Qualche giorno fa sono andato a prendere mia figlia all’asilo. Non la vedevo dalla mattina, lei dalla sera prima perché quando sono uscito stava ancora dormendo.Mi immagino già il suo sorriso, che quel dentino mancante rende ancora più simpatico. Quando arrivo, c’è sempre un suo compagno che mi vede prima e la chiama per avvertirla “C’è il tuo babbo…” Così lei mi aspetta davanti alla porta con in mano il suo zainetto e il giacchetto.Usciamo in allegria, scherziamo camminando e ci dirigiamo verso l’auto parcheggiata a pochi metri.In quei pochi metri, però, c’è la distrazione, o dovrei dire tentazione, di un alcuni grandi sassi da saltare. Messi lì per evitare che qualcuno parcheggi sul prato. Vuole farlo a tutti i costi, nonostante sia pericoloso. Inutile dirle di no, prima spiegandole il motivo e dopo vietandoglielo perentoriamente.Così discutiamo, io mi arrabbio, lei si arrabbia e piange. La discussione continua in auto e finisce a casa, in punizione in sala.Mi chiedo come sia stato possibile mandare in frantumi quella bella atmosfera iniziale. Quella voglia di entrambi di stare insieme dopo una parte importante della giornata ormai passata, io al lavoro e lei all’asilo. Mi dispiace davvero.
Quando accadono queste cose sono proprio contento di poter vivere insieme la quotidianità. Quella quotidianità che ci permette di essere quello che siamo ogni momento. Quella quotidianità che ci consente di comportarci in coerenza con quello che sentiamo, di esprimerci liberamente. Perché, se ci arrabbiamo, possiamo far pace la sera prima di andare a letto. Perché, se ci arrabbiamo, possiamo mandare all’aria quello di bello che avevamo organizzare per quel giorno, tanto lo potremo fare il giorno successivo. Quello quotidianità che benedico per questo, difendendola con le unghie e con i denti.Perché, si sa, le incomprensioni sono così strane e sarebbe meglio evitarle sempre ma ce le possiamo anche permettere se sappiamo di avere il tempo per chiarirci dopo.