Questa settimana ho conosciuto una giappina che mi pareva avesse 25 anni. Nel treno del ritorno il mio amico americano mi ha detto che in realta’ di anni ne ha 45, e io sono rimasto scioccato. Poi la tipa in questione mi ha chiesto come amico in facebook, e una volta accettatala ho sbirciato un po’ tra le sue foto, e deliberato che no, non dimostra 25 anni (ma neanche 45 – le mie amiche italiane di 35 anni dimostrano la sua stessa eta’, forse qualcosa in piu’. Chi di voi e’ mio amico su facebook puo’ vederla tranquillamente, l’ho aggiunta l’altro giorno).
Questo per dire molto banalmente che tutto e’ relativo, e che se mi pareva 25enne magari era per la luce, o il vestito, o (molto piu’ probabile) le birre.
La settimana scorsa sono arrivato nella mia camera d’albergo dove alloggio tuttora (fino a domenica) e mi pareva microscopica. Non riuscivo neanche ad aprire la valigia sul pavimento, figurarsi. Sono rimasto scioccato nel vedere quanto piccola fosse questa stanzetta. A una settimana di distanza invece mi stupisco nel sentirmi quasi ri-giapponesizzato, nel senso che ora questa camera mi sembra confortevole e spaziosa, al punto che se fosse piu’ grande di cosi’ mi sembrerebbe addirittura “troppo”.
Questo esempio e’ un po’ la descrizione tipica delle diverse sensazioni che provo e ho provato nel passaggio dall’Australia al Giappone, e viceversa. Ogni volta che passo dal Giappone all’Australia la sensazione che mi resta e’ vuoto, silenzio, malinconia, spazi inutili, noia. Sembra di essere in una realta’ parallela meno evoluta, meno ordinata.
Eppero’ poi uno si abitua, e poi capita che ritorna da dove e’ venuto. Ecco allora che (per la prima volta, devo dire) il passaggio Australia-Giappone mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca. La sensazione che mi ha lasciato Tokyo questa volta e’ stata totalmente diversa rispetto agli altri due viaggi che ho fatto qui di recente (ricordiamolo: a Ottobre 2011 e Febbraio 2012). Cercando di non tener conto delle fette di salame d’amore per la Metropoli che ho sugli occhi, la sensazione che mi e’ rimasta e’ stata di piccolo, di grigio, di aria asfittica, rumori di fondo, casino a volte quasi fastidioso.
Che io mi sia ri-australianizzato? Non lo so; so solo che qui e’ tutto fighissimo, ma al contempo non vedo l’ora di tornarmene nel mio appartamentino di Sydney, dove alle 5 del pomeriggio torno a casa dal lavoro e mi piazzo davanti alla TV o al pc con un prosecchino e uno snack, e nessuno mi rompe i coglioni.
(Ma prima, beh, lasciatemi godere l’ultimo weekend incasinato nella Metropoli va’).