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LE ELEZIONI REGIONALI (COME SCUSA….), di GLG

Creato il 06 giugno 2015 da Conflittiestrategie

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/meglio-andare-afganistan-se-raccogli-appena-voto-italiano-101807.htm

Giusta fotografia di una disfatta che, quanto a numero di voti, riguarda però anche gli oppositori salvo la Lega. Tuttavia, la disfatta è considerata tale, e perfino di proporzioni considerevoli, da coloro che credono veramente al significato delle elezioni. Queste valgono al massimo come test. Non si va a campione come nei sondaggi, si consulta tutto l’“Universo” dei potenziali elettori e si sonda il loro umore. Un umore continuamente oscillante, a volte anche nel giro di poche settimane (comunque a mesi sicuramente), e molto condizionato dal fatto che gli eleggibili (e i governativi del momento) influiscono a loro piacimento sull’opinione di votanti infantili mediante i vari media. Se poi si indovina “il Capo” (oggi significa trovare il più banale, il più fesso e ignorante, che ci sia), si hanno ulteriori influssi modificatori dell’orientamento elettorale.

Le elezioni non dicono nulla circa i veri intendimenti e “sentimenti” (perché tutto c’è salvo il pensato e ragionato). Inoltre coloro che votano non vanno sempre disprezzati, almeno per quanto riguarda una loro buona quota. E’ gente che sgobba, deve vivere la sua vita, avere qualche piacere ogni tanto. Resta pochissimo tempo per seguire veramente che cos’è la politica, quali bugie dicono (necessariamente) gli eleggibili e soprattutto i vertici dei partiti in lizza. Gli elettori solitamente, all’inizio, hanno una certa stima dei visi nuovi che vedono, ovviamente se sono nello schieramento che sentono come loro. E già questo sentire è confuso; ancor oggi si ripete, pur stancamente, che c’è la destra e la sinistra; una balla ormai, senza più alcuna valenza storica. Tutto si gioca sul costume; se si è “moderni” si apprezzano i gay, le “femmine” (anche le più estreme), i diversi, i migranti (in specie africani che vengono ritenuti i più derelitti e miseri). E questa sarebbe la sinistra; il contrario sentono (dire pensano mi sembra troppo) quelli ritenuti di destra.

Poi c’è chi crede che la politica (e i politici, spesso solo dei miserabili mestieranti) debba assumersi gli interessi della società, cioè quelli detti sociali, quelli pensati come generali. Ma non esiste un interesse “sociale in generale”. Se c’è la “democrazia”, ogni partito pensa a questo interesse secondo sue particolarità; nemmeno si deve essere così semplicistici da credere che ogni partito fa (solo) i suoi interessi o di coloro che rappresenta. La questione è più complicata di così, ma comunque il “sociale in generale” non esiste se non in cervelli molto semplici, elementari, quasi infantili. Anche nelle “dittature” (a partito unico, con un solo capo), la lotta per l’interpretazione controversa di questo “sociale” è solo più coperta, per evitare fratture aperte e indebolimento del regime. Tuttavia, ci sono molti gruppi in contrasto; la lotta combattuta ha modalità differenti e tutto si esaurisce in questa differenza rispetto alla “democrazia”.

Per potersi orientare, in realtà, bisogna capire che cos’è la politica. Molti riescono ad afferrare che una certa politica sta combinando guai, li rende malcontenti perché peggiora le loro condizioni di vita; e non solo economiche, ma proprio il vivere sociale. Tuttavia, continuano a credere che c’è stata una degenerazione della politica, perché restano dell’idea (balorda) che, in definitiva, quest’ultima dovrebbe perseguire l’interesse “sociale generale”, della collettività (e talvolta nemmeno solo quella nazionale, ma perfino oltrenazionale, magari “europea”). La politica è invece sempre, per sua “essenza”, obbligatoriamente, una serie di mosse sullo scacchiere (o mondiale o nazionale o ancora più locale) compiute per prendere il sopravvento. E non solo per interessi di bottega, ma perfino se si vogliono in qualche modo realizzare obiettivi di più largo raggio e ambizione. E queste mosse devono restare coperte, nascoste. Si deve predicare un obiettivo e inseguire l’opposto o quanto meno un altro molto diverso. Si deve mentire, raggirare, talvolta assassinare o magari compiere perfino eccidi di massa; si deve costantemente “predicare bene e razzolare male”. Chi non lo fa, temo sia meglio si dedichi ad altre attività; con la politica rischia di fare il male di tutti oltre che di se stesso.

C’è una politica degenerativa? In senso improprio, e propagandistico, sì. Si possono sbagliare una serie di mosse, ci si indebolisce e l’avversario ti salta addosso e svela una serie di tue malefatte, dice all’elettore che sei un ladro, un malversatore, in contatto con la malavita ecc. ecc. E chi ha perso mugugna, talvolta urla, minaccia di fare come Sansone. Non lo farà, perché ne va della sua vita, di quella dei suoi famigliari, amici, di tutti quelli che, perfino se va in galera (o in esilio), gli possono portare un minimo di sollievo. E poi, malgrado le ciance, non gli vengono tolti tutti i soldi (che si pretende siano stati rubati, mentre erano solo accantonati proprio per simili evenienze). Gliene lasciano (non sempre, ma quasi) abbastanza per sopravvivere; l’importante è che non parli più che tanto.

Si può invece mantenersi a galla, qualche volta vincere, qualche altra andare indietro, ecc.; ma diciamo che si tratta di politica marcia e delinquenziale solo quando si inserisce in una filiera di poteri, anche internazionali, in cui certi gruppi politici giocano il ruolo di semicolonizzati, di dipendenti al servizio altrui. E’ quello che è accaduto in pratica sempre (salvo che nell’“infausto ventennio”) nel nostro paese. E anche sul piano interno, ci sono politiche di pura putrefazione, ma perché ciò conviene ai gruppi che hanno la supremazia nel paese; e dunque quando tale supremazia debba contemplare disgregazione sociale, decadimento culturale, demenza intellettuale, ecc. In definitiva, bisogna sapere che cos’è la politica, che non deve affatto realizzare interessi “generalmente (e genericamente) sociali”.

Tornando brevemente a noi, Renzi, tutto sommato, ha perso le elezioni. Dal 41 è passato verso il 25%; un 25 del 52% di votanti (mentre il 41 era sul 64% dei votanti). Insomma, il PD ha sì e no un ottavo dell’intero parco elettorale. Questo non ci dice tuttavia moltissimo; non significa che il premier sia al capolinea. Può durare ancora a lungo; o invece essere cambiato, ma con uno della stessa risma. Non abbiamo il minimo di autonomia nazionale. Le elezioni sono “lo specchietto per ecc. ecc.”. Non sbizzarritevi dunque sulle cifre come i soliti giornalisti superficiali. Sì, ne teniamo conto, ma sapendo che l’Italia è un paese dipendente, nemmeno una subsubsub…..potenza. Il solito “pauvre pays”. Non si pubblichino soltanto specchietti con i voti, non ci si soffermi troppo sul fatto se i grillini si sono ripresi: sì, ma hanno perso voti. Salvini invece no, ne ha guadagnati e ha superato di gran lunga F.I. Ecco forse questo dato merita appena un po’ di considerazione in più. Perché Berlusconi è ormai elemento di confusione; meglio che venga gettato via il più presto possibile. Ma a parte questo caso un po’ particolare, il resto è penoso.

La Lega invia dei suoi personaggi in Russia ed è amichevole verso questo paese? Così come del resto fa, e meglio, il F.N. francese. Così come potrebbe fare in futuro qualche forza politica non marginale in Germania, anche se si notano in tal paese delle difficoltà a mettersi lungo questa via. Tutto sostanzialmente positivo; ma non basta per nulla. Non è che adesso dobbiamo diventare filo-russi. Siamo anti-americani semplicemente perché è nostro interesse un riequilibrio delle varie potenze nel mondo; è bene che avanzi il multipolarismo. E che non si ritorni certo ad una sorta di mondo bipolare, troppo cristallizzato e foriero poi dei successivi scombussolamenti. Non è però che la Russia sia l’alternativa buona rispetto a quella cattiva rappresentata dagli Usa. Ci si sta avviando verso una situazione di più alta conflittualità tra potenze che, fra qualche tempo (ancora lungo a mio avviso), avranno forza relativamente pari, di modo che il conflitto prenderà forme diverse e più acute. Situazione pericolosa, come già sappiamo dalla storia, eppure che per noi rappresenta un vantaggio, consente una maggior capacità manovriera a paesi oggi fin troppo succubi; e riteniamo che queste maggiori possibilità di autonomia avvantaggeranno le società (nazionali) che abitano tali paesi; ovviamente non tutti allo stesso modo, non in modo tranquillo e condiviso, ma attraverso l’acuirsi anche dei conflitti sociali interni.

Ed è proprio qui che “casca l’asino”. Abbiamo una conoscenza pressoché nulla della reale struttura sociale interna dei paesi che indichiamo ancora con il generico termine di capitalistici. Di quale capitalismo stiamo parlando? Di quello su cui concionano, con categorie vecchiotte, i liberali o comunque le teorie sociali indicate come dominanti? Procediamo invece ancora con l’analisi di Marx? Un Marx poi ridotto a pensatore di volta in volta semplice cultore di utopie o che invece assomiglia ad un predicatore “francescano”, altre volte ad una sorta di psicanalista (magari dell’“alienazione”). E non so cos’altro ancora. Vi è inoltre un problema ancora più complesso e decisivo. La sensazione che ho è quella di una formazione sociale, quella statunitense, ancora più flessibile e adattabile ad ambienti (situazioni internazionali) in fase di mutamento (e pure di questo mutamento abbiamo idee molto approssimative). La formazione sociale russa, soprattutto nella strutturazione della sfera politica (nei suoi apparati ecc.), mi sembra ancora non cambiata in modo decisivo rispetto a quella dell’Urss; e che infine la fece perdere e crollare). La dirigenza russa deve stare molto attenta. Troppi adorano oggi questo paese perché si ergerebbe a difensore di certe “tradizioni”. Non è detto che sia la scelta più adatta a resistere all’“amebica” società Usa. Della Cina sappiamo ancora meno. Insomma, stiamo attenti a non fissarci solo sulla potenza bellica. Gli Usa sono ancora molto superiori, ma certo si notano considerevoli progressi di Russia e Cina. E’ però solo questo il lato da considerare nel conflitto policentrico che prima o poi s’aprirà?

So che qualcuno si chiederà che cosa c’entrino le considerazioni sparse, e perfino disordinate, da me esposte in questo articolo con le recenti elezioni regionali (parziali). In realtà c’entrano, dato che negli ultimi vent’anni – ben di più che nella fase precedente – l’Italia è stata paese non autonomo, sottoposto a pressione continua dello “straniero” (statunitense). Le valutazioni strategiche più generali – e che negli Usa sono mutate notevolmente in questa fase storica apertasi dopo la fine della “cristallizzazione” bipolare – sono in realtà decisive per comprendere quanto avvenuto in Italia, mai stata nel quarantennio precedente così tanto subordinata. E siamo ancora allo stato di analisi elementari, estremamente rozze e primitive. Vediamo solo muoversi i “soggetti” Stati; per di più con le fesserie sparse a piene mani da alcuni arretrati pensatori sullo Stato, che hanno sostenuto la fine degli Stati nazionali. No, è ben altro il fenomeno che si è prodotto; e per capirlo bisogna condurre tutt’altre analisi sullo Stato, che comprendano l’articolazione delle diverse formazioni sociali particolari (quelle dei vari paesi) nello stabilirsi di filiere di rapporti di nuova dipendenza.

Siamo sempre attaccati a ciò che ci appare ad un cm. dal naso; più in là non rivolgiamo lo sguardo. E provate ad agire personalmente così. Prendete un oggettino tra il pollice e l’indice, mettetelo quasi sulla punta del naso e concentrate lo sguardo lì per ore, anzi per giorni e mesi. Diverrete strabici, non sarete più in grado di osservare il mondo circostante; tutto confuso, doppio (o peggio). Se vi muoverete per la stanza urterete dappertutto. Se poi uscite di casa, che disastro! E se magari pretendete di andare a fare una gita in alta montagna, siete fritti!

Termino qui lasciando brandelli che svolazzano dappertutto. Se non riusciamo a riportarli a terra e a ricomporre il puzzle, che i predominanti (mondiali) stessi lasciano in grande disordine, non capiremo nemmeno i singoli avvenimenti che riguardano questo paese. Se poi alziamo lo sguardo e cerchiamo di avere un’idea di aree più vaste, tipo Europa, meglio lasciar perdere le scemenze che siamo in grado di “impottare su”. Se ne sentono di ogni genere e di più ancora. Siamo come bambinetti che giocano. E con politicanti – per non parlare di quelli che passano per studiosi: economisti, sociologi, politologi, ecc. – che più scadenti di così non si erano mai visti nei secoli precedenti. Non so a quale epoca dovremmo risalire per trovare sprovveduti come noi. E dico noi non tanto per dire, ma perché ci siamo dentro tutti! Alcuni ne prendono coscienza; la maggioranza si crogiola nella sua nullità con un narcisismo che meriterebbe sculacciate.


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