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Le grandi epidemie a Livorno

Creato il 09 gennaio 2013 da Patrizia Poli @tartina

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di Patrizia Poli

I recenti casi di meningite su una nave da crociera confermano che a Livorno il contagio è sempre arrivato dal mare. I lazzaretti erano luoghi deputati all’isolamento e cura dei malati ma anche alla quarantena delle merci. Nel corso dei secoli, l’Italia e l’Europa hanno conosciuto ricorrenti epidemie, favorite dalle carestie e dalla malnutrizione, e Livorno è stata spesso la porta d’ingresso dell’infezione.

La peste nera, che falcidiò l’Europa nel 1348, quella stessa che fa da cornice ai racconti del Decameron, è frutto di un’antica guerra batteriologica. In oriente, infatti, i popoli dell’Orda d’Oro, il regno turco - mongolo fiorito in Russia nei secoli XIII - XVI, catapultarono mucche infette sui genovesi contro i quali erano in guerra. Tornati a casa, i genovesi diffusero la malattia. Livorno, insieme a Marsiglia, fu uno dei maggiori centri di diffusione.

L’altra grande epidemia di peste, di cui racconta il Manzoni ne I Promessi Sposi, infuriò in Europa attorno al 1630. Felice Casati, che organizzò il lazzaretto di Milano - ed è immortalato fra i personaggi del romanzo - morì proprio a Livorno. I padri barnabiti parteciparono all’opera di soccorso.

Fatale per la nostra città fu anche la febbre gialla del 1804. Nel porto attraccò il bastimento Anna Maria, partito da Veracruz e transitato da Cadice. La Spagna era considerata zona sicura e non furono prese precauzioni, ma l’intero equipaggio, affetto da febbre gialla (detta anche vomito nero) presto diffuse il morbo fra tutta la popolazione. La malattia fu passata sotto silenzio, per timore di dispiacere alle autorità e di danneggiare l’economia portuale, e così si estese sempre più. Venne chiamato, allora, il famoso epidemiologo Gaetano Polloni che riuscì a debellarla, dopo essersi ammalato egli stesso. Fu nominato perciò medico di Sanità del porto. Ordinò i suffumigi di cloro nei bastimenti e riorganizzò il sistema dei lazzaretti, introducendo misure sanitarie che protessero la città dal tifo e da ulteriori focolai di peste.


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