P.S.: Dopo le 23 pugnalate inferte a Giulio Cesare (di cui una sola mortale), non si tornò affatto alla tradizione. Dopo il 15 marzo del 44 avanti Cristo, non si tornò affatto alla Repubblica. L'eliminazione di Cesare non servì infatti ad arrestare il processo ormai irreversibile della fine della Repubblica. Gran parte dei partecipanti alla congiura delle Idi di Marzo morì di morte violenta già l'anno successivo. La scia di vendette e di sangue che si concluse solo nel 42 a.C. con la battaglia di Filippi, che segnò la vittoria di Antonio ed Ottaviano (ancora alleati). Dopo la bruciante sconfitta, Bruto e Cassio si tolsero la vita. Dante Alighieri, nella Divina Commedia, li getterà nella parte più profonda dell'Inferno, la Giudecca, tra le fauci dello stesso Lucifero, insieme a Giuda Iscariota: bollati come traditori dell'impero. Impero che poi prese il largo con Ottaviano Augusto, dopo la battaglia di Azio (2 settembre 31 a.C.) che segnò la disfatta di Marco Antonio (per merito di Agrippa). Il 27 a.C. veniva attribuito il titolo di Augusto ad Ottaviano, seppellendo per sempre la Repubblica.
- Treccani.it: Gaio Giulio Cesare