Un sabato pomeriggio in un caffè vicino al mercato ho capito che Viareggio era una città diversa. Qualcosa ha abiurato, si è sciolto fra gli scogli, ha lasciato un livello di sale che non è più un ricordo. Eppure son certa che in questo stesso posto, sotto le logge, anni fa camminassero lunghe fate nere, originarie della gola del porto. E mamma mi stringeva la mano e diceva "non guardare", fino a far male. E loro camminavano, sempre in coppia e sempre diverse , ridevano tra i banchi delle stoffe e si restituivano sul grembo e sui fianchi calze e pizzi di plastica come per provarli. "non guardare". Ma esse ridevano e restava loro in corpo una bossanova, una malinconia di voci, un'aria di patchouli e fiori pesanti che io non ho mai più sentito da nessuna altra parte. Ho preso un caffè tra i volumi squadrati di questo locale nuovo mentre riflettevo su questo passato. La vetrina, nettissima, tagliava il marciapiede e gli sgabelli si flettevano quasi sulla crosta d'asfalto deformata dalle radici di pino. Ho preso il mio caffè e, senza più poter sopportare, me ne sono andata.