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Le Infinite Impossibilità di Llewyn Davis

Creato il 17 marzo 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Loredana Aiello 

Nelle sale italiane dallo scorso 6 febbraio, l’ultima fatica di Joel ed Ethan Coen, A proposito di Davis (Inside Llewyn Davis) si presenta, nel suo insieme, come una breve tranche de vie di un giovane aspirante cantante folk. L’azione si svolge in un arco temporale molto contenuto, pochi giorni in tutto. L’inizio non è molto chiaro: Davis viene picchiato da un misterioso uomo fuori dal Gaslight Cafe, poi il film riprende come se nulla fosse. In realtà si tratta di un piccolo espediente di montaggio per disorientare l’opinione dello spettatore: non si può non provare un senso di empatia per il “povero” Davis che subisce l’aggressione senza nemmeno tentare di difendersi. Greenwich Village, 1961, rinascita della scena folk newyorkese: Llewyn Davis (Oscar Isaac), tuttavia, non riesce a sbarcare il lunario. Il suo ultimo album, intitolato Inside Llewyn Davis (un calco di quello di Van Ronk del 1964, Inside Dave Van Ronk, da cui riprende anche la copertina), rimane pressoché invenduto, i suoi rari ingaggi live non gli consentono di comperarsi un cappotto per difendersi dal freddo inverno, né di potersi mantenere un’abitazione. Llewyn vive di espedienti, verrebbe da dire col “sacco” in mano, approfittando della disponibilità del divano di qualche amico (o semplice conoscente). Agli “spiritosoni” che hanno affermato o condiviso l’opinione che l’ultima pellicola dei Coen si possa riassumere in “104 minuti in cui non succede nulla”, vorrei rispondere che forse hanno concentrato tutta la loro attenzione sugli effetti speciali (inesistenti nel film), o, più semplicemente, sulla confezione di popcorn che tenevano tra le mani.

Le Infinite Impossibilità di Llewyn Davis

Si entra subito in sintonia con il personaggio di Davis. È il tipico artista bohémien post – litteram: ha pochi amici, cattivi rapporti con la famiglia, nessuna relazione sentimentale, una carriera che proprio non vuole decollare (nonostante il 1961 segni proprio la “rinascita” di questo genere musicale), per non parlare del fattore economico (da sempre un argomento “volgare” da trattare, ma che tormenta chi non possiede denaro). Tuttavia il suo atteggiamento non è arrendevole, si muove nel mondo che lo circonda con una certa sicurezza e alterigia date dalla passione e dalla dedizione verso la musica, il folk, un genere che egli stesso definisce pragmaticamente così: «Se non è mai stata nuova e non invecchia mai è una canzone folk». È compito dello spettatore decifrare il tipo di rapporto che intercorre tra i vari personaggi, anche se la regia dei fratelli Coen è dotata di rara profondità umana. Per fare un esempio, il rapporto tra Llewyn e Jean: dovrebbero essere amici, ma lei lo disprezza senza alcuna pietà. Subito dopo si scopre che lei è incinta ed è costretta ad abortire per timore che il bambino in grembo sia di Llewyn e non del suo fidanzato Jim (Justin Timberlake). Cosa trarne? Il povero Llewyn, travolto da una valanga di insulti provenienti dalla gravida Jean (Carey Mulligan), tra i quali spicca per originalità «sei come il fratello idiota di re Mida», è stato a letto con la ragazza del suo presunto migliore amico. Eppure, nonostante lei sembri avere le sue ottime e inconfutabili (per Llewyn) ragioni, resta il dubbio sulla moralità di entrambi; in fondo si tratta di semplice aritmetica: bisogna essere in due.

Le Infinite Impossibilità di Llewyn Davis

Questi pochi giorni che il lungometraggio mostra sono ricchi anche di altre infinite possibilità di svolta nella carriera e nella vita di Davis. Non sembra afferrare le conseguenze che deriverebbero dal suo ruolo di padre, però, stanco della miseria in cui è costretto a vivere, tenta almeno di dare una svolta alla sua carriera artistica affrontando un lungo viaggio in auto per recarsi a Chicago: in questa città, infatti, si trova un grande produttore musicale, Bud Grossman (F. Murray Abraham). A questo punto il film si trasforma in un on the road quasi surreale, in cui tutto va storto. Llewyn condivide il cammino assieme a due singolari personaggi, l’irresistibile e borioso musicista di jazz Roland Turner (interpretato splendidamente da John Goodman) e il suo taciturno “valletto” Johnny Five (Garrett Hedlund), senza dimenticare il gatto “virgiliano” che si trascina dietro ormai da giorni. Il tragitto con Roland e il valletto si conclude bruscamente e senza un reale motivo, e il protagonista arriverà a Chicago a piedi, tormentato dal freddo e dai piedi bagnati; tuttavia riuscirà a fare il provino con Bud Grossman.

Le Infinite Impossibilità di Llewyn Davis

Si dice che l’universo è pieno di “infinite possibilità”, ma i Coen sembrano voler dire che non così è per tutti: Llewyn Davis è incastrato in un mondo che non comprende e che non lo comprende, ma nel quale vorrebbe avere più presenza e spazio, un po’ un personaggio antitetico rispetto all’Ed Crane de L’uomo che non c’era. La circolarità che conclude A proposito di Davis è densa di significato, e sembra voler suggerire una conclusione che va ben oltre i 104 minuti della pellicola, una conclusione che agli spettatori più attenti apparirà palese. A proposito di Davis è un ottimo prodotto, denso di significati e allusioni, di difficoltà comunicative che attanagliano i rapporti umani, in cui neanche le penetranti inquadrature sugli sguardi riescono a mettere chiarezza, anzi, provocano negli astanti un riso istintivo, causato più dall’imbarazzo che dall’ironia. Non lo consiglierei a tutti, anche se ne varrebbe sicuramente la pena (a parte le numerose canzoni folk, per le quali, mea culpa, non possiedo la sensibilità necessaria per apprezzarle), è dotato di una bellezza che non tutti sanno apprezzare.

Le Infinite Impossibilità di Llewyn Davis


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