Il pianeta “Elena”, è un pianeta che, per sua stessa conformazione, vive e prospera in una galassia remota e misteriosa – a mio avviso estremamente interessante – ma sicuramente non raggiungibile attraverso “consoni mezzi di trasporto”. Dentro questa galassia ci sono tantissimi pianeti davvero molto, ma molto grandi. C'è il pianeta “libri”, uno dei miei preferiti, quello su cui spendo un po' di tempo, alla ricerca di storie avvincenti e di svago subitaneo (la pazienza non è una delle mie virtù più marcate). C'è il pianeta “famiglia”, il sole della mia galassia, quello che scalda e da la vita. C'è poi il pianeta “amici”, pianeta con cui mi sono scontrata un paio di volte ma che riesce sempre a riempire qualche vuoto un po' troppo ingombrante. C'è, poi, il pianeta “lavoro”, quello “blog”, quello “amici a quattro zampe”, quello “musica”.. Insomma, non voglio tediarvi inutilmente continuando con questo stupido elenco di pianeti più o meno esistenti. Parliamo, piuttosto, di quei pianeti che non appaiono sulla mappa della mia personalissima galassia: il pianeta “Sport” e quello “Relazioni sentimentali” (sapete il senso di questa ultima definizione). Quest'oggi vi parlerò del pianeta “Sport”. Dopo aver passato le vacanze di Natale a strafogarmi come se non esistesse un domani, aumentando (orizzontalmente) la superficie del mio corpo, ho deciso di dire basta alla pigrizia e sì ad una sana attività fisica. Non avendo voglia di frequentare quei noiosi e puzzolenti luoghi chiamati dai comuni mortali palestre, ho optato per una soluzione più soft: le camminate all'aria aperta. Armata di cuffie, cellulare e della playlist “cazzuta per momenti cazzuti” (Dio benedica i Rammstein), ho – controvoglia – abbandonato il mio comodo giaciglio per buttarmi in quella giungla rurale che è il mio piccolo paesino di collina. Dato che, dopo aver ascoltato Ich Will, mi sentivo la regina dell'Universo, decido di abbandonare il percorso programmato (4 km), per cimentarmi in uno molto, ma molto più difficile (8 km + svariate simpatiche salite + una piccola deviazione su uno sterrato): al grido di “ce la farò”, batto come una forsennata i piedi per terra, macinando centimetri che diventavano metri e poi km.. Fino al grande, maestoso crack. Al terzo chilometro, il “ce la farò” viene sostituito da un fantastico “ma chi me l'ha fatto fare”: i muscoli delle gambe imploravano pietà, la temperatura del mio corpo era balzata alle stelle e i Rammstein iniziavano a darmi sui nervi. Al quarto chilometro, il “ma chi me l'ha fatto fare” lascia spazio ad un clamoroso “Elena, ma va a …..”, le gambe non implorano più pietà ma si rifiutano semplicemente di obbedire, i polmoni vanno a fuoco ed il fiato.. puff, scomparso. Così, prelevo il cellulare rallentando il passo, compongo il numero di casa Fenice quando Fen (la mia fantastica ragione), un attimo prima di spingere il dannato tasto verde, mi dice – Pigrizia che non sei altro, non puoi chiamare casa come una mammoletta qualsiasi per farti venire a prendere. Prendi il toro per le corna, non fermarti a riprendere fiato perché chi si ferma è perduto, e arriva a casa sulle tue gambe. - Spaventata da Fen, mi rimetto in marcia e ripongo il cellulare. Resisto fino al sesto chilometro e poi, fingendo di non sentire Fen, chiamo casa. Al diavolo il toro e le corna, cocciuta come una bambina piccola decido che avrei smesso di torturare il mio corpo e mi sarei fatta venire a prendere. Ma a casa nessuno risponde. Fantastico. Mi forzo a procedere ancora, bersagliando di chiamate il numero fisso ed il cellulare di mia mamma. Al settimo chilometro, quando ormai ho perso ogni speranza di riuscire ad arrivare a casa viva, il cellulare squilla: è mia mamma.
- cosa succede? - mi chiede
- mi sta per venire un mezzo infarto causa camminata, ecco cosa succede – rispondo io, il tono della voce fuori controllo.
- sei la solita melodrammatica – mi risponde, sospirando
- melodrammatica un corno: ma lo sai quanta strada ho fatto? Ma lo sai che non ho più fiato? Ma lo sai che viviamo in un dannato paesino dimenticato da Dio ma non dalle salite? Ma lo sai che se continuo così...
- ok, torno da sola.. ma sappi che se a causa del fiato mozzo non riuscirò a muovere più un passo sarà colpa tua -
- dai, provaci – disse, con voce esasperata – se proprio vedi che non ce la fai ti verrò a prendere.. -
Buona giornata a tutti amici!