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Le infinite tasse sul trasporto aereo, dalla rivista Dedalonews

Creato il 16 ottobre 2013 da Wally26

Articolo tratto dal magazine Dedalonews

Di Antonio Bordoni

Peccato che le compagnie aeree non possano scioperare tutte contemporaneamente bloccando in tal modo i traffici globali almeno per un giorno. Il massimo che può accadere è che oggi incrocino le braccia i dipendenti di una compagnia, domani quelli di un’altra, ma purtroppo un giorno di blocco collettivo è qualcosa che non vedremo mai. E non a caso diciamo “purtroppo”, perché un atto spettacolare come quello ipotizzato non sarebbe affatto fuori posto a fronte della raffica incessante di nuove tasse che quotidianamente piovono sull’industria del trasporto aereo commerciale. E forse non è da escludere che proprio il fatto di non poter concretizzare rimostranze di siffatta portata spieghi perché i governi si accaniscano così tanto nei confronti del trasporto aereo.
Ad alleviare la pesante situazione non basta più il sotterfugio di precisare che la nuova tassa è a carico del passeggero e non dell’aerolinea, in quanto non è certo con una “partita di giro” di questa natura che i termini della questione cambiano nella sostanza. Il livello di tassazione che grava sulle tariffe aeree non conosce più limiti ovunque ci si rigiri nel mondo e continuare a far finta che l’imposizione di nuove tasse a carico del passeggero non abbia effetti distorsivi sulla produzione del traffico passeggeri del trasporto aereo vuol dire non conoscere, o fingere di ignorare, le regole del mercato. Creare nuove tasse (o alzare quelle già in vigore) con la precisazione che verranno poi rigirate al passeggero non può costituire un alibi per creare ogni giorno un nuovo balzello.
Le compagnie aeree, come qualsivoglia industria, sono alle costante ricerca di misure di risparmio e di austerità per cercare di calmierare le tariffe immesse sul mercato. Ma questa politica di austerity, che costa migliaia di posti di lavoro, viene ampiamente vanificata se il prezzo finale per il consumatore continua a crescere per lo spropositato peso delle tasse che accompagnano la tariffa. È questa una politica cieca che non può non compromettere la crescita del traffico dei vettori particolarmente tenendo conto che su molte rotte ormai l’aereo si deve confrontare con il mezzo di superficie.
In Italia è proprio di questi giorni il ritorno in auge dell’Imposta Regionale sulle Emissioni Sonore (IRESA) la quale, a proposito di emissioni, si va ad aggiungere alla ETS la tassa per le emissioni del CO2. Sembra che ogni cosa che fuoriesca dai motori degli aerei, dal rumore al getto di aria, attiri morbose attenzioni da parte delle autorità. E parlando dell’inquinamento e delle relative misure adottate non si può non ricordare che in Italia molte regioni arrivano a sussidiare le aerolinee pur di poter avere i loro velivoli sul proprio scalo salvo poi osservare come, una volta stabilito il collegamento, le stesse autorità che lo hanno incentivato incassano da ogni passeggero una tassa per il rumore che quell’aereo produce. C’è qualcosa che non quadra in questo modus operandi. Se si può senz’altro comprendere che un comune aumenti le tasse sui parcheggi con lo scopo di disincentivare l’uso del mezzo privato e favorire l’uso del mezzo pubblico, decisamente incomprensibile è invece una politica che vede reperire fondi per favorire lo sviluppo di un mezzo di trasporto sul quale poi si debbono introdurre tasse in quanto inquinante o eccessivamente rumoroso. Questi passaggi non possono non far tornare alla ribalta le critiche mosse alle politiche degli aeroporti minori di erogare fondi per attuare collegamenti la cui copertura viene poi rigirata sulla tariffa aerea pagata dai passeggeri ma anche sulla collettività locale. A questo punto sarebbe più coerente disincentivare l’uso dell’aeroporto a favore di altre modalità di trasporto.
Come detto in precedenza comunque il problema non è solo italiano. «Aviation is a strategic industry for the UK supporting some 1.4 million jobs and over GBP 70 billion in economic activity. But the toxic combination of government policies and decisions-high costs, restricted hub capacity and APD which is the highest aviation tax in the world-is eroding the UK’s status as Europe’s biggest aviation hub», dice Tony Tyler, direttore generale della IATA, puntando il dito contro gli aumenti della tassa Air Passenger Duty (Tassa sul passeggero aereo, APD) britannica, con conseguenti inevitabili aumenti del costo dei biglietti aerei. L’AEA, associazione dei vettori europei ha calcolato in un suo recente documento che le varie tasse a carico dei vettori europei ammontano a 5 miliardi di euro annui.
E se ci si porta oltre l’Atlantico si vede che la musica non cambia affatto. Il New York Times del 6 maggio ha dedicato un ampio servizio dall’eloquente titolo «Tax proposals open a debate on airline industry’s troubles». Anche negli Stati Uniti le compagnie aeree denunciano l’insostenibile peso che grava sulla loro biglietteria: su un volo domestico del costo di 300 dollari, 60 dollari sono assorbiti da tasse, l’equivalente del 20 per cento della tariffa. Forse oggi più che mai l’appellativo di “mucche da latte” da spremere dato alle aerolinee calza a pennello.
Tuttavia va ricordata una importante differenza rispetto a quanto accade in Europa. Per le compagnie USA una quota rilevante delle tariffe, pari a circa 3,90 dollari a segmento più 7,5 per cento di tassa, va alla Federal Aviation Administration per coprire i costi del servizio di assistenza al volo (ATC). Per le aerolinee europee i costi ATC sono invece interamente pagati dai vettori stessi.


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