Le fiabe di Abattoir – C’era una volta Grillo
martedì 12 febbraio 2013 di Valentina D'Aleo
A mille ce n’è
nel mio cuore di fiabe da narrar.
Venite con me
nel mio mondo fatato per sognar…
Non serve l’ombrello,
il cappottino rosso o la cartella bella
per venire con me…
Basta un po’ di fantasia e di bontà1
Ognuno di voi conoscerà sicuramente la storia di Biancaneve e i sette nani. Tutti quanti ricorderanno i sette piccoli, barbuti, sudici minatori: Sminchialo, Diccelo, Acciuncalo, Inculalo, Totò, Ragade e Maman Louise (che aveva deciso di cambiare sesso quando Biancaneve andò via col Principe Azzurro).
L’ottavo nano aveva deciso di diventare cantante/barzellettiere/imprenditore/politico. Ma di lui già troppo si è scritto. Pochi di voi sanno però che c’era anche un nono nano. Era sempre stato la pecora nera della casetta nel bosco. Possedeva un ego smisurato, tanto da far impallidire quello dell’ottavo nano. Si distingueva dagli altri perché aveva dodici coppie di corde vocali e un torace col Dolby Surround incorporato.
Quando nacque, l’ostetrica, che era una cerbiatta bipede diplomata in infermieristica all’Università di Genova, gli diede la consueta pacca sulle spallucce e un’onda sonora di dimensioni apocalittiche si abbatté sulla foresta. Il neonato cadde dalle braccia dell’ostetrica e rimbalzò più volte sul sottobosco. Così decisero di chiamarlo Grillo. E siccome suo padre era un falegname, aggiunsero il nome Giuseppe. Beppe per gli amici.
Nessuno in casa lo tollerava poiché urlava e urlava da mane a sera. La madre cercava di spiegare agli altri figli che si trattava di un difetto genetico. Allora i bravi nanetti pieni d’amore la creparono di mazzate nel sonno. Qualora ve lo stiate chiedendo, fu da allora che iniziò l’escalation di zozzeria e trascuratezza di quegli orribili nanetti.
Beppe divenne presto un piccolo dittatore: se Sminchialo apriva un pacco di Macine, lui saliva sul tavolo e iniziava un discorso sul complotto della Mulino Bianco per ucciderci tutti a colazione. Obbligava i fratelli a girare con veicoli alimentati a merda secca che facevano mezzo metro con uno stronzo, mentre lui aveva un SUV di ultima generazione.
Anche se si fa fatica a crederlo, si improvvisò anche comico e partecipò a moltissime trasmissioni. Il suo modo aggressivo, borioso, saccente di urlare le sue verità divertiva tanta gente, che accorreva da ogni angolo del Regno per vederlo. Strano? Direi di no, in un Paese in cui la verità appartiene solo a chi urla più forte. Nei momenti di maggiore ispirazione, potevate vedere tutte le vene del collo e della testa pulsare così forte che sembravano scoppiare, il sudore e la saliva spruzzati a fiotti sul pubblico. Così tutti pensavano: “Se questo è così incazzato sarà un brav’uomo che sente profondamente l’ingiustizia compiuta contro gli altri”. I più saggi però dicevano sommessamente: “Ma quant’è che non copula codesto povero Cristo?”.
Un bel giorno la fortuna bussò alla sua porta. Era un uomo siciliano, distinto e molto alto. Il suo nome era Pippo Baudo. “L’ho inventato ioooo!”, soleva dire. Ed ecco che davanti a lui si aprirono le porte del successo. Con somma gioia della DC, le sue filippiche televisive a squarciagola infiammarono gli animi. Finché non fu cacciato da ogni emittente.
Diventò ricco, dannatamente ricco. A vederlo però sembrava scappato da un centro di smistamento per attori polacchi di serie B. Comprò addirittura una casa a Lugano, ma l’uomo, si sa, è sempre malpensante e dunque Grillo fu costretto a giustificare l’acquisto dicendo: «Sì, ho comprato un appartamento a Lugano perché se mi oscurano il blog sono pronto a ripartire il giorno stesso con Beppegrillo.ch o Beppegrillo.eu». «Da quando per aprire un blog su un server all’estero bisogna spostarsi lì e comprare un appartamento vista lago?», gli chiesero. E lui assicurò ancora che non si trattava di una fuga dalle tasse, non era una scusa. E poi c’era la marmotta che confezionava la cioccolata. Si pensò addirittura di insignirlo del Nobel per le Stronzate.
Il nostro eroe dalle arge stagnate2 era un fiume in piena. Non c’era cosa che non criticasse, era come se cercasse solo vendetta personale per il fatto che lo avevano cacciato dalla tv o perché, tutto sommato, il pubblico non se lo filava più di tanto. Terrorizzato dalla possibilità di essere sottovalutato, decise di compiere a nuoto la traversata dello Stretto di Messina. Tutto ciò mi ricorda qualcosa, o meglio, qualcuno…
Si narrava che (tanto era pieno di rancore, livore… e forse anche liquore) non aiutava le vecchiette ad attraversare sulle strisce ma le lanciava proprio dall’altra parte della strada.
Attaccò anche i sindacati, considerati collusi con il potere, eccetto quelli con cui aveva collaborato. Propose allora l’istituzione di un sindacato unico obbligatorio supportato dalle leggi fascistiss…ah no, quella è un’altra storia. Forse.
Era fuor di dubbio che Beppe condividesse con il fratellastro Silvio il culto della personalità. La metodologia usata era differente, certo, ma il fine era identico: essere considerati salvatori del popolo oppresso, facendo confluire nelle proprie mani un potere assoluto, con tanto di diritto di vita e di “morte” sui propri sottoposti.
Nonostante ciò, molti erano i seguaci che penzolavano dalle sue labbra sputacchiose e così, urlando come un ossesso, si incamminò verso le elezioni.
E vissero tutti felici e contenti… Andreotti compreso.
La favola dimostra che per lunga tradizione il popolo ama gli arringatori di folle, le personalità carismatiche che si propongono come personificazione del cambiamento, come uomini nuovi dotati di grande moralità. Grillo lo sapeva, conosceva i suoi polli.
Lo stesso popolo di zeri pronto ad accodarsi all’uno di turno per diventare cento, mille, un miliardo avrebbe dovuto imparare che chi ha torto grida sempre più forte e che sono proprio i dittatori che propongono soluzioni esaltanti e semplici per risolvere i mali del mondo.
1 Sigla delle Fiabe sonore, Fabbri Editori.
2Trad. dal siciliano, letteralmente “gola foderata di stagno”.