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Le elezioni e il paese

Creato il 20 febbraio 2013 da Pbacco

Le elezioni, intese come tutta la procedura burocratica (campagna elettorale e sistema di voto), non sono un mero esercizio tecnico, ma raccolgono tutta la cultura di un popolo. I diversi modi di proporre una campagna elettorale, i programmi, i differenti giorni del voto e la burocrazia che si cela dietro quel semplice, ma rivoluzionario, gesto raccontano un’intera nazione.

Tra pochi giorni anche in Italia si svolgeranno le elezioni legislative, per eleggere, ma sarebbe meglio dire nominare, i futuri rappresentanti dei cittadini al parlamento. Questa campagna elettorale, durata la bellezza di due mesi, giunge dopo un periodo di abdicazione della politica dal ruolo affidatole. Senza una possibilità di autoriforma, sempre più aggrovigliata in lotte interne, la politica, rappresentata nella sua peggiore faccia in un super partitismo, ha perso di vista il paese, non riuscendo ad effettuare le scelte giuste (ma alcune volte neanche una scelta) per governare la nazione.

Ogni regime, che sia democratico o dittatoriale, ha ed avrà una sua consistenza politica se: nel primo caso avrà la metà più uno di votanti, nel secondo caso una maggioranza accodiscendente o una minoranza potentissima.

Ma guardiamo in faccia la realtà, come disse Giolitti solo un terzo dei rappresentanti è migliore della società, un terzo è uguale ad essa ed un terzo è peggiore dei rappresentati. Alla fine dei conti, chi è giunto alle cariche pubbliche non è stato sbalzato li da una forza esterna, ma da un voto degli italiani. Come già detto, questo non vale per gli ultimi (e i prossimi) eletti nel parlamento, ma se guardiamo ai precedenti e alle elezioni amministrative i risultati non sono migliori. Per via della conformazione sociale, storica ed economica, troviamo un paese invecchiato e sfiduciato, incattivito e smemorato; certo l’Italia non è tutta così, ma alla base c’è questo, altrimenti gli avvenimenti accaduti non sarebbero spiegabili.

Come scrisse Leopardi, se una legge non è supportata da una cultura condivisa, è come se non esistesse, perché sarebbe vista come estranea ed aggirata in tutti i modi. Per tornare all’argomento, bisogna riconoscere che per cambiare i governanti come prima cosa dobbiamo cambiare noi.

pbacco


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