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Le ferite dei personaggi (2)

Da Anima Di Carta

Le ferite dei personaggi (2)

Da sinistra: fisico del dipendente, fisico del fuggitivo

Questa è la seconda parte di un articolo di Chiara Solerio sulla creazione dei personaggi basata sulla teoria delle "ferite dell'anima" di Lise Bourbeau. 
Come anticipato, propongo la seconda parte del mio guest-post dedicato alle ferite dell’anima. Nella puntata precedente, che trovate qui, abbiamo esaminato il rifiuto e l’abbandono. Oggi, ci occuperemo di umiliazione, ingiustizia e tradimento.
Non ripeto la premessa, che potete leggere al link sopraccitato. Tuttavia, prima di entrare nel merito, vorrei fare un paio di precisazioni:
  • Quando descrivo un soggetto, tendo per comodità a fare riferimento alla sua maschera. Termini come “il controllore” e “il rigido” vogliono indicare in modo conciso una persona che soffre della ferita corrispondente. 
  • Purtroppo, per ragioni di spazio, non ho potuto descrivere nel dettaglio ogni maschera. Ho selezionato gli elementi più significativi. Lise Bourbeau evidenzia che difficilmente un soggetto ferito presenta contemporaneamente tutte le caratteristiche della maschera, ma ne metterà in campo alcuni, di più o di meno a seconda della profondità della ferita. 
  • Mi piacerebbe che i miei due post, oltre che fornire eventuali spunti narrativi, potessero accendere una lampadina nella testa dei lettori, per far luce su aspetti sconosciuti di se stessi. Personalmente, ritengo che questo libro mi abbia aiutata molto a comprendere i miei limiti e le mie maschere. Rimango dunque a disposizione di chiunque voglia approfondire l’argomento.

Ferita da umiliazione – Maschera del masochista


Le ferite dei personaggi (2)

Fisico del masochista

La ferita di umiliazione nasce nel momento in cui il bambino, nel pieno del proprio sviluppo fisico, si sente rimproverato o vessato per questioni inerenti la gestione del corpo, dell’igiene o del cibo. Egli si sente sminuito dall’eccesso di controllo del genitore, quando non ritiene di avere la libertà di muoversi o di agire sul piano fisico. Ad esempio, se la mamma lo rimprovera e lo mette in castigo perché è andato a giocare nel fango, può pensare di averlo disgustata ed offesa. Non tollera l’idea che gli altri possano vergognarsi di lui.
La maschera corrispondente alla ferita da umiliazione è quella del masochista: il soggetto prova piacere nel soffrire ed inconsciamente attira a sé situazioni che gli causano imbarazzo e disagio. Il suo sentimento dominante è la vergogna, molto diversa dal senso di colpa in quanto il giudizio negativo non investe le azioni compiute, bensì l’essenza stessa della persona, che si crede sporca, senza cuore o comunque molto meno importante delle altre. Proprio per dar voce al proprio senso di disagio, il masochista tende ad ingrassare molto, o comunque ad avere un corpo del quale sentirsi in imbarazzo, e da usare come alibi per mortificare se stesso.
Il masochista non vuole che gli altri si vergognino di lui, pertanto fa il possibile per renderli soddisfatti, si assume molte responsabilità, tende ad essere efficiente e meticoloso. A causa di questo atteggiamento, molti se ne approfitteranno e questo lo umilierà ancora di più.
Ha grossa difficoltà ad esprimere le proprie necessità ed i propri sentimenti, perché fin da bambino aveva paura di far vergognare qualcuno. Magari i genitori gli dicevano spesso che quanto accadeva in famiglia non riguardava gli estranei, abituandolo a tenere tutto per sé. Non si poteva parlare, ad esempio, dello zio in prigione, del fratello tossicodipendente, di tutte quelle situazioni che potevano generare imbarazzo. Questo silenzio imposto, tende a diventare un’abitudine.
Il masochista è ipersensibile e basta pochissimo per ferirlo. Di conseguenza, fa il possibile per non ferire gli altri. Se qualcuno si sente infelice, crede di esserne responsabile. Tende a sminuirsi e ad avere una forte autoironia: ride di se stesso, per far ridere gli altri. Quando parla, utilizza di frequente il suffisso –ino: esempio “hai un minutino per me?” oppure “me ne fai assaggiare un pezzettino?”. Scrive piccolo, fa piccoli passi, gli piacciono le macchine piccole, le case piccole, i piccoli oggetti e così via, proprio perché si sente piccolo nei confronti degli altri.
La paura più grande del masochista è la libertà: decide spontaneamente di dedicarsi al prossimo perché non vuole avere l’impressione di essere inutile.

Ferita da tradimento – maschera del controllore


Le ferite dei personaggi (2)

Fisico del controllore

La ferita di tradimento si attiva quando il bambino sente un affetto molto forte, talvolta eccessivo, nei confronti del genitore di sesso opposto - il classico complesso di Edipo - dunque farà di tutto per piacergli e per ottenere la sua approvazione, facendo anche ricorso a moine e mezzi seduttivi. Ha bisogno di sentirsi speciale ed apprezzato, di essere al primo posto nella sua vita. Pertanto, nel momento in cui il genitore rivolge la propria attenzione altrove, ad esempio al lavoro o al fratellino appena nato, si convince che la fiducia e l’affetto siano stati malriposti, che una promessa è stata infranta.
Il controllore ha un corpo possente, che esibisce forza e che sembra voler dire “io sono responsabile, potete fidarvi di me”. In un uomo, le spalle sono tendenzialmente più larghe delle anche, il fisico tenderà ad essere molto più sviluppato nella parte superiore del corpo. Gli uomini “con la pancia” sono spesso controllori. Per la donna, avviene il contrario: la vita e la spalle sono tendenzialmente sottili, ma i fianchi e il sedere ampi e prominenti. Tendenzialmente, non si può considerare grasso, ma è piuttosto robusto. Quando si crea un problema di sovrappeso, è legato ad un inconscio tentativo di prendere più posto. Lo sguardo è intenso, seducente, finalizzato a lusingare la persona e a farla sentire speciale.
Dal momento che non riesce a sopportare nessuna forma di tradimento, che provenga da sé stesso o dagli altri, il controllore farà di tutto per mostrarsi responsabile ed affidabile. Una sua grande paura è quella dell’impegno, che deriva da una fobia ancora peggiore: quella del disimpegno. Crede che non mantenere la parola, e quindi disimpegnarsi, sia sinonimo di tradimento. Pertanto, preferisce non impegnarsi affatto. Ad esempio, se non è sicuro di poter andare ad un appuntamento, rifiuta l’invito per non rischiare di dover bidonare all’ultimo momento. A livello sentimentale, teme la separazione in quanto testimonia la sua perdita di controllo sulla relazione.
Nutre moltissime aspettative nei confronti degli altri e tende a verificare se fanno ciò che devono, per comprendere se può fidarsi di loro. Sostiene ciò che crede con veemenza, è categorico nel formarsi un’opinione e si aspetta che gli altri aderiscano alle sue convinzioni. Se così non è, cerca in tutti i modi di convincerli. La frase che usa di più è “Hai capito?” perché presuppone che in questo caso l’altro sarà automaticamente d’accordo con lui.
Il controllore non sopporta che gli altri lo rallentino o che arrivino in ritardo perché ha l’impressione che i suoi piani siano scombinati. Odia quando qualcuno impiega troppo tempo a raccontare qualcosa e tende ad interrompere spesso chi parla. Ma, se qualcuno fa altrettanto, insorge. Gli piace avere l’ultima parola ed ha sempre qualcosa da aggiungere, a qualsiasi proposito. In particolare, il suo ego prende il sopravvento quando qualcuno lo rimprovera, in quanto non gli va di essere sorvegliato, soprattutto da un altro controllore. Ha molte difficoltà con le persone autoritarie poiché crede che esse vogliano controllarlo. Fin da piccolo, ripete spesso “sono capace, lasciami fare da solo!”. Vuol fare le cose a modo suo, ma gli piace che gli altri lo riconoscano e si complimentino con lui.
Sembra avere orecchie ed occhi in ogni parte del corpo. Non vuole farsi sfuggire nulla, per non essere colto di sorpresa. Tiene d’occhio gli altri per il timore che facciano qualcosa di inaspettato, ma maschera il proprio tentativo di controllo con la parola “aiuto”. Il suo profondo difetto è di non riuscire a godere del momento presente, perché tende a voler prevedere tutto quello che accadrà. Se è al lavoro pianifica le vacanze, se è in vacanza organizza il rientro, oppure si preoccupa per quello che i colleghi potranno combinare in sua assenza. tutto ciò che non può prevedere lo terrorizza.

Ferita da ingiustizia – Maschera del rigido


Le ferite dei personaggi (2)

Fisico del rigido

Se “giustizia” significa apprezzamento, riconoscimento, rispetto dei diritti e del merito di ognuno, una persona che vive questa ferita non si sente riconosciuta nel proprio valore e crede di avere meno rispetto a quanto gli spetterebbe di diritto. Ho notato che molte persone cresciute in contesti socio-economici degradati ne soffrono, così come persone cresciute in competizione con un fratello o un amico considerato più bello, più bravo ecc. Un altro lato della ferita, tuttavia, si manifesta anche quando la persona crede di avere di più, di avere troppo, e di non esserselo guadagnato.
La ferita di ingiustizia si risveglia nella fase di sviluppo dell’individualità del bambino, nel momento in cui quest’ultimo sente di essere una persona a sé stante, dotata di proprie peculiarità che non trovano, tuttavia, la giusta espressione perché i genitori o il contesto socio-culturale tendono a reprimere tali tendenze. Dal momento che l’aspirazione alla libertà è frustrata, egli rinuncia a mostrare la sua vera natura e decide di tagliare i ponti con le proprie emozioni. Accetta passivamente la realtà delle cose o, addirittura, difendendola a spada tratta, perché se tutti la considerano giusta ed ineluttabile significa che è così. Si crea dunque la maschera del rigido.
Il corpo è dritto, ben proporzionato anche se sovrappeso o sottopeso, con le spalle larghe quanto le anche e la vita molto sottile. La vita corrisponde alla regione del plesso solare, la sede delle emozioni. È per questo motivo che i rigidi cercano di indossare abiti stretti in quel punto o cinture fascianti: credono di riuscire a soffocare ciò che provano. Hanno la pelle chiara e lo sguardo luminoso, la mascella piuttosto serrata e il collo immobile, fiero.
Spesso questo soggetto è condizionato dalle religione, in quanto le idee di bene e male, giusto e sbagliato, sono molto radicate in lui e scandiscono la sua vita, rendendolo sostanzialmente conformista. Anche molti vegetariani e vegani indossano tale maschera, così come la maggior parte di coloro che tendono ad attaccare chi vive serenamente scelte esistenziali che si distaccano dal senso comune. Un’adolescente rigida ed impacciata, ad esempio, tenderà a criticare molto le coetanee che si mostrano molto disinibite pur desiderando avere la medesima scioltezza. Un uomo che reprime le proprie fantasie erotiche (anche se sane) potrebbe scaricare tale frustrazione nell’omofobia. Ne approfitto per sottolineare che il rigido è il soggetto che ha maggiormente difficoltà a lasciarsi andare, sentimentalmente e sessualmente, nonostante sia, fra le cinque tipologie, quella tendenzialmente più sexi.
Come il controllore tiene d’occhio gli altri in modo maniacale, così il rigido fa altrettanto con sé stesso. Siccome è sempre alla ricerca della giustizia, vuole accertarsi di meritare effettivamente quanto riceve. Se ottiene qualcosa che non sente di essersi guadagnato finirà per perderlo. Odia, in generale, l’idea di sbagliarsi e quindi di essere ingiusto: è un eterno indeciso e anche dopo avere fatto una scelta continua a rimuginare e a domandarsi se sia stata la migliore. Quando parla, comincia spesso le frasi con “bene”, “ebbene” o la contrazione “beh”, per accertarsi che ciò che sta per dire sia valido. Termina le frasi con “d’accordo?”, “okay?” per verificare la correttezza delle proprie parole.
Dal momento che tende a tagliare i ponti con le proprie emozioni, il rigido ha difficoltà non solo a rispettare i propri limiti, ma addirittura a conoscerli. Siccome non si concede il tempo di sentire se ciò che fa risponde ad una necessità, spesso esagera e si ferma soltanto quando crolla. Se sta poco bene di salute, sottovaluta il problema e controlla il proprio corpo per far sì che il dolore svanisca il prima possibile. Di solito non chiama il medico e si cura da solo: odia ammettere di aver bisogno d’aiuto.
La sua paura più grande è la freddezza. Anche se sceglie volontariamente l’insensibilità, ha difficoltà ad accettarla e fa del proprio meglio per mostrarsi caloroso. Non si accorge di sembrare insensibile e freddo e, se così fosse, cercherebbe di negarlo: ammettere sta evitando di entrare in contatto con la propria sensibilità per non mostrare la propria vulnerabilità lo farebbe sentire senza cuore e quindi ingiusto.

Per concludere…


Ora che abbiamo visto tutte e cinque le ferite, spero che i miei due articoli possano aiutarvi ad arricchire i vostri personaggi, così come è successo a me. Le maschere dei miei protagonisti non sono strutturate in modo meccanico, ma ogni tanto la ferita di base fa incursione e mi toglie d’impiccio nei momenti di black out. Allo stesso modo, conoscere la mia maschera mi aiuta a comprendere meglio la mia scrittura e quegli elementi narrativi che, a volte, inserisco nella trama quasi inconsciamente.
Ora ditemi... rivedete, nei vostri “figli cartacei” qualcuna di queste tipologie? E voi, quale maschera indossate?
La mia ferita? Non ve la dico, perché poi ho paura che non mi vogliate più bene e smettiate di leggermi. Non voglio ritrovarmi sola, nei meandri della rete! Se siete stati attenti, con questa frase la indovinate. ;)
Chiara Solerio
L'AUTORE DI QUESTO GUEST POSTMi chiamo Chiara Solerio e scrivo da sempre. Ho lavorato come giornalista e come copywriter. Da poco, dopo anni di silenzio, mi sono riavvicinata alla narrativa. Ho in cantiere la partecipazione ad alcuni concorsi e sto scrivendo il mio primo romanzo. Sono appassionata di psicologia e cerco di metterla al servizio delle mie opere.
Il mio blog: http://appuntiamargine.blogspot.it
Profilo Google Plus: Chiara Solerio
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