa, immaginò che il suo maestro fosse peggiore.
Se il maestro era chiamato Longdan che significa Stagno del Drago, era sicuro che lo stagno nascondeva un drago pericoloso. Mentre camminava verso il monastero in cui viveva l'avversario rifletteva su questo. Si consolava pensando che l’avevano preso a tradimento e impreparato a rispondere a tono. Camminava pensando che il maestro Longdan andava affrontato con decisione e con lucidità. Giunto al monastero riposò un poco, prese fiato e poi bussò.
Al monaco che gli venne ad aprire chiese di parlare con il maestro Longdan. Fu portato nel Salone dello Studio, entrò deciso nella stanza, si guardò intorno e non vide nulla. Il salone era grande e circondato da colonne però sembrava vuoto. Deshan esclamò: “Sono giunto nello stagno, ma del drago non c'è traccia.” Una voce profonda risuonò dal fondo della sala. Longdan era seduto all’ombra di una colonna e gli disse: “Il drago è nello stagno, ma gli occhi non vedono perché non sanno vedere.” A quelle parole lo studioso non potè replicare e uscì sconfitto dal rivale.
Deshan restò rinchiuso per tre giorni nel padiglione degli ospiti che era un edificio isolato dal monastero. Restò a riflettere, pensò alle cose che voleva sapere, rilesse i suoi commenti e poi chiese di avere una nuova udienza con il vecchio maestro. Longdan lo incontrò nei suoi appartamenti privati dove Deshan gli parlò del Sutra che preferiva. Nella conversazione cercò di farlo cadere in errore, ma non riuscì a trovare nessun punto debole nelle sue ragioni. Longdan era preparato e rispondeva ad ogni attacco dottrinario del saggio con facilità.
Dershan tentò ma ogni cosa fu inutile perciò parlarono finché Longdan disse: “Si è fatto tardi, fareste meglio a ritirarvi.” Deshan si rese conto che era sopraggiunta la notte, perciò prese congedo dal suo ospite. Uscì nel buio del giardino, ma la notte era buia e senza luna. Fece per scendere le scale ma inciampò sul gradino, rischiò di cadere e di rompersi la testa. Allora ritornò da Longdan e gli disse: “Maestro, il cielo è senza luna e non vedo nulla. Non trovo la strada senza un lume.”
Longdan prese una candela, l’accese e gliela porse. Nel momento in cui Deshan la prendeva, il maestro Longdan soffiò sulla candela e la spense. La luce interiore si accese nel cuore di Dershan. Lo studioso comprese, si inchinò profondamente davanti al saggio, gli rese onore e gli disse: “Perdonatemi maestro. Non dubiterò mai più del vostro insegnamento!” Il giorno dopo il predicatore venuto dal Nord prese tutti i suoi preziosi scritti, li accatastò nel cortile del monastero e li bruciò.
Buona erranza Sharatan
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