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le fantastiche avventure della Fenice: odiare la Microeconomia

Creato il 03 maggio 2011 da Lafenice
Bene, dirvi che la Fenice, alle 18.00 di Lunedì 2 Maggio, era nervosa, è un eufemismo.
Ed ecco la scena.
Io seduta davanti al mio piccolo e cadente banco alla Facoltà di Scienze Politiche. Il professore (tutor) di Microeconomia è davanti a me.
Ecco, vorrei spendere due parole per quest'uomo, in quanto è la vera ragione che mi spinge ad andare a lezione ogni singolo giorno, invece che starmene a casa, a scrivere, davanti al computer.
Forte accento toscano, che non guasta mai (ho un debole per la parlata toscana, la trovo davvero divertente). Bel fisico, ed anche questo non guasta: soprattutto quando la tua testa ti ha detto di andare ad insegnare economia all'università (invece di fare qualcosa di più interessante). È alto, non troppo magro, con un certo gusto nel vestire, ed anche questo non guasta, soprattutto quando il 99% dei tuoi colleghi ha almeno cent'anni per gamba, con uno stile un pò retrò. È anche molto simpatico, devo ammetterlo.
Insomma: molto del mio tempo è dedicato all'ammirazione silente del bel corpo del tutor, piuttosto che alla repulsione per la materia in sé e per sé.
Ma basta divagare: torniamo a noi.
Sono seduta proprio davanti a lui, cercando disperatamente di concentrarmi sul compito e non sulla sua mascella scolpita.
Abbasso lo sguardo e vedo quella sottile creatura del demonio, un abominio da cancellare dalla faccia della terra.
Il testo del mio esame.
Subito faccio mente locale sul tempo che, durante gli ultimi giorni, ho dedicato alla microeconomia.
Beh, non c'è bisogno di pensare a lungo: è poco.
Sicuramente la lista dei perché richiede un'analisi più approfondita. Numero uno: mercoledì di settimana scorsa ho sostenuto l'esame di dottrine politiche. Sono morta sopra Hegel, Kant e compagnia poco bella. Avevo la necessità, costituzionalmente sancita, di riposare. Almeno un giorno. Anche se avrei dovuto studiare Microeconomia.
Poi ho scritto: tanto, tanto e tanto. Non posso farci nulla, è quello che spero di fare nella mia vita! Non posso evitarlo.
Sorrido orgogliosa del fatto che, il tempo per le uscite con gli amici è stato ridotto al minimo: “non hai ceduto alle tentazioni, Brava!” mi dice Fen, mentre sentivo il rumore di mani scontrarsi l'una contro l'altra in un caloroso applauso.
ora devo trovare un modo per cadere in piedi, mia cara Fen” le dico, mentre una frase del film “Catwoman” mi ritorna alla mente: donne così cadono sempre in piedi, disse una professoressa parlando delle donne gatto, poco prima di cadere dal secondo piano di casa sua sfracellandosi al suolo, morta. Mi piacerebbe essere così, in effetti: non morta ma sicura di me, diciamo.
“c'è solo un modo, valutando il tuo livello di conoscenza attuale, la difficoltà del compito e la tua voglia di sostenerlo”
“dimmi tutto” le dico.
affidati all'elemento culo”.
“come sei scurrile, e di poco aiuto, mia cara”.
Chiudo la comunicazione, ma la sua idea si insidia nella mia mente mettendoci ampie e solide radici.
Aveva ragione. Dovevo sfruttare il fattore fortuna. Era un imperativo categorico, come direbbe Kant, farlo.
E così feci: compito a crocette, il cinquanta percento sparate a caso. Anzi no, non a caso: le scelsi dopo un attento calcolo statistico, implicante la frequenza con cui le opzioni a, b e c erano uscite nelle risposte precedenti.
Per farla breve: non più di tre a o b, o c, potevano stare l'una accanto l'altra.
Non appena finisco il compito, esco per fumare una sigaretta. Ma non ho l'accendino. Cerco come una disperata un fumatore, corro per tre piani di scale, scendo fuori in giardino ma nemmeno l'ombra. Ogni fumatore della facoltà era sparito, diventando un ricordo, o un monito forse.
Così, con la coda tra le gambe, ritorno in classe.
I compiti sono corretti!
Mi precipito a controllare il mio.. ho preso diciotto! Abbraccio le mie compagne e compagni di corso, ringrazio Dio e tutti i santi, mi prometto di comprare un regalo al mio cane ma... c'è sempre un ma.
- bene ragazzi, correggiamo insieme i compiti - dice il professore, guardandoci in un modo che mi ricordò James Dean in Gioventù Bruciata.
ma che sbadato – continua – ragazzi ho sbagliato. Nella domanda due, la risposta non è b, ma c. -
guardo la domanda due.
Io avevo risposto b.
era un errore in più.
Tre punti in meno.
Un diciotto che si decompone sotto i miei occhi diventando un misero quindici.
Lo guardo piena d'odio.
Aveva distrutto ogni mia speranza. Questa mia, breve gioia era svanita, come neve al sole, lasciando un vuoto incolmabile.
Maledetta Microeconomia!!!!
Buona giornata, e buona fortuna a tutti!

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