E’ da tanto che volevo omaggiare uno dei miei registi preferiti con un post su Oltreloscoglio. Vorrei che fosse un ricordo, un’immersione in quei film che per me sono stati i film più significativi e credo lo resteranno per sempre.
La Tetralogia dei sentimenti di Michelangelo Antonioni, incentrata sull’incomunicabilità tra uomo e donna, si compone di: “L’avventura”, “La notte”, “L’eclisse” e “”Deserto rosso”. In questi capolavori le protagoniste sono le donne: capaci di percepire attriti, difficoltà, di essere un filtro. Antonioni stesso ha detto: “c’è nella donna un acume istintivo che l’uomo non sempre ha”. E questa specificità che le contraddistingue viene vista principalmente in rapporto agli uomini. E’ la donna a dimostrare la sua sensibilità e capacità comunicazionale, per natura portata allo sfogo, ad esternare gioie e dolori, al contrario degli uomini passivi, superficiali nei sentimenti e divorati da tensioni latenti. E in questi film Monica Vitti è eccellente nei ruoli che Antonioni le affida. Perché penso che sia qualcosa di profondamente suo a creare l’effetto che lo spettatore coglie, dai suoi sguardi e gesti, dal suo essere.
In “L’avventura” troviamo Claudia, allegra, spensierata contrapposta ad una Anna turbata e annoiata. Claudia è capace di cogliere il bello delle cose ma è anche fragile. Quest’ultimo aspetto emerge solo dopo il tragico evento della scomparsa di Anna e sempre da questo momento, inizia la vera storia narrata nel film, che coinvolge Claudia e Sandro alla scoperta di un legame nuovo. Il tutto sullo sfondo delle isole Eolie, sterili paesaggi che per il regista delineano la crisi dei sentimenti, l’agonia delle tormentate coppie protagoniste del film. E poi, indimenticabile è l’ultima scena sulla terrazza, con Claudia e Sandro in due piani diversi, di spalle, lei in piedi con lo sguardo nel vuoto, lui seduto con la testa china. Un rimando di piani fino al dettaglio della mano di lei sulla testa dell’uomo, come a perdonarlo. Un campo lungo ce li restituisce così vicini ma perduti nei loro pensieri.
In una Milano moderna e astratta, “La notte” ci fa vivere la giornata di una giovane coppia: Giovanni, scrittore affermato e Lidia, moglie annoiata e malinconica. Non hanno più un rapporto sincero e dopo una festa, al termine della nottata, giungono alla consapevolezza della loro crisi. Lidia a differenza degli altri personaggi femminili di Antonioni non manifesta il suo disagio cercando di parlare, discutere ma attraverso gesti, sguardi. Il suo silenzio diventa un monologo interiore come la passeggiata nella periferia milanese, ricerca sensazioni, incontri, qualcosa che la faccia sentire viva. Lidia vorrebbe guardare avanti ma riesce solo a muoversi con titubanza e angoscia. L’incomunicabilità della coppia è evidente nel non guardarsi, nei silenzi e nelle distanze spaziali.
Analistica, riflessiva e istintiva, Vittoria è la protagonista del terzo film della Tetralogia, “L’eclisse”. Ha discusso, riflettuto prima di lasciare Riccardo ma lui non vede il problema, si muove su un binario diverso. Desolazione e sentimenti in una Roma spoglia e poco popolata come quella dell’Eur. Eppure in tante inquadrature compaiono elementi testimoni delle vicende dei personaggi: l’acquedotto, alberi, pali d’acciaio, un camcello, una finestra, una tenda. Confini, oggetti d’appoggio. E poi la superficialità, il cinismo di Piero, altro personaggio maschile sulla strada di Vittoria, caratteri che emergono da tutti i suoi comportamenti, gesti.
In “Deserto rosso” Giuliana è stanca, debole, fragile. Ha paura di tutto ciò che l acirconda, instabile e in bilico tra il mondo reale e il “suo”. Nevrosi, sbalzi d’umore, tentativi di aggrapparsi alla vita e amore per il marito e il figlio. Il senso di vuoto che domina. Un tentativo di suicidio. Anche il suo grido d’aiuto non ottiene risposta. Il marito prova solo pietà, mentre Corrado è incuriosito dalla sua ambiguità e la relazione tra i due finisce bruscamente, senza parole. Alla fine non c’è guarigione, Giuliana acquista consapevolezza di sé e di quello che la vita le regala, accettandolo, nel bene e nel male. Giuliana però, è l’unica che abbia un giusto e naturale sentimento di terrore nei confronti della freddezza esterna così come della distanza dei rapporti umani. Realtà industriale, la fabbrica, paesaggi di periferia ed inquadrature fisse, sono date come risultato dell’annullamento della vita. Gesti impulsivi e “follia” di Giuliana, si contrappongono all’apparente coinvolgimento degli altri negli ambienti e sono quelli che considererei uno strumento di contestazione delle convenzioni assurde e fasulle della vita sociale. Gli altri invece sono cristallizzati nelle loro forme. Infine, ci terrei a ricordare quanto i colori siano i veri protagonisti assoluti di questo film: è l’espressività delle immagini a trasmettere sensazioni, emozioni. Sono stati per Antonioni, un ulteriore elemento di espressione da sperimentare.
Tengo tanto a questi film, l’ho già detto, come al mondo che ne esce fuori attraverso l’uso della macchina da presa di Antonioni, la vera sensibilità credo sia la sua. Quella che poi accompagna lo spettatore ad accostarsi a riflessioni senza timore, riconoscendo ciò che siamo tutti noi. Uomini e donne, oltre le apparenze, le convenzioni e le maschere che decidiamo di indossare o gettare.
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