Magazine Lavoro

Le discussioni riprenderanno...

Da Alessandro @AleTrasforini


La riforma del lavoro presentata, è possibile fare una prima panoramica sulle possibili conseguenze che l'ormai famoso "non si può discutere all'infinito" potrebbe produrre sul tessuto sociale destinato a metabolizzare in toto i provvedimenti assunti dal Governo Monti. Si è scritto e detto che questo Governo, essendo tecnico, avrebbe potuto compiere scelte lungimiranti e di maggior respiro, essendo svincolato da qualsiasi logica afferente alla ricerca ed al mantenimento del consenso politico.  Questo punto di vista giustifica la rottura del tavolo di dialogo istituito con le parti sociali? L'unità sindacale precedentemente ritrovata è davvero un punto di così grande debolezza per il futuro dell'Italia? Il punto che attualmente è maggiormente in discussione risiede, senza mezzi termini, in quella che può essere vista come "manutenzione" del tanto vituperato Articolo 18: serve solamente premere su questo fattore per cambiare il destino socio-economico di un Paese devastato come l'Italia?  Nel dettaglio, stando a quanto sintetizzato in un ottimo articolo de La Repubblica, i punti fondamentali su cui la riforma andrà ad agire sono fondamentalmente i seguenti: 

  • articolo 18: reintegro mantenuto per i soli licenziamenti di natura discriminatoria, con estensione alle imprese sotto la soglia dei 15 dipendenti. Nei casi di allontanamenti disciplinari sarà il giudice a decidere, fra reintegro (nei casi gravi) od indennità per un massimo di 27 mensilità. I licenziamenti di natura economica, se contestati, vedranno un solo indennizzo capace di muoversi fra le 15 e le 27 mensilità, basandosi sull'ultima retribuzione ricevuta;
  • assicurazione sociale per l'impiego: capace di sostituire l'odierno sussidio di disoccupazione, verrà versata per importi lordi massimi di 1119 Euro/mese. Sarà poi ridotta del 15%, ogni 6 mesi. Dovrebbe durare un anno complessivo, al fine di abolire progressivamente la mobilità; 
  • vincoli sui contratti a termine: il contratto a tempo indeterminato dovrebbe essere quello dominante sugli altri "per ragioni di produttività e legame fra lavoratori ed imprese". Saranno previsti ostacoli sui contratti intermittenti ed a progetto, con costi sui contratti che potranno essere scaricati in caso di assunzione definitiva;
  • contratti di apprendistato: sarà usato come porta principale d'ingresso nel mondo del lavoro, guardando a tale punto come fattore di post-formazione e non come altra forma di elogio alla flessibilità;
  • contrasto alle partite IVA;
  • stage gratuiti post-formazione: uno dei più grandi fattori di instabilità ed assurdità del sistema italiano troverà, forse, una migliore regolazione. Non sarà più permesso di svolgere stage gratuiti per i giovani al termine di un qualsiasi ciclo formativo;
  • dimissioni in bianco: stabilire un limite a questo altro punto scandaloso sembra essere un punto di partenza base per ricostruire gli argini di dignità e civiltà in un mondo che, come quello del lavoro, ha pesanti implicazioni sul tessuto sociale del Paese; 
  • varie ed eventuali: previsti interventi specifici per ridurre le tempistiche sui processi afferenti al lavoro, con possibilità di vedere riorganizzate, in accordo con le Regioni, le strutture per l'inserimento nell'impiego.


Di fronte a questi provvedimenti, è obiettivo affermare che qualche punto cruciale è stato affrontato e, forse, preso radicalmente "di petto": i punti potranno cambiare ancora, forse, in sedi di ufficialità e confronto Parlamentare.  Il "non si può discutere all'infinito", però, avrà ovvia e probabile valenza anche per le forze politiche eventualmente interessante a modificare/migliorare profondamente questo pacchetto normativo.  I veti posti sui contratti a termine e sulle forme di lavoro gratuite sono un'essenziale misura di civiltà, in una contemporaneità nella quale sicurezza del lavoro ed esistenza hanno fra loro una profonda assonanza.  Le strutture per l'inserimento nell'impiego devono essere riviste e migliorate, al fine di poter rendere più agevole quell'incrocio fra domanda ed offerta che oggi sembra mancare nella struttura del mercato del lavoro.  Sopra a tutti questi provvedimenti è rimasta, come un devastante monito, la "manutenzione" dell'articolo 18: le ragioni del dissesto socio-economico dell'Italia sono tutte racchiuse in poche righe contenute nello Statuto dei Lavoratori? Basterà diluirne i contenuti per permettere agli italiani interi di risollevarsi, vedendo paccate di investimenti giungere come pioggia nell'attuale deserto-Italia?  Le domande sembrano avere, purtroppo, una serie di risposte tremendamente scontate.  La necessità di avere un mercato del lavoro che sia il meno segmentato possibile è un intento esprimibile in atti pratici solamente attraverso la configurazione prevalente data a questa revisione del tanto vituperato articolo 18?  In cosa consistono le preoccupazioni espresse dalla CGIL? Su questo punto è chiarissimo il vicedirettore de La Repubblica, in un articolo consultabile on-line:  "[...]La preoccupazione della Camusso, ancorché non del tutto condivisa da Bonanni e Angeletti, è tutt'altro che infondata. In questo nuovo schema l'articolo 18, di fatto, non viene "manutenuto", ma manomesso. I diritti si trasformano in moneta. [...]" (Fonte: Il velo strappato, M.Giannini) Vi è forse il rischio di trasformare uno degli ultimi argini di civiltà rimasti, comprimendo ulteriormente quei diritti che le basi della piramide sociale hanno conquistato dopo anni di lotte e battaglie?  Il problema fondamentale è solo fornire paracadute a quanti perderanno un'occupazione o cercare modi per rilanciare economia e crescita, percorrendo anche strade fino ad oggi per nulla battute? La sfida più grande, contrariamente a quanto qualunque Monti di turno sostenga, consiste nel riabilitare un sistema a prescindere da qualsiasi manutenzione fatta su un articolo formato da poche righe e da pochi concetti fondanti.  Riformare il sistema lavoro potrebbe anche significare adoperarsi per pianificare su quali settori del lavoro sia possibile investire o far investire, ponendo le basi per riaccendere occupazione e creare valore.  Su questo fronte, ad oggi, mancano i provvedimenti atti al coniugare il trinomio ormai divenuto celeberrimo: rigore, crescita ed equità. Non potranno essere sempre gli stessi a "far di conto" con le riforme destinate a rivitalizzare il Paese, così come è indispensabile minimizzare i rischi di mancata coesione sociale derivanti dal dialogo costante con Parti sociali ed Associazioni di categoria. Rimangono, da quanto sembra, pochi momenti utili di discussione per l'infinito divieto imposto dal Governo. Su questo fronte, successivamente, si potranno aprire le porte del confronto parlamentare...salvo dover liquidare qualsiasi buona intenzione con l'ennesima fiducia di turno.  In tal caso, emendamenti e buoni propositi avranno asintotica tendenza verso lo zero assoluto. 

LE DISCUSSIONI RIPRENDERANNO IL MENO PRESTO POSSIBILE...PER GOVERNI TECNICI
 
Per saperne di più:  "Il velo strappato", M.Giannini, LaRepubblica  (http://www.repubblica.it/politica/2012/03/21/news/velo_strappato-31926518/)
"Lavoro: ecco le proposte del governo", La Repubblica (http://www.repubblica.it/economia/2012/03/20/news/lavoro_proposte_governo_a_parti_sociali-31909640/)


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