Quando non ti passa per la testa la voglia di scrivere sembra la fine, in realtà è solo l’inizio… di un lungo resoconto.
Sarò breve. (N.B.)
Lunedì, qualche ora prima della lezione di teatro, il citofono suona due volte. È il postino che – finalmente – mi consegna Il ricercatore di emozioni. Dallo scrittore – che ringrazio – al consumatore che sta già divorando una pagina dietro l’altra.
Leggo la Prefazione (di Paolo Bonolis) e so già di avere tra le mani una rivelazione, un romanzo che renderà gloria all’Italia (voglio dire: ce la fanno libri smielati e assassini e non ce la fa un thriller del genere? Io dico che ce la fa!).
È arrivata l’ora di prepararsi per la lezione di teatro, metto il libro in borsa (è una forma di riconoscimento nei confronti delle cose nuove che mi porto da quando ero piccola, soprattutto verso i libri) e vado.
Vado a rincorrere le mie ambizioni, i miei sogni, che – bene o male che vadano – è quello che voglio fare nella vita (e viva la tenacia!)
Flessibile come una molla mi concentro sugli esercizi fisici. In realtà sono anni che ci lavoro ma mai come quest’anno sono così deciso a prendermi sul serio.
Questi sono i miei piccoli obiettivi quotidiani: un po’ di streaching al mattino e via, si parte. (Sugli obiettivi quotidiani vi consiglio di guardare l’intervento di Matt Cutts!)
La lezione ha preso poi una svolta stanislavskijana non da copione, così con un sorriso di soddisfazione e una nuova consapevolezza sugli abissi di emozioni che gli artisti tengono dentro se stessi, riapro il libro di Marco Cesati Cassin e comincio con il primo capitolo.
P.S. Vi prometto una sorta di recensione non appena avrò finito di leggerlo.
N.B. Mi piace dire che “sarò breve” e poi… non esserlo per niente.