Alcune settimane fa un lettore, commentando altrove la nostra intervista ad Angela Padrone, notava come negli ultimi tempi si sia parlato spesso di giovani e poco di 45enni, magari non particolarmente qualificati, che perdendo il lavoro hanno la necessità di specializzarsi, ma il più delle volte a spese proprie e privi di ammortizzatori sociali. Con il rischio, tuttavia, di restare esclusi dal mercato del lavoro. Ci siamo così incaricati di affrontare questo ulteriore aspetto e poiché ogni promessa è debito abbiamo rivolto la domanda a Vincenzo Ferrante, professore di Diritto del lavoro nella facoltà piacentina di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Le fragilità del nostro mercato del lavoro – risponde a T-Mag – sono tante, ad alcune si pone rimedio o si tenta come nel caso dei lavoratori ultra-50enni che hanno diritto ad una indennità di disoccupazione più lunga, ad altre meno. Sarebbe bello se i servizi di ‘collocamento’ funzionassero meglio e se si riuscisse a fare politiche di welfare più mirate ai bisogni. Ma per fare questo bisogna assumere molti ispettori e contrastare l’evasione. Siamo sicuri che il Paese sia pronto ad una riforma siffatta?”. Le intenzioni del governo, leggendo le linee guida apparse in queste ore sui giornali, è quella di diminuire la precarietà, soprattutto tra i giovani. Troppi i contratti, diverse tipologie verranno perciò abolite e quelli a termine costeranno di più al fine di scoraggiarli e di incentivare l’apprendistato che dovrebbe garantire maggiori tutele. L’idea, infine, è quella di riuscire a ridurre il livello di disoccupazione al 4-5% strutturale. “In questo momento – osserva però il professore – il lavoro a termine è vietato, salvo che nei casi in cui vi sia una ragione espressa per non assumere a tempo indeterminato, ad esempio per sostituzione di lavoratore assente o attività stagionale. Non comprendo perché il lavoro a termine debba costare di più quando esso risponde a precise esigenze delle imprese. Se si finirà per chiedere un incremento di retribuzione, bisognerà, a mio parere, liberalizzare del tutto l’accesso al lavoro straordinario. E, dunque, non vedo come si possa dire che questa è una misura anti-precarietà, anche se sostenuta dal sindacato. Al contrario – aggiunge Ferrante – se rimangono insieme la ‘causale’ per l’assunzione e si incrementa il costo, il rischio è che alla fine diminuirà anche il lavoro a termine e quindi diminuirà la precarietà, ma si incrementerà la disoccupazione. Per il resto, a partire dal 26 aprile non sarà più possibile assumere con il contratto di apprendistato, perché la vecchia disciplina è stata abrogata e non si è ancora emanato il decreto che contiene la nuova. Sarebbe bene che il governo si impegnasse al più presto per definire la nuova disciplina”.
(continua su T-Mag)
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