le fantastiche avventure della Fenice: ho la gamba corta, e allora?

Creato il 09 febbraio 2012 da Lafenice
Una delle cose che più mi sconvolsero arrivata a Manhattan fu l'impulso a dir poco irrefrenabile ad usare la mia fragile carta prepagata. Ed ecco che, nella patria del consumismo, anche l'Elena, un pochetto, consumista ci diventò.
è che tutto laggiù è così diverso.
Insomma: non basta un centro commerciale di medie dimensioni con un pò di tutto al suo interno. eh no: un centro commerciale normale negli States è una specie di città, con all'interno una ventina di ristoranti differenti, negozi su negozi, luci accecanti, ascensori talmente trasparenti che pare difficile persino individuare le porte e prezzi assolutamente... irrisori.
Ed i negozi signori.. vere e proprie opere d'arte disposte su almeno tre, quattro o cinque piani!
Insomma: il paese dei balocchi.
Così, un dì, decisi di prendere il treno che da Tarrytown mi avrebbe portato nella city, per concedermi una giornata intera di shopping. Avevo già in testa qualche meta, assolutamente low cost: HM, Aldo (normalmente i prezzi sono molto alti, ma, in ogni Aldo che si rispetti, c'è sempre l'angolo delle occasioni - come un paio di stivaletti senza tacco a 14 dollari + tasse invece di 95 dollari + tasse: sono una donna d'affari, sapevatelo), Aeropostale, Urban Outfitters e, se proprio avessi avuto un briciolo di tempo, Zara.
Arrivando da Grand Central, mi fermai prima da HM, dove comprai qualche gonna ed un vestito , poi da Aldo dove incontrai i miei amati stivali di cui sopra, e poi, dopo essermi concessa un pretzel gigante da uno dei soliti venditori ambulanti, partì alla volta di Times Square.
Avevo bisogno di una capatina da Aeropostale.
Aeropostale è un brand molto in voga negli States, della stessa famiglia di Hollister e Abercrombie per intenderci. La qualità degli indumenti non è paurosamente alta, ma i prezzi quelli si che sono contenuti! Nel giro di poco tempo, quindi, è diventato uno dei miei negozi preferiti.
Dopo all'incirca un'ora dedicata alla perlustrazione del piano terra, prendo le scale mobili per spostarmi al piano superiore, "la terra del jeans": intere pareti ricoperte di jeans di qualsiasi colore, tipo e taglia, ma tutti accomunati da una sola, splendida qualità.
costavano solo 19 dollari.
Ecco che, presa dal fuoco sacro del consumismo, mi avvento sugli espositori: prendo jeans, cerco di capire quale taglia mi serve e provo a dirigermi verso i camerini.
Ma ecco che un ragazzo mi ferma.
- Hai bisogno? - mi chiede.
- Beh, a dire il vero si: non sono sicura che questa sia la mia taglia! -
- Cosa porti? -
All'epoca, ahimè, la risposta era "42".
- gamba corta o lunga? - mi chiede.
Mi fermo a fissarlo per alcuni istanti: ma che diavolo significa gamba corta o gamba lunga?
Questione numero uno: ma non vedi quanto sono bassa?
Questione numero due: ma davvero siete così tanto avanti da produrre jeans in due lunghezze diverse, quelle per donne dalla gamba lunga e quelle per donne che se la possono allungare con i soli tacchi (e per giunta alti almeno dodici centimetri)?
Prima che riuscissi anche solo a pensare di rispondergli qualcosa, abbassa lo sguardo, dai miei occhi lo sposta alle mie gambe.
- potevo anche non chiedertelo, certamente corta! - mi disse con un sorriso beffardo, prendendo un paio di jeans dall'espositore.
Le mie labbra si spalancarono nell'espressione di chi è appena stato umiliato nel profondo.
Ma non mi lasciai scoraggiare: petto in fuori, pancia in dentro, sguardo truce e muscolo teso, gli strappai i jeans "gamba corta" dalle mani.
- Meglio corti che maleducati ed insensibili! - dissi, dirigendomi verso il camerino.
L'astio nei confronti del commesso, svanì non appena uscita da Aeropostale, con i miei jeans skinny gamba corta nella busta ed i precedenti acquisti stretti nelle mie mani.
Ogni tanto, sentirsi un pò Julia Roberts in Preatty Woman, con tutte quelle buste tra le mani, ha la sua funzione terapeutica. e chi se ne frega se ho la gamba corta!

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