Le donne a Livorno hanno voci potenti – Antigone contraria a Livorno – di Simonetta Filippi

Da Met Sambiase @metsambiase

CERCANDO ANNINA

di Simonetta Filippi

(c) Lindsay Seers

Dalla finestra del mio appartamento vedo un antico palazzo ed alla mia stessa altezza (ci separa un canale che a Livorno si usa chiamare fosso) vedo spesso Maria intenta a leggere alla luce che arriva dalla sua finestra. Il Refugio, così si chiama il palazzo, è potente, lei altrettanto. La conobbi una volta che avevo intenzione di scrivere le storie delle donne del Refugio, perché avevano avuto tutti lo sfratto. Io volevo raccontare la gente, le donne che abitano lì, le loro vite, perché qualcuno capisse chi fossero e che non è giusto mandarli via così, da un giorno all’altro. Andai da lei accompagnata dalla sua vicina, Maria anche lei, ma molto più giovane, che ci lasciò sole con il registratore e la mia voglia di ascoltare.
“Io sono qui dal ’45 e avevo vent’anni…” così iniziarono i suoi ricordi e dopo un pomeriggio trascorso insieme concluse dicendomi:
” E questa è la mia vita altro non le saprei narrare sono la sua vicina… come dice Mimì a Rodolfo”
Io e Maria siamo diventate amiche perché amiamo leggere. Maria divora libri e poi mi dice cosa ne pensa, anch’io le parlo, ma soprattutto ascolto, incantata… Maria da tanti anni, racconta alle vicine le storie che legge. Si incontrano a fare merenda: un piatto piano con dentro una raggiera di frù frù (i wafer) e al centro qualche cioccolatino, spuma bionda come bevanda. Arrivano: Tina dal piano di sotto, che vive nel Refugio dal ’38, Maria la giovane, la ex direttrice del sesto piano, la bimba giovane che ha occupato l’appartamento, c’era anche la Pina, “poi la vita l’ha buttata di sotto” racconta Maria, e, come dice lei, altre che “vanno e vengono”. Lei racconta, le altre chiedono, a volte ci sono anch’io che, in quanto maestra, ho il compito di leggere, ad alta voce, dei brani.

Di Effetto Collaterale, Francesca Talozzi è l’anima, il cuore e la mente; Alessia Cespuglio, il corpo e la voce. Si presentano così:
“Siamo un’Associazione Culturale ed una compagnia teatrale che indaga temi civili ed etici, strettamente connessi alla memoria, alla vita sociale, alla responsabilità e all’intreccio dei “poteri forti” con le vite dei singoli. Il nostro gruppo è composto da cittadini, attori e una autrice e regista. Ciò che ci accomuna è il desiderio di coniugare il linguaggio teatrale con l’impegno civile e la partecipazione civica. Il nostro “fare teatro” è costruzione di relazioni tra persone che provano a ”raccontare” la realtà dal proprio, personale, punto di vista. Effetto Collaterale organizza anche eventi culturali e promuove laboratori di teatro, memoria e impegno civile.”
La tragedia del Moby Prince, la violenza contro le donne, ed ora, ancora in fase di realizzazione,
“Chi porterà queste parole?” di Charlotte Delbo, drammaturga francese deportata ad Auschwitz ” sono alcuni dei temi affrontati dall’associazione. Azioni performative invitano la gente a porre attenzione, a pensare, come l’ultima proposta a Fosdinovo, quando un gruppo di donne sono sfilate, in vestiti che ricordano le detenute dei lager nazisti, nelle strade del paese e nella piazza dei festeggiamenti del 25 Aprile, o ancora il 9 Aprile quando una lunga fila di persone, tutte vestite di nero, immobili, in assoluto silenzio, si è schierata con lo striscione del Moby Prince per circa due ore nella Piazza Grande, la più frequentata della città.

E ancora Clara Rota una “artista della carta” come lei stessa si definisce. Clara da anni, lavora nella Cooperativa Blu Cammello con donne in disagio psichiatrico, le quali hanno costituito un gruppo detto “Bassa sartoria” che lavora con i tessuti creando fantasiosi abiti, ma anche oggetti di ogni genere. Innegabile la loro abilità nel cucire, incredibile la creatività nella ideazione e realizzazione dei lavori. Ma la cosa più bella è che le donne non rimangono all’interno del loro laboratorio, ma si presentano alla fine di un percorso, “escono fuori”, all’esterno, si presentano alla gente, ad un pubblico incredulo ed affascinato. Come quando hanno indossato le loro creazioni ed hanno sfilato dietro ad una sassofonista, alla Terrazza Mascagni, meta domenicale di tanti livornesi, oppure quando hanno esposto alla Triennale di Milano la loro batteria da cucina fatta di pentole, tostapane, piatti, tazzine, frullatore… tutti realizzati rigorosamente in stoffa!

E poi gli spazi come il TOR, Teatro Officina Refugio, occupato, autogestito, antifascista e L’ex caserma “Del Fante” in via Adriana, nati “Perché la cultura sia libera, condivisibile e accessibile a tutti, fatta di idee e persone che agiscono e creano lo spazio stesso attraverso la cooperazione e la creatività”, dove si promuovono le più disparate iniziative e dove le donne sono protagoniste non solo nel proporre le attività, ma anche nel gestire gli spazi, le cene di autofinanziamento, sensibili ed instancabili mediatrici. É qui che ho conosciuto la forza e la tristezza di Haidi Giuliani e Silvia Baraldini.

E poi ancora una miriade di Associazioni culturali che promuovono corsi di scrittura creativa, lettura, teatro, pittura… per la stragrande maggioranza frequentate da donne.

Sì, perché le donne si muovono, comunque, e ci provano.

Anch’io sono la presidente dell’Associazione “Chiamiamola Annina”, nata nel 2010 con l’unico scopo di permetterci di avere in gestione per un giorno intero una bellissima chiesa sconsacrata della città nella quale presentare alla gente la giornata finale di “Ma..donna dell’essere e dell’apparire”, un progetto durato nove mesi durante i quali un centinaio di donne di tutte le età, hanno partecipato a vari laboratori. La nostra intenzione era di finire così, in bellezza, ma poi sono arrivate altre proposte le più disparate: un campo di grano negli orti urbani, letture a domicilio, laboratori nelle isole… e siamo ancora qui, a sostenere le idee delle donne, in nome di Annina, la madre del poeta Giorgio Caproni, per la quale scrisse i “Versi livornesi”.

Direi che le donne, a Livorno, si danno parecchio da fare, si organizzano nelle più varie esperienze spesso rivolgendosi a organizzazioni non istituzionalizzate e questo per me è bene perché denota spirito di iniziativa e voglia di fare autonomamente.

L’unica difficoltà che purtroppo ancora esiste è quella di riuscire a coinvolgere donne straniere, anche se presenti ormai da tanti anni nella nostra città in numero elevato.

Ed è proprio la maggiore “mescolanza” di donne che mi auguro, come in questa mia poesia dove cerco la “Annina” di oggi nelle donne livornesi percorrendo il passato, ed alla fine la trovo, in una giovane donna del futuro.

(c) Gianfranco Baruchello

CERCANDO ANNINA

di Simonetta Filippi 

Stanotte sul Voltone
la luna abbaglia e morde,
sotto questo lampione
intono le mie corde…
e mentre lenta gusto
un cono di gelato
mi tornano quei versi
di chi non è mai andato
(Anima mia leggera
va a Livorno, ti prego…)
a ricercar l’Annina,
più giovane e più fina.

E quasi la rivedo
che scende per le scale
e mentre passa avverto
un forte odor di mare…

Ma… difficile pensarla
quest’oggi, la sua Annina,
il tempo scorre e cambia,
più niente è come prima.
Però, forse ci provo…
mi guardo bene intorno
e…magari la ritrovo
per strada, qui a Livorno.

Stamani l’aria è fresca,
pulita e spensierata,
ho aperto la finestra
aria di porto è entrata.
Inforco la mia bici
e vado, senza fretta…
per essere felici
basta una bicicletta.
E arrivo, lentamente,
proprio vicino al mare,
e avverto, dolcemente,
quel vento popolare,
finchè le vedo.

Le donne, a Livorno,
camminano svelte,
si fermano a un tratto,
le braccia conserte,
e scrutano il mare,
là in fondo, più azzurro…
(come anche l’Annina)
un sospiro, un sussurro…
si voltano in fretta
e ripartono ancora,
più stretta la mano,
al bimbo che ignora…

Ma guarda chi arriva,
correndo, là in fondo…
Stefania e la Diva
che sudano un mondo!
-O Diva, son morta!
-Dai, forza, ci siamo!
-S’arriva a quel barre?
-Sì, sì, ci fermiamo.

Ridendo le guardo:
che donne mia Annina!
-Teniamoci in forma-
mi dice la prima,
-Fa’ du’ cappuccini
-Per me un maritozzo
-Ma Simo…vergogna…
-Se parli ti strozzo…-
arranca Stefania
con gli occhi di fuori,
-Bisogna soffrire,
o saranno dolori!-
Poi scherza e si ride
guardando un ometto…
-Ma…mmmi fai un cappuccino…
e pure un cornetto!

Si ride, noi “bimbe”
di età indefinita,
difficile, spesso,
affrontare la vita
e ci si racconta sedute in un bar…
Monica vola,
pancia feconda, occhi lontani che hanno visto Cuba…
Paola parla,
riempe di parole un uomo vuoto, assente e sposato…
Gabri chiede
facciate pulite, non sopporta i panni stesi al sole…
Giovanna ride,
protegge il suo scudo di pancia (dentro marito e figlia)…
e Simo ricerca
conferme, equilibrio e colori…

E tutto ad un tratto
mi vien nostalgia
e vedo mia nonna,
da sola, lassù,
che parla e risponde
alla voce in tivù.
-Nonna, affacciati, so’ io,
son venuta a trovarti,
a farti compagnia!-
-Ma proprio oggi
che me ne vado via?-
-O dove vai?-
-E vado con la Gina,
qui al barre vicino,
mi faccio un tre sette,
mi bevo un poncino.
D’altronde, bellina,
che son diventata?
Il tu’comodino?-

Le donne, a Livorno,
hanno voci potenti,
non lasciano mai
parole fra i denti.

E allora riprendo
a cercare l’Annina,
e vado nei posti
di lei, signorina…

Ma Corso Amedeo
è tutto un negozio,
nessuno, oramai,
sull’uscio, sta in ozio…
ed auto, auto,
fino al suo Sant’Andrea.
Mi fermo e lo guardo,
pungente è l’idea
di lei capinera
che ride e che spera…
E poi in via Palestro,
in mezzo ai motori,
e fuggo lontano da via Solferino,
di nuovo al Voltone
e poi sul Pontino.

Ma…
dei Macchiaioli è l’ora
e magica risplende
Livorno popolare,
mi prende un nodo in gola
mentre continuo a andare
nella vecchia Venezia,
e sento odor di mare…

E qui, sui Fossi, infine,
suonano le risate
di tre ragazze…

Alice, Sara e Nada
profumano la strada
-Ciao, mamma, cosa giri?
-Faccio due passi, e questa,
è la tua nuova amica?-
E’ una personcina schietta
e un poco fiera…
-Ma, dimmi,
da dove arriva?-
-Lei viene dalla Cina-
un poco magra, ma
dolce e viva…
-Però, ha un nome impossibile!-
è giovane e fina…
-Sai cosa? Ho trovato:
chiamiamola Annina.-


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