Le influencer, College e l’effetto Federica Moro

Da Gynepraio @valeria_fiore

Lo so che hanno scritto di tutto e di più sull’argomento, ma sento che a questo dibattuto tema manca ancora la mia opinione. Un influencer è una persona che, in virtù della propria autorevolezza su un determinato argomento, è in grado di condizionare e dirigere le scelte della propria claque di seguaci -solitamente racimolati su social network-. Un influencer possiede uno stile di vita (laddove stile a volte è sinonimo di tenore) così bello da produrre un effetto imitazione nei suoi followers. Nel grande crogiolo dello stile di vita, rientrano l’abbigliamento, il make-up, i viaggi, la cucina, l’arredamento e in generale tutto ciò che definirei “visual”. Evidentemente, l’ammirazione, l’immedesimazione, l’imitazione, il sogno, pure l’invidia, passano tutti dalla vista.
Non mi vergogno di ammettere che leggo e seguo molte influencer. Per lavoro, perché sono una cartina al tornasole di ciò che è cool molto più rapida e intelligibile di altre fonti. Sotto sotto sono anche una persona sportiva, e trovo che ci sia una abilità sottile nel creare una personalità e riconoscibilità comunicativa senza utilizzare i mezzi di comunicazione di massa. E’ relativamente facile disporre di un parterre di fans se balli nuda in prima serata su Canale 5; crearsi una propria visibilità sui social network con un lavoro di fino, senza degli advisors che ti aiutino nelle scelte stilistiche, con il tuo budget personale e magari con un aspetto fisico normale richiede del talento. E io il talento, insieme alla bellezza e al buon gusto, lo riconosco sempre.
Credo che questa analisi sia un po’ troppo professionale, in effetti. Perché le reazioni delle follower medie, dinanzi ad un buon lavoro dell’influencer, sono raccapriccianti.

1-autolesionismo, disturbi alimentari, depressione e suicidio. Quando l’invidia per l’influencer è troppa, la morte è l’unica soluzione.

Ragazze, ma se dovete stare così non seguitele (Fonte: Instagram)

2-estasi di santa Teresa. Perché le influencer sono troppo, troppo, troppo belle e bisogna dirglielo sempre.

La bellezza non travolge: essa STRAVOLGE addirittura (Fonte: Instagram)

3-nomi, cose, città. Perché sbattersi in giro per negozi o spulciare gli e-commerce, se c’è l’influencer? Non limitiamoci a chiederle il brand, parliamo di customer care e perché no, pure di resi.

Alzate il culo e andate a provarvi tutto, razza di fannullone (Fonte: Instagram)

Oltre a suscitare suicidio, estasi e domande, le influencer hanno un altro talento arcano: rendere desiderabili cose brutte. Lo chiameremo “effetto Federica Moro”: esiste ed è stato testato sulla mia pelle sensibile all’età di 8 anni. Mia madre e mio padre, quelle volte in cui mi comportavo veramente male*, usavano sempre la stessa minaccia: “Finisci questo anno scolastico e poi basta, a settembre t’iscriviamo in collegio”. Io il collegio me lo immaginavo come quello di Lovely Sara: avrei trascorso la mia infanzia a pulire con la lingua i pavimenti sporcati dalle scarpette di vernice delle bambine ricche e viziate come Lavinia. Rabbrividivo, tornavo a più miti consigli, mamma ti prego no, venivo prontamente perdonata, non lo fare mai più.

Lovely Sara che fa lo styling a Lavinia

Quella minaccia funzionò giusto 2 anni di elementari perché nel 1990 su Italia1 arrivò College. Federica Moro mi aiutò a rivedere la mia idea di collegio. Ma quali angherie? Quali pasti a base di finocchi bolliti? In collegio si facevano sport nobili come tennis ed equitazione, si imparava il francese, e, soprattutto, si flirtava tantissimo con i cadetti biancovestiti che abitavano due numeri civici più in là. Abbasso la disciplina, evviva la malefatte, evviva le punizioni, evviva il collegio, evviva me!

Questa sì che è vita

Come Federica Moro, le influencer hanno reso desiderabili degli oggetti brutti come la guerra in Darfur. Dopo le Birkenstock (che io difendo e porto da molto prima che diventassero trendy, incurante del loro potere scacciacazzi), quest’inverno è la volta delle Adidas Stan Smith, le arcinote candide sneakers che io già indossavo nel lontano 1997 in quarta ginnasio, quando mi chiudevo nei cessi della scuola per saltare la versione di greco. In grado di tagliare la caviglia anche alla più slanciata delle silfidi, donano istantaneamente 5 kg a qualsiasi donna sotto il metro e settanta. Stanno bene con pochissimi capi, che a loro volta sono appannaggio di strutture fisiche privilegiate (alte e sottili). Ragazze chiatte che state mantenendo agli studi il figlio del signor Footlocker per emulare la vostra influencer del cuore, sperate forse che nessuno se ne accorga? No, ve lo dico, perché il bianco delle Stan Smith è così abbagliante che lo vedono anche da Marte. Vi stanno di merda, compratevi altre calzature. Fidatevi di me, perché sono bassa e culona pure io. Altrimenti nei bagni della scuola mi ci sarei chiusa a limonare con i rappresentanti d’istituto dell’ultimo anno, mica per fumare una Diana Blu di nascosto dalla bidella.


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