Le due facce dell’Italia: la festa e il lutto, l’uomo e la bestia, la mignottaggine e la virtù
Creato il 19 novembre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Trattasi di percentuale bulgara. In Italia 556 voti parlamentari a favore non lo hanno mai preso neppure i presidenti della repubblica. Ce l’ha fatta il Professore e, anche se ci si poteva aspettare un esito del genere, l’ampiezza del “consenso” supera di gran lunga ogni più rosea aspettativa. Solo 61 voti contro e tutti rigorosamente firmati: 59 la Lega compatta, 1 Alessandra Mussolini e 1 Mimmuzzo Scilipoti, due personaggi che la storia ridurrà all’oblio delle coscienze in un giro di mazurka. Inizia il cammino di Mario Monti che scopriamo essere dotato di un sano e inaspettato sens of humor molto british e poco mediterraneo: non ha nominato neppure una volta la parola gnocca né invitato le parlamentari al bunga bunga né omaggiato Mohammed Esposito di qualsivoglia palcoscenico istituzionale. Ha semplicemente detto: “Per favore non dite che questo governo durerà fino a quando ‘non si staccherà la spina’, ma piuttosto, ‘fino a quando gli daremo la fiducia’, non siamo un polmone artificiale”. Una frase, un senso, il valore di un personaggio. A noi piacciono le persone un po’ snob, soprattutto se in possesso di un retroterra culturale degno di questo nome, se non inciampano nei congiuntivi, se dimostrano di avere padronanza della storia e senso del contesto. Finora, in questo paese martoriato, abbiamo scambiato per snob Brunetta e Tremonti, Frattini e Bondi, Maroni e Calearo, da Mario Monti si cambia registro e forse, di un termine tanto detestato dalle mezze seghe, e da chi non si può permettere di esserlo pur volendo, se ne darà il giusto significato. E mentre il Professore entra nella scena politica italiana con un plebiscito, Silvio continua a rodersi il fegato ripensando ai bei tempi del suo regno dorato, del potere illimitato che ha avuto per farsi i cazzi suoi, dell’aura di santità della quale si sentiva pervaso e che gli consentiva di trattare alla pari con il Papa e da suddito Gheddafi baciando la mano a entrambi. Silvio è, in questo momento, l’espressione massima del senso di smarrimento. In un amen afferma tutto e il suo contrario e lo fa nel giro di poche ore, non il giorno dopo come è avvenuto fino a quando è stato l’unico inquilino di sesso maschile di Palazzo Chigi. Scrive sul suo profilo facebookiano che parlerà alla Camera e, nel giro di mezzora smentisce se stesso. Dice che il governo Monti durerà fino a quando non deciderà di staccare la spina e afferma di non aver mai pronunciato queste parole non appena le agenzie le battono. Conosciamo ormai Silvio Berlusconi in ogni più piccola piega plastificata della sua persona, ne sappiamo cogliere l’umore alla prima occhiata, sappiamo perfino ciò che gli frulla in testa quando allarga le braccia di fronte a Michelle Obama. Percepiamo perché fa cucù alla Merkel e il motivo per il quale la fa spettare un quarto d’ora mentre è al telefono con Patty, di Silvio sappiamo tutto e proprio perché ormai privo di segreti, dobbiamo fare in modo che resti lontano da tutte le stanze del potere. È terrorizzato da Casini e da Fini, mentre nei confronti di Rutelli continua a provare un sentimento di humana pietas. Sa che i due possono fregargli molti dei parlamentari del suo partito di radici e storia democristiane e le prime avvisaglie le ha già avute. Sa che di Claudio Scajola non può fidarsi e neppure di Beppe Pisanu che non vedono l’ora di ricompattarsi con Casini alla ricerca della Dc perduta. Silvio sa che la Chiesa è alla ricerca di una nuova sponda perché quella che gli ha offerto in diciassette lunghissimi anni di potere pressoché assoluto è ormai usurata, priva di qualsiasi contenuto, un otre vuoto che, fino a quando ha potuto, ha elargito prebende e privilegi come fossero acqua. Bagnasco e Bertone hanno puntato decisamente la loro barra sulla rotta di Casini e di Fini e sarà difficilissimo che la cambi anzi, impossibile. Il Vaticano si è comportato per anni come la Lega, fino a quando ha potuto maramaldeggiare lo ha fatto. Ha perdonato, contestualizzandolo, ogni peccato del Capataz così come la Lega gli ha fatto da supporto nei momenti più critici, arrivando perfino a far finta di credere che Ruby fosse la nipote di Mubarak. E mentre quello di Bossi e di Paniz era un atteggiamento tutto sommato normale, ciò che santa romana Chiesa ha permesso a Silvio è andato ben oltre ogni umana e politica comprensione e ci ha spinto a intravedere (in un post di qualche mese fa), un vero e proprio voto di scambio penalmente perseguibile. L’emblema della disfatta berlusconiana, in attesa di una rivincita che tenterà in ogni modo, resta comunque Mimmuzzo Scilipoti il quale si è permesso, dai banchi di Montecitorio, di dare dei “mercenari” ai finiani proprio come il bue che disse cornuto all’asino che per tutta risposta lo apostrofò con un ‘recchione’ passato alla storia. Indossata la fascia nera del lutto e fatti stampare a proprie spese un migliaio di volantini nero listati, lo statista di Barcellona Pozzo di Gotto (non ce ne vogliano gli abitanti ai quali va tutta la nostra solidarietà), si è presentato in Parlamento come lo strenuo difensore del concetto di democrazia a suo dire ucciso dal governo Monti. Proprio come un pastore sardo al quale è morto il montone, e si ritrova con le pecore disperate, Mimmuzzo sa che la sua carriera politica finisce con il montone Silvio, e che sarà comunque costretto a pagare l’architetto che gli aveva redatto il progetto del suo megaospedale privato, tirando fuori i soldi dal suo portafoglio e non da quello del benefattore. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione chiudendo un contenzioso che si protraeva da anni e che prevede la confisca dei benefit parlamentari visto che gli stipendi sono intoccabili. Scilipoti è disperato. Gli hanno ucciso la democrazia (quello strano concetto che gli ha consentito di fare salti della quaglia a più non posso), fatto chiudere il nascente giornale, non approvato la legge sulla medicina olistica e naturopatica, ridicolizzato di fronte al mondo che lo ha ritratto come l’emblema italiano del trasformismo d’accatto. Forse si starà chiedendo in cosa e dove ha sbagliato ma, data la limitatezza del suo pensiero, ha telefonato ancora una volta alla mamma novantenne per avere una risposta che almeno lo consolasse un po’. “Mammuzza ho sbagliato?”. “Taci testa di minchia”. Clic.
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