Uno dei tantissimi capitoli di storia che nessuno, se non gli studiosi, cita mai, riguarda due sanguinosi conflitti tra “bianchi”, che si combatterono a fine ottocento nel lontano Sudafrica. Al potente impero Britannico facevano gola i territori occupati dai coloni olandesi, i boeri, organizzati in due repubbliche: lo Stato libero dell'Orange e la Repubblica del Transvaal. Le continue frizioni tra inglesi e boeri portarono ai due conflitti su media scala, da cui però sono derivati dei cambiamenti geopolitici epocali.
Innanzitutto ne fecero le spese gli Zulu, il cui impero venne spazzato via. In secondo luogo le guerre anglo-boere ridisegnarono il futuro del Sudafrica, una terra insanguinata e ricca, che si è contraddistinta per una storia politica violenta e contradditoria fino agli anni dell'Apartheid.
Prima guerra boera
La prima guerra boera scoppiò nel 1877, quando gli inglesi decisero di annettersi il Transvaal e le sue ricche miniere di diamanti. Con provvedimento chiamato Peace Preservation Act il Governo di Sua Maestà si portò a casa il piatto forte delle ricchezze naturali sudafricane, scatenando però l'orgoglio degli afrikaners, che riunirono un gran numero di movimenti indipendentisti sotto un unica bandiera nazionale, quella del Genootskaap van Regte Afrikaners (Asssociazione dei Veri Afrikaners).
Il primo a reagire alle nuove imposizioni (in particolare al disarmo imposto dal Peace Preservation Act) fu il Re Zulu Cetshwayo. La situazione degenerò rapidamente e si trasformò ben presto in una sanguinosa guerra in cui la netta superiorità tecnica e logistica delle truppe britanniche vanificò la superiorità numerica dei nativi e si tradusse in un massacro di Zulu. Come conseguenza di questa serie di scontri l'Impero Zulu cessò di esistere diventando colonia britannica.
In risposta a questa azione di forza si originò la Afrikaner Bond, un vero e proprio movimento politico che promuoveva l'indipendenza e l'autogoverno dei Boeri.
La guerra civile scoppiò nel 1880, quando i Boeri attaccarono i più potenti e ben armati inglesi, impegnandoli in una serie di scontri ferocissimi, che culminarono con la proclamazione del Transvaal indipendente. Evidentemente i britannici avevano sottovalutato i nemici, che conoscevano meglio il territorio e avevano più motivazioni per combattere come leoni.
Piccoli drappelli di Boeri riuscirono ad avere la meglio sulle formazioni inglesi, sia in fase di “liberazione” del Transvaal, che durante la guerra contro la spedizione comandata da George Pomeroy Colley, spedita sul posto per ripristinare l'ordine. La battaglia di Laing's Nek vide prevalere nettamente gli afrikaners, che le suonarono ai 1200 inglesi di Sir Colley.
La prima guerra boera si concluse così con un armistizio, in cui il governo coloniale britannico riconosceva l'autonomia (ma non l'indipendenza) del Transvaal. Il risultato del conflitto fu umiliante per gli inglesi, che pagarono l'innata superbia e il mal riposto senso di superiorità. Pochi afrikaners ben determinati avevano sconfitto l'impero più potente al mondo perdendo solo una manciata di uomini.
(Sir Colley alla battaglia di Laing's Nek)
Seconda guerra boera
Ovviamente la situazione era tutt'altro che pacificata. Del resto le terre dell'Africa meridionale erano così ricche che facevano gola a molti. Nel 1885 vennero scoperte nuove vene d'oro nel Transvaal. Esse attirarono una marea di cercatori, tra cui molti non boeri. Cecil Rhodes, il noto politico e imprenditore britannico (vi dice niente il nome Rhodesia?) che aveva vastissimi interessi economici nell'area, finanziò un colpo di stato, che però fallì miseramente.
Intanto la situazione per i britannici peggiorò ancora, visto che le repubbliche boere sondavano con ottimismo una possibile alleanza coi “vicini” tedeschi, che controllavano la neonata Deutsche Kolonialgesellschaft für Südwest-Afrika, ossia la colonia tedesca africana del sudovest. Inutile dire che un'alleanza del genere sarebbe stata davvero nociva per gli inglesi, che già in Europa guardavano con preoccupazione l'incredile crescita politica ed economica dell'Impero Tedesco.
Nel giro di pochi mesi si arrivò dunque alla guerra coi boeri, che gli inglesi tentarono di giustificare con presunti motivi di nobiltà umanitaria: proponendosi come paladini anti-schiavisti. In realtà erano gli stessi uomini preposti al governo coloniale inglese ad avere preconcetti razziali, visto che combattevano per la “naturale sovranità britannica”, oltre che per mettere le mani sulla ricchezza delle terre occupate dai boeri.
La guerra scoppiò ufficialmente il 12 ottobre del 1899 e vide – di nuovo – gli iniziali successi degli afrikaners. A quanto pare gli inglesi non avevano imparato la lezione dalla precedente batosta. I boeri invasero il Natal e la Colonia del Capo, assediando le città di Ladysmith, Mafeking, e Kimberley (in quest'ultima città si precipitò Rhodes, allarmato per il suo traffico di diamanti). A Ladysmith in particolare vennero intrappolate le truppe del generale sir George White (circa 12.000 uomini), che agì in maniera sconsiderata e dopo alcuni successi iniziali (con gravi perdite) mise in pericolo l'intero Natal. Questo afflisse sia i civili che i soldati, mentre lottavano per la sopravvivenza circondati dalle forze boere per mesi.
A metà dicembre gli inglesi vissero il loro momento peggiore, “la settimana nera”, subendo una serie di sconfitte devastanti a Magersfontein, Stormberg e Colenso. Il comandante boero Koos De Le Rey ideò una serie di strategie innovative per allargare i vari fronti delle battaglie, disorientando gli ufficiali inglesi e riportando un impressionante numero di vittorie.
Tuttavia gli inglesi, superiori in numero e come armamenti, riuscirono presto a ribaltare la sorte della guerra. Questi iniziarono con l'alleviare l'assedio di Ladysmith, Mafeking e Kimberly e con l'attaccare le capitali del Transvaal e dello Stato Libero di Orange. I britannici furono in grado di costringere alla resa il generale Piet Cronje e 4.000 dei suoi uomini, indebolendo ulteriormente le forze combattenti boere. Grazie a questa vittoria, i britannici entrarono e catturarono Bloemfontein, la capitale dello Stato Libero di Orange.
I boeri erano però ben lontani dalla resa. Cambiarono strategia e diventarono dei veri e propri guerriglieri, impegnandosi in una serie di azioni di disturbo, atte a colpire le ferrovie, i telegrafi e le retrovie inglesi. Le loro nuove tattiche mutarono di nuovo il corso della guerra e resero superflui e inefficaci i tipici grandi raggruppamenti di truppe britanniche.
A replicare alla nuova strategia boera ci pensò però lord Kitchener, nuovo comandante in capo degli inglesi, che adottò dei nuovi e spietati provvedimenti per piegare la resistenza dei coloni afrikaners.
(Artiglieria Boera - 1899)
La nascita dei campi di concentramento inglesi
In sostanza la strategia repressiva di Kitchener prese di mira i boeri non combattenti: gli inglesi iniziarono a bruciare e demolire le case e le fattorie dei nemici. L'ordine era quello di fare terra bruciata. Le famiglie dei combattenti afrikaners venivano poi deportate in veri e propri campi di concentramento ante litteram, che presto furono stipati di donne e bambini. Inizialmente questi campi erano intesi come rifugio per i civili che non volevano essere coinvolti nella guerra, ma ben presto divennero dei lager, gestiti in modo spietato. Nei campi morirono più bambini che la somma dei soldati caduti da ambo le parti. Nel 1901 morirono fino a 28.000 donne e bambini. Fu una atrocità che avrebbe macchiato la reputazione di Kitchener negli anni a venire, ma che va vista anche nel contesto delle malattie che falciarono 16.000 soldati britannici e della generale inadeguatezza dell'apparato medico militare britannico dell'epoca.
Le terribili contromisure britanniche ottennero il risultato che si erano proposti, tanto che i boeri si arresero nel 1901, non più in grado di sostenere una guerriglia in cui a patirne le conseguenze erano mogli, sorelle, madri e figli.
Le conseguenze delle due guerre incisero per anni sulla civiltà sudafricana, dando poi vita al Sudafrica moderno che solo con Mandela avrebbe infine trovato un po' di pace. Quando, nel 1885, i coloni trovarono nuove vene d'oro nel Transvaal, il presidente Paul Kruger, leader politico della repubblica boera, si dimostrò buon profeta: al posto di festeggiare per l'inaspettata ricchezza, commentò che quell'oro avrebbe inzuppato la terra di sangue per anni.
(Lord Kitchener)
La legione volontaria italiana
Attorno al 1885 alcuni nostri connazionali si erano trasferiti nel lontanissimo Sudafrica, spinti dalla febbre dell'oro appena scoperto nel Transvaal. Circa cinquemila italiani vivevano nelle maggiori città del Sudafrica, con un picco di presenze a Johannesburg, dove esisteva il quartiere “Little Italy”. Molti di essi lavoravano – in condizioni indecenti – nelle fabbriche inglesi. Proprio in una di queste, la Thomas Begbie and Son Foundry, si verificò un tremendo incidente che causò la morte di dodici italiani e il ferimento di molti altri immigrati, tra cui austriaci, olandesi e tedeschi. Fu solo uno dei tanti episodi che iniziò a far propendere le simpatie dei nostri connazionali verso la causa boera.
Un militare italiano di grande esperienza, Camillo Ricchiardi, formò un piccolo battaglione di partigiani, la Legione Volontaria Italiana, che contava duecento uomini. Ricchiardi, ex soldato, mercenario, avventuriero, era uno che la sapeva lunga: reduce della guerra d'Etiopia, di Adua, della guerra d'indipendenza delle Filippine, era un uomo pronto all'azione e dotato anche di un intelletto fine.
La Legione si mise al servizio dell'esercito boero, guadagnandosi una reputazione soprattutto nelle operazioni di guerriglia e di sabotaggio. Si specializzarono nel far saltare le ferrovie che garantivano i rifornimenti inglesi. La loro strategia era di far esplodere le cariche solo quando i britannici - riconoscibili dai caschi coloniali bianchi - erano in vista. In tal modo le truppe erano così vicine che non riuscivano a vedere e a spegnere le micce sotto un ponte.
Man mano che i combattimenti proseguivano i guerriglieri italiani cominciarono a temere per la loro sorte: l'Italia era tradizionalmente amica della Gran Bretagna e non fece mancare il proprio sostegno neanche durante questo conflitto. Perciò chiunque di loro fosse stato catturato rischiava di dover affrontare il processo e l'esecuzione come traditore. Per lo stesso motivo erano in pericolo quegli agricoltori italiani che avevano simpatie per i discendenti dei coloni olandesi. Ma, paradossalmente, anche quelli che non ne avevano subirono i saccheggi e la deportazione nei campi di concentramento da parte degli inglesi. Altri italiani erano già stati rimpatriati a forza quando erano emersi i loro sentimenti pro-Boeri.
Famosa è la cattura da parte di Camillo Ricchiardi di un treno sul quale era il giovane Churchill che era in Sud Africa come giornalista inglese. Durante la cattura risultò troppo compromesso con l’esercito nemico e fu trovato in possesso di una pistola Mauser C96 con pallottole proibite (dum-dum), tanto da rischiare di essere fucilato, ma il pronto intervento del comandate Ricchiardi gli salvò la vita. Tuttavia Churchill, nelle sue memorie, omette di essere stato catturato da degli italiani.
Curiosamente Peppino Garibaldi, nipote di Giuseppe, si unì agli inglesi e si ritrovò a combattere contro suo zio Ricciotti e l'esploratore Pilade Sivelli, il cui padre Giovan Battista fu il più giovane delle Camicie rosse che avevano partecipato alla Spedizione dei Mille.
(Camillo Ricchiardi, avventuriero e soldato italiano nel Transvaal)