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Le interviste di Bruno Elpis: Carlo Santi - I parte

Creato il 22 giugno 2011 da Ciessedizioni

Le interviste di Bruno Elpis: Carlo Santi - I parte

By Bruno Elpis

Esordisco oggi con le mie interviste agli autori. Sono emozionato, ho tante idee per la testa, che vorrei realizzare.
Grazie a www.Braviautori.it, a Massimo e ad Alessandro, che mi hanno dato questa bella opportunità. Grazie a Carlo Santi, scrittore prima che editore e, comunque, mio editore.
1. La prima intervista che decido di pubblicare è quella a Carlo Santi, autore ed editore. Carlo, cominciamo con una domanda che ti avranno fatto in molti. Ti senti più autore o più editore?
R: In effetti, è la classica e naturale domanda alla quale rispondo senza alcun dubbio. Ho tre libri a cui sto lavorando contemporaneamente, li avrei già ultimati se non fossi impegnato a fare l’editore. Ma devo trovare il tempo, scrivere è l’unica cosa che voglio fare per prima, poi mi diverte fare l’editore, ma non voglio che questo prevalga sulla lettura o sulla scrittura, mia passione di sempre. Fare l’editore è un lavoro, piacevole, ma pur sempre un lavoro e non sempre facile. Credevo che questa mia nuova attività mi aiutasse a fare soprattutto lo scrittore, invece mi sbagliavo. In conclusione, direi più autore, mi trovo più a mio agio e mi rilassa molto, ma molto di più.
2. Da dove nasce la tua passione per i libri?
R: Io dico sempre: non puoi scrivere bene se non hai letto altrettanto bene. Leggo tantissimo, ho sempre letto tantissimo, oggi ancora di più per via della mia attività. Da questo punto di vista potrei sentirmi un privilegiato: scrivo, edito, leggo. La mia passione di sempre! Non tutti hanno la fortuna di fare nella vita quello che piace di più. A me, invece, è successo e, se posso essere sincero, spero tanto di non smettere mai più fino alla fine dei miei giorni (meglio anni).
3. Qual è il profilo della tua casa editrice, la Ciesse (http://www.ciessedizioni.it/)?
R: Non so se la CIESSE Edizioni ha già raggiunto il profilo che voglio darle. Posso solo dirti il mio obiettivo: voglio, esigo, pretendo che ogni opera pubblicata sia meritoria, eccelsa, ottima. Mi prendo il rischio d’impresa? Spendo dei soldi? Allora non voglio rischiare per un’opera mediocre, bensì per la migliore possibile. Chiaro, la migliore che mi sia stata presentata, ma se oggi contiamo su migliaia di manoscritti, allora posso scegliere maggiormente, posso scremare la migliore, posso scovare il talento nascosto in ognuno di noi, posso chiedere di passare oltre alla buona opera e verificare l’eccellenza. Non voglio accontentarmi e punto in alto poi, giustamente, avrò problemi a fare emergere questa eccellenza, magari perché non ho la forza di una Mondadori, ma questo sarà il secondo dei miei problemi, ne sono certo.
4. Bella dichiarazione per chi ti ha inviato un manoscritto… E, scovata l’eccellenza, qual è la strategia?
R. Se trovo l’eccellenza, allora ne parlerò con l’interessato, studieremo la miglior strategia e, quando non riuscirò a garantirgli il massimo che merita, troveremo la soluzione adatta, anche fosse quella di cedere i diritti dell’opera a qualcun altro. Questo, però, lo si può fare quando io, come editore e lo stesso autore, avremo fatto di tutto e di più per far conoscere il talento in questione.
5. Come nasce nella tua casa editrice la scelta di “investire” su un autore esordiente?
R: Dirò quasi una bestemmia: a me non interessa alcunché l’esordiente. A me interessa solo l’opera: quella sì che deve essere “grandiosa”. Fatta questa premessa, allora iniziamo a pensarci su. Nel sito web della casa editrice c’è una premessa che è una promessa: “CIESSE Edizioni non garantisce di far diventare famosi e ricchi i propri Autori, ma SOLO di aiutarli, affiancarli e sostenerli dando loro il supporto tecnico/giuridico/commerciale affinché possano veramente “contare” sul proprio editore che, tra l’altro, fa anche il loro stesso mestiere… CIESSE Edizioni è a favore degli Autori che NON sono una velina o un calciatore o un concorrente del Grande Fratello o, infine, un giornalista di grido!”
6. Non mi dire che personaggi del mondo patinato dello spettacolo e dello sport ti hanno inviato manoscritti!
R: Sembrerà strano, ma abbiamo scartato molti manoscritti di gente famosa, anche attori e giornalisti Rai o Mediaset, solo perché non avevano scritto nulla di interessante. Su questo, la sincerità e, a volte, la sana ingenuità di un esordiente, batte 4 a 0 qualsiasi veterano. Il problema resterà sempre di far conoscere l’esordiente mentre il veterano garantisce maggior visibilità. È vero, il veterano è conosciuto, vende di più e subito, ma è ingovernabile. Allora io dico: “si pubblichi da solo!” Altro aspetto fondamentale, che ho sempre precisato ai miei autori, è il fatto che amerò la loro opera tanto quanto l’ameranno loro stessi. Ho creato una poesiola su questo e, se permetti, la cito testualmente.
Non avanti a te…
non saprei dove condurti.
Non dietro a te…
potrei perderti.
Cammina, invece, al mio fianco…
potremo, così, rimanere insieme.
7. Parliamo ora dei tuoi scritti. Quali ricordi hai del tuo esordio come autore?
R: Quello che pochi conoscono è che io ho scritto, dal 1992 al 1999, ben otto testi giuridici in diritto del lavoro e di antinfortunistica nell’ambiente di lavoro. Quindi, la scrittura è nel mio sangue da quasi un ventennio. Certo, redigere un saggio giuridico non è come scrivere un romanzo, anzi, contrariamente a quanto si pensa, è molto più semplice. Scrivere cose che hai studiato una vita è quasi “naturale” in quanto basta solo “scribacchiare” quello che conosci come le tue tasche mentre, un romanzo, lo devi inventare.
8. E dopo la tua esperienza da “scrittore tecnico-giuridico”, come sei approdato nelle lande della scrittura creativa?
R: Nel 2003 sono uscito dal Sindacato, dopo vent’anni di militanza quale Dirigente a tempo pieno ove ho conosciuto il tradimento “vero” da parte di gente che credevo amica. Mi sono “inventato” imprenditore di me stesso con risultati positivi e, avendo a disposizione del tempo, mi sono dedicato alla scrittura che, allora, consideravo “di fantasia”. Difficilissimo, non ci credevo, anzi, pensavo di essere uno scrittore fatto e finito, invece, mi sbagliavo. Creare storie, scrivere in modo coerente, logico e “realizzare” qualcosa di credibile, concreto, vero, carico di significati, emozioni, ambienti e personaggi differenti, ognuno con le proprie caratteristiche e carattere, è di una difficoltà straordinaria.
9. E così è arrivato il tuo esordio, da romanziere …
R: Il mio romanzo d’esordio risale al 2004: é un poliziesco ambientato in USA. Negli States ho pubblicato IL FUOCO DENTRO. In America è tutto più semplice: scrivi, pubblichi e vendi. Nessun problema, al massimo ti domandi come mai non hai venduto milioni di copie, ma non devi sforzarti a venderne migliaia, anzi. IL FUOCO DENTRO ha venduto 18mila copie nei cinque anni di edizione. Quando ho esternato la mia meraviglia, qualcuno mi ha detto: “E’ come venderne 18 copie in Italia.” Innegabile che questo dato mi ha colpito in modo considerevole. E’ rileggendo IL FUOCO DENTRO che mi sono chiesto: perché non scrivere ancora? Ma in Italia è tutto più complesso, l’editoria è monopolizzata e, in molti casi, scadente.
10. Com’è nata la tua passione per il romanzo giallo storico a sfondo religioso?
R: Ho un’innata passione per i misteri in generale e ritengo di avere coerenza intellettuale. Io baso tutti i miei ragionamenti sulla logica e sulla coerenza: se non ci sono questi due fondamentali requisiti, niente può esistere. Alcune volte è difficile sopravvivere a queste regole perché potrebbero far riflettere sulle cose troppo a fondo, ma non solo, potrebbero farti diventare un perfetto incompreso agli occhi degli altri. Comunque fosse, non me ne curo e passo oltre. Ho le mie perplessità su tutto e, sempre su tutto, devo valutare attentamente 5 fasi vitali: 1- problema; 2- coerenza; 3- logica; 4- soluzione e 5- via di fuga.
11. E questo come si riflette sul “genere” letterario del quale sei protagonista come autore?
R: Documentandomi ho verificato che la maggior illogicità sussiste proprio in ambito religioso. Infatti, vi sono misteri (che io chiamo incoerenze) a cui nessuno ha dato risposte, tanto meno i diretti interessati: i religiosi di “mestiere”. Chiarisco meglio: io non sono Ateo, anzi, credo di essere un fervido credente “non praticante”, ma la Fede la porto con me, non mi serve andare a Messa per professare il mio credo. Uno dei comandamenti che Dio ha affidato alla Cristianità è: “Non ti farai idolo di Me”. Coerenza e logica vogliono che, da questo chiaro, coerente e logico comandamento, non è necessario o utile cercare un luogo di culto, un idolo, una reliquia, un pezzo di sacralità o “oggetti” similari per avere Fede e professarla al meglio. Immagino che, almeno per come siamo stati abituati, questo fatto possa quasi essere considerato un’eresia, ma è la mia coerenza e logica a dettare la regola anche nella Fede: credere, indipendentemente da dove, come e perché! Se qualcuno ci dice che un separato o un divorziato non può esercitare o professare la propria Fede come meglio crede, allora dice una fesseria illogica e incoerente, tanto per fare un banale esempio. Nei mei romanzi credo e spero di garantire spunti di riflessione diversi, anche teologicamente differenti a quanto fin qui “inculcato” dalla Cristianità classica. Tu, Bruno, hai letto i miei libri, sai perfettamente che non tratto gli argomenti religiosi come un eretico, bensì come un riflessivo, un alternativo della Religione sempre professata, proponendo spunti e riflessioni che ho documentato, studiato, valutato e coerentemente adottato.
12. Queste riflessioni hanno ispirato il “Quinto Vangelo”?
R: In questo romanzo tratto del testo di Maria Maddalena: si dice sia andato perduto, ma mai sconfessato e sovente è stato ripreso e testimoniato da molti altri Vangeli, che siano considerati validi, gnostici o apocrifi. Non è vero che i quattro vangeli riconosciuti dalla Chiesa sono gli unici autentici come non è altrettanto vero che ci sia una sola verità, soprattutto perché non è mai stata perfettamente documentata. I quattro Vangeli classici sono considerati i “più realistici” solo per il fatto che sono stati e, immagino lo saranno sempre, “professati, riconosciuti, insegnati e condivisi”, ma non certo per il fatto di essere gli unici depositari della verità. In alcuni di essi, tra l’altro, è palese il fatto che racchiudono grossolane incoerenze storiche, direi quasi un “depistaggio storico di proporzioni bibliche”. Anche sulle sacre reliquie vi sono dei falsi clamorosi, come i chiodi usati per la crocifissione: ve ne sono a migliaia nel Mondo, eppure sappiamo che le scritture ne citano tre. Oppure i miliardi di schegge di legno della stessa Croce che viene distribuita ai fedeli, in ogni dove, racchiuse all’interno di un ciondolo. Oppure l’esempio della Sindone, tutti dicono che ha del miracoloso, nessuno è certo della sua originalità e, fatto assolutamente fondamentale, della sua verità. Nessuno, però, può porla in discussione, magari solo per il fatto che nemmeno la scienza moderna è in grado di rispondere a un mistero più grande di noi, soprattutto a causa della nostra limitata conoscenza. Da qui e da questi fatti, usati come mero esempio, trovo spunto per le mie storie e mi piace offrire le mie personali riflessioni senza pretesa di dichiarare l’assoluta verità, ma con l’intento di offrire un’interpretazione di essa secondo logica e coerenza dei fatti documentati, nonché rigorosamente studiati e analizzati.
13. Io ho letto e apprezzato il “Quinto Vangelo” per l’entusiasmante intreccio tra azione e filosofia. A chi si ispira la figura di Tommaso Santini?
R: Tommaso Santini è Carlo Santi. O, per lo meno, quello che Carlo Santi vorrebbe essere: alto, magro, bello, muscoloso e profondamente “logico e coerente”. Un cavaliere templare moderno, un giusto, un uomo a cui garantire fedeltà e fiducia perché lui, per primo, restituirà altrettanta fedeltà e coerenza senza pretenderla, ma donandola per principio. Io sono convinto che un “vero” leader è colui che viene riconosciuto tale dagli altri e non per sue “imposizioni”. Il team di Tommaso Santini è preparato e convinto di dare la vita per il Risolutore, non tanto per l’uomo, bensì per quello che rappresenta: una Fede, un Credo, uno Stato. Giusto o sbagliato che possa essere, è pur sempre un giusto Credo a cui essere legati da innata e coerente fedeltà. Ogni componente del team è un idealista che condivide i propri principi con altrettanti e pari idealisti, basando il suo credo su basi di fiducia, Fede e fedeltà che va molto oltre alla “normale” concezione di lealtà a uno Stato o a un credo. Nei miei libri tratto e analizzo il Vaticano come Stato prima che come espressione religiosa. E qualsiasi Stato ha i suoi segreti, i suoi ordini militari e i suoi uomini d’armi. Uno Stato che sussiste da millenni non può pensare di non avere nemici da cui difendersi.
14. Com’è nata l’idea del team che supporta il “risolutore dagli occhi di ghiaccio” nelle sue imprese?
R: Il team è stato pensato proprio per questa necessaria difesa: combatte per questo e i suoi elementi sono accumunati da un’unica e condivisa Fede superiore a qualsiasi necessità “terrena”. Tutti i membri hanno un’unica missione e compito: donare la propria esistenza per garantire, sostenere e difendere le basi e il principio di una Fede. Vedo così Tommaso Santini e il suo team e, quindi, mi viene facile immaginare i successi, le sofferenze, le difficoltà e la grande passione che li lega …
Termina qui la prima parte dell’intervista, che ho preferito suddividere in due, per meglio affrontare i temi a noi cari. Nella seconda parte, Carlo Santi ci parlerà del sequel del “Quinto Vangelo”, fornirà qualche anticipazione sulla sua ultima fatica e tornerà a parlare di Ciesse Edizioni. Non perdete la sua opinione sull’editoria a pagamento”!

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