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La trama (con parole mie): quando il vecchio, granitico Joe organizza una rapina in una gioielleria piazzando nella squadra i suoi uomini migliori coordinati dal figlio Eddie e questa finisce in una vera e propria carneficina, i superstiti corrono ai ripari in un vecchio magazzino con il bottino ed il sospetto che, tra loro, si annidi una spia della polizia.
Mr. White e Mr. Orange - l'acquisto più recente della squadra, ferito gravemente all'addome -, Mr. Pink con le sue ossessioni, Mr. Blonde ed il poliziotto che porta in dono per la banda attendono così l'arrivo dei loro boss cercando di scoprire quali inghippi potrebbero celarsi dietro l'operazione: tra il taglio di un orecchio, un lago di sangue ed il ricordo di quella che è stata la strada percorsa da Orange fino al momento dello sparo che potrebbe rivelarglisi fatale.
Un'opera fulminante, violenta e potentissima che avviò l'ascesa di uno dei registi statunitensi più importanti della storia recente.
Basterebbero la fava grossa di Madonna, il violino più piccolo del mondo e la danza di Michael Madsen prima di iniziare la tortura sul poliziotto, e non ci sarebbe bisogno di scrivere altro.
Le iene ha rappresentato, in una certa misura, per il Cinema quello che Nevermind è stato per il rock: non soltanto questo lavoro incredibile, sfacciato, scritto da dio e potentissimo ha lanciato quello che di lì a un paio d'anni sarebbe divenuto uno dei registi più cool del pianeta, ma ha definito lo standard di un genere, la voglia di "rivolta" che la settima arte covava nel cuore da troppo tempo, aspettando soltanto il grimaldello giusto che lo scassinasse.
Se Pulp fiction, a suo modo, ha rappresentato la perfezione come manifesto di genere del regista e Bastardi senza gloria l'equilibrio raggiunto tra estetica e contenuto, Le iene conserva ancora oggi tutta la carica selvaggia di uno stallone mai domato, l'esplosività dirompente di un bastimento di dinamite pura pronta ad scoppiare in faccia allo spettatore, sorprendendolo con un perfetto equilibrio di violenza ed ironia come pochi titoli negli anni successivi si vedranno sul grande schermo: i dialoghi fitti e le improvvise impennate da schizzo di sangue, i flashback a ricostruire la storia di Mr. Orange - che smentiscono all'istante chiunque potrebbe imputare al lavoro di Tarantino una mancanza di profondità -, lo scenario quasi western che minuto dopo minuto prende forma all'interno del capannone rendono questo film praticamente impareggiabile anche ora, ad un ventennio di distanza - e fa davvero strano pensare che sia passato tanto tempo -, dipinto con potenza anche maggiore sui volti sofferenti di Orange e White, sulle mani strette, il cameratismo e la fiducia nata sul campo, pur se, guardando ad una certa etica criminale, mal riposta.
E quelle pistole che si incrociano in un girotondo selvaggio quasi più del mucchio tracciano in rosso una nuova linea di confine ben oltre tutte le precedenti, che racconta storie diverse che partono una accanto all'altra per finire nello stesso posto, che attende tutti quelli che hanno scelto di vivere in una wasteland in cui non ci sono violini che tengano, e per quanto buone siano le mani che ci giochiamo, si finisce sempre a restituire tutto al banco.
Un pò come Orange, dalle risate in macchina con White e gli apprezzamenti sui culi alla Cosa dei Fantastici Quattro, dalla storia dei cani poliziotto a quel colpo sparato per salvare un compagno d'armi, un socio, un amico: e finire stecchito per mano di un proprio "simile".
Ironia della sorte, anche qui.
La vera iena pare essere proprio lei, che si fa beffe dei duri e dei vigliacchi, di chi spara e chi scappa, di chi fa quello che fa perchè è un piacere ammazzare cristiani e chi, invece, cerca una gloria che soltanto lui potrà capire in un gioco che non avrà mai un vincitore.
E non contenta, avvolge il pacchetto in una coperta calda e confortevole fatta di note che soltanto in pochi sarebbero riusciti a sposare allo stesso modo con le immagini - a mia memoria i soli Wong Kar Wai e Kubrick hanno fatto di meglio, mica bruscolini -, completando la meraviglia sfruttando il poco che serve per realizzare un vero e proprio colpo di genio.
O un colpo.
Che non è quello di una scellerata gioielleria o di una banda pronta ad implodere.
Quello di una pistola che spezza l'equilibrio, e chiede vendetta di un tradimento che potrebbe anche non esserlo.
Di una parte o dell'altra della Frontiera.
Della calma al calor bianco di Keitel o della furia rossa di Eddie.
Ma di Quentin Tarantino, l'uomo che sparò in faccia al Cinema.
E quella ferita sanguina ancora.
MrFord
"Well I don't know why I came here tonight,
I got the feeling that something ain't right,
I'm so scared in case I fall off my chair,
and I'm wondering how I'll get down the stairs,
clowns to the left of me,
jokers to the right, here I am,
stuck in the middle with you."Stealers Wheel - "Stuck in the middle with you" -
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