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Le interviste dei Serpenti – Ilaria Beltramme

Creato il 11 marzo 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

di Emanuela D’Alessio

Proseguono le interviste di Via dei Serpenti con Ilaria Beltramme, l’autrice di 101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita (Newton Compton). L’abbiamo conosciuta alla libreria Pagina348 in occasione del primo appuntamento con “Libraio per un giorno”. Ha fatto parta della giuria di qualità alla seconda serata di 8×8, il 4 marzo.

Ho trovato sul web questa tua breve biografia: Ilaria Beltramme nasce a Roma nel 1973. Appassionata della sua città e di storia dell’arte, è anche traduttrice di fumetti e romanzi. È ancora convinta che il Tevere sia una divinità. Per Newton Compton ha pubblicato 101 cose da fare a Roma almeno una volta nella vita, 101 perché sulla storia di Roma che non puoi non sapere e Roma in un solo weekend. Per Mondadori è uscito Caccia ai tesori nascosti di Roma. Puoi aggiungere qualche altro dettaglio?

Le interviste dei Serpenti – Ilaria Beltramme
Forse è il caso di spiegare questa divinizzazione del Tevere cui fa riferimento la biografia che hai trovato in rete. Ho frequentato i circoli dei canottieri sul fiume da piccola. Con mio padre eravamo iscritti al Dopolavoro Ferrovieri di Ponte Margherita; andavamo in kajak e ho ricordi indelebili di quel periodo in cui sono riuscita ad avvicinarmi a una parte del “cuore di Roma” (mi riferisco ai “fiumaroli”) ora rarissima da incontrare. Lì è nato il mio amore per il Tevere, che ancora cerco durante le passeggiate. Di solito raggiungo Ponte Rotto appena posso, e lì trascorro ore splendide nel silenzio, con un buon libro in mano, cullata dal rumore delle rapide. Prima o poi mi parlerà. Adesso si limita a lasciarsi adorare, come la divinità pagana che è sempre stato per la città, appunto.

Ci siamo conosciute il 1° marzo alla libreria Pagina 348 in occasione del primo appuntamento con Libraio per un giorno, l’iniziativa di promozione dei libri. Come è andata?
È stata un’esperienza meravigliosa, un successone che francamente non mi aspettavo. È arrivata moltissima gente e tutti avevano voglia di ascoltare i miei consigli. Pagina 348 è uno spazio vitale all’Eur. Negli anni sono riusciti a raccogliere una comunità di amanti della lettura molto fedeli, disposti a partecipare alle loro iniziative, attenti ed esigenti. Segno che questo paese è molto meno addormentato di quello che si possa pensare e, se opportunamente stimolato, risponde con entusiasmo. L’appuntamento del 1 marzo, insisto, è stato davvero indimenticabile.

Quali libri hai consigliato e quali “hai venduto”?
Ho consigliato sia libri di saggistica sia romanzi. L’arte della gioia di Goliarda Sapienza, Stanno tutti bene tranne me di Luisa Brancaccio, American Gods di Neil Gaiman, In ogni caso nessun rimorso di Pino Cacucci, Quando Teresa si arrabbiò con Dio di Alejandro Jodorowsky, Augustus di John Williams. Fra i saggi, invece, ho suggerito: L’ordine è già stato eseguito, a cura di Alessandro Portelli; Giordano Bruno e la tradizione ermetica di Francis A. Yates; Storia avventurosa della rivoluzione romana di Stefano Tomassini. Ho venduto tutto! Che gioia!

Le interviste dei Serpenti – Ilaria Beltramme
Frequenti le librerie? Qual è per te la libreria ideale?
Frequento le librerie, le biblioteche, le bancarelle di libri usati. Amo la libreria Pagina 348 perché ci sono cresciuta, i miei genitori abitano in zona. Ho cominciato comprandoci i libri per la scuola, poi ho continuato a frequentarla quando sono stata colta dalla passione per la lettura (che è scoppiata leggendo Pasolini, per inciso). Amo, in generale, le librerie indipendenti, con i libri di costa sugli scaffali, luoghi in cui trascorrere ore a chiacchierare con il libraio. Mi piacciono i posti dove si può parlare di letture, oltre che acquistare titoli. Fra questi “paradisi” laici c’è anche la Libreria del Viaggiatore a via del Pellegrino, perché un’altra mia passione è quella per i viaggi, anche quando sono solo di fantasia, nati magari fra le pagine di un bel libro.

Dai titoli che hai pubblicato si evince la tua smisurata passione per Roma, la sua storia, i suoi segreti. Perché questa attenzione monotematica per la città?
Perché faccio parte di quella generazione di “giovani” che se n’è spesso andata. Ho vissuto in Inghilterra e in Spagna a lungo, convinta che non ci fosse un futuro in questo paese. In parte lo penso ancora, ma allora credevo di essere una cittadina del mondo e invece, allontanandomi, ho scoperto che mi mancava il Colosseo, più della mamma. Non appena sono tornata in Italia, quindi – non volevo farlo, ma le città che avevo scelto tutte e due le volte avevano cominciato a starmi un po’ strette – ho deciso che qui ci sarei rimasta, che ci avrei provato un’altra volta ancora, prima di rinunciare definitivamente. Il destino mi ha premiata. Da questa spinta “psicologica” è nato tutto, quasi per caso. Ho cominciato con le traduzioni, poi sono passata a lavorare nella redazione di una rivista di viaggi che si chiamava Sandokan, lì ho timidamente iniziato a scrivere di Roma (e di conseguenza anche a camminarci con più attenzione) e poi sono arrivati i libri della Newton Compton, i 101 e tutti gli altri. Mi sono scoperta romana, andandomene. Nella vita non si può mai dare nulla per scontato: ma intendo continuare a essere molto romana e molto appassionata di Roma ancora a lungo.

Non ti sei cimentata fino ad ora con la narrativa pura. Una scelta o una casualità?
Tutte e due le cose. L’approccio con il romanzo storico mi è sembrato uno sbocco naturale per il mio lavoro, visto anche lo stile con cui scrivo i libri di varia che sono stati pubblicati fino a oggi. Alla narrativa “pura”, non di genere, per ora non ci penso. È come se aspettassi di farmi uscire la voce. Potrebbe capitare oppure no, non importa, non ho fretta.

Eppure hai fatto parte della giuria nella seconda serata del concorso letterario 8×8, il 4 marzo. Che cosa pensi dei concorsi letterari in generale e di questo in particolare?


Penso siano un’ottima occasione per tastare il terreno in un settore come quello dell’editoria in cui è difficilissimo orientarsi. E poi mi piace conoscere autori per cui scrivere è un’urgenza. Nei concorsi si fa anche amicizia, nascono sodalizi al di là della competizione, e ci si misura con il giudizio altrui che è determinante per sopportare il peso di una pubblicazione. 8×8 poi, per come è organizzato, con gli autori che leggono e i giudici che giudicano subito dopo aver ascoltato il racconto, il confronto con le opinioni degli addetti ai lavori è ancora più immediato. Le critiche, in questa occasione, possono sembrare dure, ma la verità è che in fase di lavorazione di un manoscritto i toni possono diventare abbastanza sbrigativi e occorre essere preparati, avere le spalle larghe. I ragazzi che hanno preso parte al concorso ora hanno fatto questa esperienza e sono sicura che li aiuterà nel futuro.

Ha vinto Fabrizia Conti con il racconto La balena arrugginita. Quali sono state le motivazioni della scelta? E il tuo giudizio?
Ha colpito la maturità della scrittura di Fabrizia, credo. Per questo ha vinto. In questo siamo stati quasi tutti d’accordo. A me personalmente è piaciuta la libertà di lettura che il suo racconto dava. La forza di Fabrizia è stata la sua capacità di impiegare una scrittura piana, trasparente, su argomenti soltanto all’apparenza leggeri, o “minimi”. Invece poi, mentre leggi, la mente esce dal racconto e penetra in profondità, scoprendo altri dettagli, altre sotto tracce. Ecco, mi piacciono gli autori che liberano i lettori, che li lasciano andare dove vogliono. Sono autori generosi. E mi pare che Fabrizia abbia un grande talento su cui lavorare.  

Che cosa ti senti di augurare a Fabrizia Conti e in generale a tutti coloro che tentano la strada della scrittura?
Vorrei farle un grande in bocca al lupo. E poi vorrei dirle di ascoltare i consigli degli editor, di non prenderla sul personale se si confronta con qualcuno che è un po’ duro. Un manoscritto diventa un libro soltanto dopo il passaggio in redazione. Quella parte del lavoro può sembrare un’invasione della “purezza della scrittura” ma non lo è. È un momento di confronto determinante, che chiarisce le idee e prepara all’impatto con il pubblico dei lettori. Le auguro di lavorarci davvero con la scrittura, di farla diventare il suo mestiere. E non è un augurio da poco, secondo me.

Quali sono i libri della tua vita?
Sono i romanzi sudamericani, il realismo magico in generale, perché amo leggere epopee familiari, storie che mi portano via. Ma amo molto anche i saggi. Specie quelli sui ribelli, oltre alla vastissima letteratura su Roma che comunque divoro anche al di là dello studio. Ho letto tanto sulla Guerra civile spagnola, adoro figure come Buenaventura Durruti, l’anarchico della Columna de hierro. O come Marius Jacob, anche lui un anarchico, abilissimo a compiere furti leggendari nelle case dei ricchi per finanziare il movimento. Insomma mi piacciono e rispetto molto quei personaggi che sono stati sassolini nell’ingranaggio della storia. Che sono vissuti per un’idea di libertà, che si sono messi di traverso.

Che cosa c’è da leggere o ci dovrebbe essere sul tuo comodino?
C’è Augustus di John Williams, che sto quasi finendo. Quando terminerò arriverà Stoner, sempre dello stesso autore, che ancora non ho letto.

I tuoi progetti per l’immediato futuro?
Sta per uscire Il papa guerriero (il 13 marzo), il mio nuovo romanzo dedicato alla Roma del Cinquecento, nell’epoca, appunto, di papa Giulio II, il pontefice della Sistina e di Raffaello, per intenderci. Lo presenterò il 20 alla Feltrinelli di Galleria Colonna insieme allo storico dell’arte Costantino D’Orazio e poi inizierò il giro di promozione solito. All’orizzonte vedo molti viaggi di un giorno, un po’ di stanchezza e tanta emozione. Ma sono contenta, è la vita che non avevo il coraggio di immaginare per me. E ora la sto vivendo. Fra qualche mese, comunque, mi rimetterò a scrivere un’altra cosa di cui per ora non posso parlare. Bocca cucita.

Le interviste dei Serpenti – Ilaria Beltramme
Ultima domanda: hai visto il film La grande bellezza?
No, ma conto di farlo presto. Quindi non esprimo giudizi, per il momento, anche se è praticamente impossibile non ascoltare quelli degli altri. Tutti sembrano avere un’opinione molto precisa sull’argomento, e senza sfumature, o sono entusiasti o molto delusi. Cerco di non farmi influenzare, ma sono contenta che abbia vinto l’Oscar, comunque. Ho una grande curiosità di vedere con i miei occhi come Sorrentino ha “letto” Roma. Anche su questo ho raccolto pareri molto polarizzati. Non mi resta che andare al cinema.


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