Una delle diatribe più in voga nel
nostro paese in questo momento, in ambiente sanitario e non, è
l'utilizzo terapeutico dei farmaci generici, cioè quei farmaci
realizzati con principi attivi non più coperti da brevetto. La
cessazione del regime di monopolio o della necessità di versare
royalty sulla produzione della molecola alimentano il mercato e la
libera concorrenza, facendo abbassare di conseguenza il prezzo.
Purtroppo l'immissione in commercio di
questi farmaci non è stata accompagnata da un'adeguata campagna
informativa, con spot più vicini ad una promozione 3x2 che non ad
una pubblicità progresso.
Questa disinformazione ha creato, assieme
a pareri discordanti sui farmaci stessi, un'aura di diffidenza. Tutto
ciò si è tradotto in una scarsa penetranza degli stessi sul
mercato, condizione superata in parte dalla crisi (ma questa è una
vittoria di Pirro).
Una delle cause di questa confusione è
senza dubbio dovuta alla loro denominazione, che ha creato notevoli
ambiguità e discordanze in tutte le sedi, compreso il web.
I tre aggettivi più in voga sono:
generico, genericato ed equivalente, usati spesso in maniera
impropria come sinonimi.
Per generico infatti si intende
un farmaco costituito da un principio attivo non più coperto da
brevetto, con la medesima formulazione, mentre gli eccipienti possono
differire, fatto salva la bioequivalenza rispetto al farmaco di
riferimento.
Il genericato è il farmaco
della casa farmaceutica che, alla scadenza del brevetto, fa da
riferimento ai farmaci generici. Viene detto anche farmaco “di
marca” o brand.
Ed infine c'è il farmaco equivalente.
La denominazione equivalente è stata adottata perchè la
denominazione “farmaco generico” veniva vista come accezione
negativa da molti consumatori. Tuttavia la scelta di “equivalente”
è stata altrettanto infelice, perchè molti autori usavano questa
definizione per molecole appartenenti alla stessa classe di farmaci,
con lo stesso indirizzo terapeutico. Quindi si è passati da una
definizione potenzialmente negativa ad una sicuramente ambivalente,
condizione che certamente non ha migliorato la situazione.