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Roberta Paci
Elsa e basta. O meglio: la protagonista del romanzo ha un cognome, Puglielli, ma non è una persona famosa. Non è una grande artista, né è legata a un grande artista. Non è, per la prima volta, un personaggio realmente esistito; ma forse è la più vera di tutte le mie eroine.
Sullo sfondo, però, c'è Anita Garibaldi.
Sullo sfondo, infatti. Anita è una potente figura simbolica che improvvisamente irrompe nella vita di Elsa e la costringe a confrontarsi con la sua tendenza a crogiolarsi nei propri problemi, anziché risolverli.
In una frase, qual è il tema del romanzo?
E' una storia sull'importanza di dialogare con i propri fantasmi del passato, per poter vivere il presente.
Quindi è un romanzo psicologico.
Alla base di tutti i problemi della protagonista c'è un pesante segreto familiare che lei conosce, ma ha rimosso; e a un certo punto della storia, Elsa viene ricoverata in una clinica psichiatrica. Quindi sì, c'è molto scavo psicologico. Ma c'è anche molta azione.
Avresti potuto ambientare la storia al giorno d'oggi, e invece hai scelto l'era fascista. Perché?
Per diverse ragioni. Alcuni anni fa mi fu raccontato un episodio che mi colpì. Come sappiamo, Garibaldi era nato a Nizza e fece seppellire Anita, che morì giovane, nel cimitero di quella città. Nizza però era diventata territorio francese e quando, nel 1931, il governo italiano chiese alla Francia la restituzione della salma, ottenne un "no". Allora Ezio Garibaldi (figlio di Ricciotti Garibaldi, che era figlio di Giuseppe e Anita) andò a rubare la bara della nonna, nottetempo, nel cimitero di Nizza.
Un episodio davvero romanzesco, o una potente scena di apertura di un film. Si tratta, come ho scoperto in seguito, di una diceria non provata, quindi dobbiamo concludere che sia falsa; ma questo non ne intacca i significati simbolici. Lo stesso Inno di Garibaldi inizia con le parole: "Si scopron le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti..."
Il furto della bara di Anita, e quel che in seguito accadde davvero, nel romanzo è raccontato parallelamente alla vicenda personale di Elsa; una storia si rispecchia nell'altra. Inoltre un periodo di dittatura, omologante, mi è sembrato perfetto per ambientare una vicenda nella quale un individuo cerca la propria unicità. E ancora, nel romanzo sono confluite molte mie memorie familiari, che spero trovino risonanza nelle memorie familiari dei lettori.
Ne La sorella di Mozart il tema della musica è fondamentale, e ne La strana giornata di Alexandre Dumas è raccontata la messa in scena di un'opera di Piccinni. Mentre qui, per la prima volta, la musica non c'è. Peccato.
Però c'è il mondo del teatro. Elsa interpreta il ruolo di Anita Garibaldi in una pièce ed è circondata da impresari cialtroni, primi attori severi e giovani interpreti fascinosi. Inoltre nel testo sono citate diverse canzoni del tempo: canzoni graziose, che ognuno di noi ha avuto modo di ascoltare o canticchiare almeno una volta. E poi... nella vita si cambia, si cresce, si va avanti!
Per concludere: in poche parole, perché hai scritto questo romanzo?
Per necessità. Ne avevo un bisogno bruciante. E spero che ne sia venuta fuori un'opera sincera.
COMMENTI (1)
Inviato il 29 aprile a 14:10
Sono il figlio di Ezio Garibaldi. Confermo che la notizia sul trafugamento, è falsa. Le vicende legate ala sepoltura della Bisnonna sono pubbliche, in particolare la traslazione della salma di Anita fino all'inserimento nel monumento a lei dedicato sul colle del Gianicolo a Roma, sono anche nei filmati Luce visitabili in internet. G. Garibaldi