La "Djedi Team" con Zahi Hawass
Il robot Djedi, alla fine di maggio, ha permesso agli archeologi di vedere, per la prima volta dopo 4500 anni, cosa c'è nei meandri più oscuri della grande piramide di Kufu (Cheope) in Egitto.La piramide fu costruita, molto probabilmente, come ultima dimora di Kufu intorno al 2570 a.C. e nasconde, come è ben noto, diversi "segreti". Uno di questi riguarda due piccole gallerie a sezione quadrata, larghe circa 20 centimetri, che partono dalla Camera della Regina diramandosi, poi, verso nord e verso sud fino a fermarsi, improvvisamente, davanti a quelli che hanno tutta l'apparenza di essere due portoncini di pietra decorati con borchie metalliche.
Proprio la presenza di questi elementi metallici (è la prima volta che, all'interno delle piramidi, viene scoperto del ferro) ha fatto sorgere le più fantasiose ipotesi. Il mistero è stato, ora, almeno in parte, risolto grazie proprio a Djedi, robot esploratore ideato e costruito da Rob Richardson, un ingegnere dell'Università inglese di Leeds. Djedi è riuscito a penetrare in uno dei piccoli condotti e ad inserire la telecamera flessibile di cui è dotato all'interno di un foro, praticato nella porta di pietra nel 2002.
Il robot Djedi
Le prime immagini trasmesse dal robot hanno mostrato un minuscolo locale con le pareti decorate da geroglifici realizzati con pittura rossa. Gli archeologi ritengono che possa trattarsi di numeri, una sorta di appunti presi dai muratori che hanno lavorato alla struttura. Una volta decifrati, questi geroglifici potrebbero essere davvero la chiave di volta del mistero della Grande Piramide.Djedi ha anche permesso, per la prima volta, di vedere la parte posteriore della porta borchiata, confermando che gli elementi metallici hanno una pura funzione decorativa. Su quello che c'è oltre queste porte, gli scienziati hanno opinioni contrastanti. Alcuni pensano che questi due tunnel abbiano una funzione esclusivamente ornamentale, altri (tra i quali Zahi Hawass) ritengono che possa esserci un ulteriore locale segreto. Quella che fino ad oggi è sempre stata ritenuta la stanza di sepoltura del faraone, infatti, potrebbe essere solo un ambiente fittizio. L'obiettivo di chi progettava e realizzava le piramidi era quello di nascondere la salma del re defunto nel modo migliore possibile. I due condotti, pertanto, avrebbero una funzione simbolica di passaggio per l'anima del faraone.