Di ritorno dal Giappone mi e’ capitato tra le mani un numero recente di Newsweek, in cui ho trovato un bellissimo articolo di Gary Taubes, intitolato "The new obesity campaigns have it all wrong".
La cosa che mi piace di piu’ di questo articolo e’ il fatto che l’autore parte da un’evidenza che nessuno sembra mai prendere troppo in considerazione. Si chiede, molto semplicemente: come mai fino agli anni ’70 si era tutti magri e ora si e’ tutti grassi? (mentre io mi sono chiesto di recente: com’e’ che l’anno scorso nel passaggio tra il Giappone e l’Australia ho messo su tre chili di pura panzetta?) E poi: come mai negli anni ’30 in America si era grassi anche se era in corso la grande depressione e il cibo, per cosi’ dire, scarseggiava?
Sono domande intriganti: provate a leggere l’articolo. Di certo quello che e’ cambiato tra gli anni ’70 e oggi sono le abitudini alimentari, e’ evidente. Chi vive come me nel grosso grasso mondo anglosassone si sara’ accorto certamente di un denominatore comune non solo delle diete d’oggi ma anche nel modo di presentare il cibo, di pubblicizzarlo, di commercializzarlo. Pure nel packaging della roba, dove ad esempio oggigiorno quasi ovunque compare (fateci caso, solitamente in azzurro pastello e verdino. Colori freddi: non per nulla) la scritta "light".
Ma andiamo con ordine. Prima di tutto, si dice che per dimagrire bisogna far moto; qui Taubes pero’ ci fa notare non solo che il moto brucia calorie in maniera relativamente marginale, ma soprattutto che il moto… beh, aumenta la fame. Quindi non sempre funziona. E qui si ritorna agli anni ’60 e ’70: i vostri genitori da giovani andavano a farsi le corsette con ipod nelle orecchie e scarpetta nike abbinata pantaloncino e canotta? Probabilmente no. Avevano la panzetta? Probabilmente no.
Secondo punto suggerito da Taubes, e anche qui mi trovo d’accordissimo: la mania moderna di fare tutto light, tutto fat free, tutto no sugar. Senza indicare pero’ che quando tolgono il saccarosio ci ficcano dentro il fruttosio, il quale in dosi esagerate fa male al fegato, aumenta il rischio di diabete, ti sputtana il metabolismo. La mania del light come modo di mettersi a posto la coscienza: l’avete mai notato? Qua in Australia addirittura fanno pubblicita’ in TV del salame light. E io mi chiedo: ma se togli il grasso dal salame, che cazzo di salame e’?! Buono per giocarci a baseball, o da mettere sotto le porte d’inverno per bloccare gli spifferi forse.
Terzo discorso, e anche qui a mio avviso c’e’ qualche osservazione arguta dell’autore: le manie salutiste d’oggi statisticamente sembrano non avere effetto, e a volte sono pure deleterie. Diminuire la carne non sempre fa bene: la mancanza di proteine animali ci porta a mangiare di piu’, e quando non mangi carne cosa mangi? Carboidrati, cioe’ zucchero. E ancora: negli anni ’70 in America si consumava il doppio della carne d’oggi, eppure erano tutti magri. Come mai? Sara’ un caso che la maggior parte dei vegetariani che conosco siano sovrappeso? (sara’ un caso che i brasiliani sono magri ma mangiano tantissima carne? Sara’ un caso che i coreani sono magri e mangiano carne tutti i giorni?)
Ma il salutismo malato d’oggi, badate, non vuol dire solo che la gente rinuncia alla carne pensando di dimagrire. Vuol dire fare come fa come molta della gente in sovrappeso che conosco: quando vuole dimagrire la prima cosa che fa e’ cambiare il modo di mangiare, rinunciando al cibo "normale" in favore della roba cosiddetta "light": formaggio light, diet coke, zucchero di canna al posto di quello raffinato, cracker di riso, latte ultrascremato, margarina al posto del burro, eccetera. Risultati? Zero, naturalmente.
Quello che non condivido del tutto del discorso di Taubes sono… beh, le conclusioni cui arriva. Dice che la quantita’ non conta, ma conta il tipo di dieta. Beh, se potessi parlargli di persona gli consiglierei di fare un istruttivo viaggio in Giappone. Da una parte i giapponesi sono la prova vivente delle tesi di Taubes. Infatti: fanno moto i giapponesi? Nah. Mangiano light i giapponesi? mmmh… no. Esiste la roba "light" in bella vista nei supermercati? Anche no. Si fanno mancare nulla i giapponesi? Tsk… no. Mangiano carne? Assolutamente si, tutti i santi giorni. Esistono vegetariani e/o ristoranti vegetariani nella Metropoli tentacolare? Pochissimi, in percentuali irrisorie.
E poi: in Giappone la gente mangia schifezze? Assolutamente si. Beve coca cola light? No: beve quella rossa (o quella alla vaniglia, ma questo e’ un altro discorso). Mangiano verdura i giapponesi? Non quanto gli australiani, a mio avviso (infatti costa carissima). E poi: mangiano da MacDonald’s i giappi? Assolutamente si. E da KFC, e da tutte quelle catene. Mangiano fritto, tantissimo, mangiano riso e carboidrati ad ogni pasto.
E allora: qual e’ la differenza tra i magrissimi giapponesi che non fanno jogging e mangiano di tutto senza badare alle calorie, e i ciccioni anglosassoni che mangiano light, fanno moto, sono salutisti e spesso per disperazione pure vegani? Beh, molto semplicemente: i giapponesi sono probabilmente come gli anglosassoni degli anni ’70: mangiano meno! Gia’: le porzioni in Giappone sono semplicemente piu’ piccole. Questo in sostanza e’ quello che non condivido del discorso di Taubes: quando ordini una coca in Giappone ti arriva una coca da 300ml – non da 600. Quando ordini un piatto di pasta ti arriva una pasta di dimensioni all’italiana, non un pacco da 500gr della barilla a testa. Quando ordini una bistecca non ti danno una fiorentina da chilo, con una spatolata di mashed potatoes on top. Quando vai al thailandese in Giappone ordini un piatto a testa e lo dividi coi tuoi commensali: in Australia basta che ordini un piatto di curry per tavolo, perche’ di solito te ne arriva abbastanza da riempirci una vasca da bagno.
Ma tu guarda, e poi dicono che le dimensioni non contano. Ai bambini americani obesi date da mangiare normale (non light), date loro una dieta varia e variegata, e soprattutto dategli da mangiare di meno: ecco come gli fate calar la ciccia di troppo. Altro che salame light.
- img 518150808 0001
- img 518150845 0001