Possono sembrare le regole per un prodotto variegato e armonico, in realtà sono le cause che lasciano deragliare "Le Due Vie Del Destino: The Railway Man" in meno di quanto si pensi. E si speri.
Accende i motori come fosse una storia d'amore la pellicola di Jonathan Teplitzky, con Colin Firth e Nicole Kidman che si trovano romanticamente, e come un fulmine, innamorati e sposi improvvisi. Ma quello che sembrerebbe un discreto tentativo di imitare vagamente Richard Curtis si scontra imprudente con l'Oliver Stone più guerresco e brillante, quello che raccontava le crudeltà della guerra e l'impossibilità di scrollarsela di dosso una volta conclusa. Un tema alquanto vecchio e sbiadito, insomma, del quale si è già detto qualsiasi cosa, e che ricalcare può portare solamente allo scontato e alla noia. E per "Le Due Vie Del Destino: The Railway Man" non ci sono sconti a riguardo, il giro lungo che passa per la Seconda Guerra Mondiale compiuto da Teplitzky, per quanto basato su una storia vera - come avverte all'inizio - e dedicato alla finestra inedita, scaturita tra Giapponesi e Inglesi, racconta sempre la stessa solfa, cercando di risvegliare sensazioni che tuttavia non necessitavano di essere rinfrescate affatto.
C'era perciò, nel complesso, un filo di robustezza in "Le Due Vie Del Destino: The Railway Man", qualcosa di piccolo e potente che poteva essere raccontato con voce nuova e occhi diversi (l'uomo non è la sua divisa / le guerre sono del paese, non del popolo). Eppure il modo, facilone e, per certi versi, megalomane assoldato da Teplitzky rende ogni cosa decisamente pesante e di poco interesse, bruciando pertanto tutti i buoni elementi che la base del suo lavoro poteva offrire.
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