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Le interviste di Via dei Serpenti: L’orma editore

Creato il 20 dicembre 2012 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

di Emanuela D’Alessio e Caterina Di Paolo

Proseguono le interviste di Via dei Serpenti con Lorenzo Flabbi e Marco Federici Solari, i due giovani editori della nuovissima casa editrice romana L’orma.

In libreria dal 4 ottobre i primi titoli, Prima di scomparire del francese Xabi Molia e Notizie dal migliore dei mondi del tedesco Günter Wallraff, giornalista d’inchiesta. Dal 29 novembre sono disponibili anche i primi quattro esemplari della collana I Pacchetti con Baudelaire, Leopardi, Gramsci e Nietzsche.
Da Più libri, più liberi edizione 2012 sono tornati entusiasti: «è stata bella, riuscita, festosa e stancante».

Le interviste di Via dei Serpenti: L’orma editore
Marco Federici Solari è germanista, ha vissuto in Germania a più riprese, ha avuto un’esperienza da libraio. Lorenzo Flabbi ha studiato e lavorato a Bologna, Siena, Parigi. Ha vissuto in Francia per sette anni e poi in Germania. Sono tornati in Italia, a Roma, che hanno preferito a Milano solo per motivi estetici. Sono tornati per parlare di letteratura europea, con un’altra voce.
Il loro passato è fatto di studi di letteratura comparata, docenze universitarie, traduzioni. Flabbi, formato alla scuola bolognese di Guido Guglielmi, è autore di Dettare versi a Socrate (Le Lettere), sul concetto di traduzione in poesia. Federici Solari ha pubblicato Il demone distratto (Le Lettere), un libro che mette in luce l’eredità dickensiana e l’influenza del cinema nell’opera di Kafka.
Sono due letterati, legati da un forte sodalizio umano ma anche intellettuale iniziato con il sito di letteratura comparata Sguardomobile: studiano, traducono, lavorano insieme e si interrogano sull’esistenza nelle più varie declinazioni, anche sul concetto di coppia, su quello di famiglia. Perché si sentono una famiglia insieme ai più stretti collaboratori, agli amici, a tutti coloro che mostrano di condividere passioni, gusti, un medesimo sguardo sull’esistenza.

È sempre con curiosità e sorpresa che accogliamo la notizia di una nuova casa editrice all’esordio. Curiosità verso il nuovo editore (in questo caso gli editori) e il progetto editoriale che si appresta a realizzare. Sorpresa per il coraggio e la noncuranza della scelta in un momento come l’attuale, di crisi globale e di crisi dell’editoria in particolare. Perché è nata L’orma editore?
Per noi la scelta di “nascere” è stata naturale, ma dopo pochi mesi non possiamo parlare di coraggio, abbiamo compiuto il primo passo ma coraggiosi non lo siamo ancora, è ancora troppo presto per dirlo, anche se cercheremo di esserlo. La crisi del mercato editoriale non ci spaventa perché pensiamo che ogni crisi sia destinata a passare, che ci sarà un momento in cui torneranno a essere cruciali alcune passioni, che verranno tempi migliori. Un progetto come il nostro ha bisogno di alcuni anni per esprimersi. Noi abbiamo fondato questa casa editrice esattamente come la volevamo, pensando che in Italia esistono lettori, e non pochi, da cinquanta libri l’anno, rivolgendoci a un pubblico competente, colto, che abbia la curiosità di sperimentare e non voglia essere infantilizzato. Insomma L’orma è un progetto culturalmente ambizioso.

L’orma nasce come «casa editrice di cultura», quasi a sottintendere che il binomio editoria-cultura non sia scontato. Che cosa significa esattamente? Chi dovrebbe essere il vostro lettore ideale?
Essere una casa editrice di cultura può significare molte cose. Esistono ambiti differenti e circoscritti, pubblicazioni tecniche, case editrici che hanno un perimetro limitato ma competente, che fanno cultura in un modo differente dal nostro. Pensiamo che per durare e affermarsi sia molto importante avere una fisionomia ben riconoscibile. Come accade per molti piccoli editori di cultura che hanno iniziato con alcuni autori, alcune letterature portate in Italia, anche noi abbiamo cominciato con le letterature che conoscevamo di più, vuoi per competenze, vuoi per affetti e soprattutto per i nostri dati biografici.

Le interviste di Via dei Serpenti: L’orma editore
La collana di punta della casa editrice si chiama Kreuzville, un nome insolito, ispirato da cosa?
Il nome è la crasi di Kreuzberg e Belleville, i due quartieri di Berlino e Parigi dove abbiamo vissuto. Sono due quartieri molto rappresentativi, vivaci, con una forte tradizione popolare. Sebbene i loro connotati più marcati siano stati diluiti dalle infiltrazioni borghesi, hanno comunque conservato un’anima, una forte identità di culture diverse. Kreuzberg è un quartiere della seconda metà del Novecento, della Berlino post-muro. Adesso è diventato un quartiere di frontiera, un crogiolo di persone provenienti da tutto il mondo. Belleville ha una storia di stratificazioni culturali straordinarie. Quartiere operaio da cui è partita la rivoluzione del 1871, aveva una forte connotazione ebraica cui si è aggiunta quella musulmana e oggi è una delle Chinatown di Parigi. La collana rispecchia quindi queste due realtà, attraverso autori tedeschi e francesi che hanno in comune l’espressione del proprio tempo. Sono appena usciti Prima di scomparire il primo romanzo tradotto in Italia del francese Xabi Molia e Notizie dal migliore dei mondi del tedesco Günter Wallraff. Sono due libri molto diversi che esprimono quell’idea di convivenza culturale, di diversità del mondo, verso cui andiamo. Wallraff, grande giornalista tedesco, utilizza un metodo molto particolare di indagine, si traveste da emigrato, da clochard per raccontare dal di dentro, sulla propria pelle, quello che vede e vive. Kreuzville è il tentativo di narrare la nuova Europa attraverso la strumentazione indiretta, composita e, a volte, complessa della letteratura. La nostra idea di letteratura è dichiarata fin dal segnalibro all’interno dei nostri libri riportando una frase ispirata a un concetto di T.S. Eliot: «Quando esprime se stesso uno scrittore esprime sempre il proprio tempo».

Il vostro progetto editoriale si pone l’obiettivo, senz’altro ambizioso, di pubblicare quarantacinque titoli l’anno. Come si articola il progetto e come si concilia con l’annoso dibattito sulla “decrescita felice” dell’editoria italiana?
In realtà pensiamo di farne circa una trentina. Non sappiamo se si pubblica troppo o troppo poco. L’idea che ci siano troppi libri può essere un’impressione. Se si guarda alla cifra complessiva di sessantamila libri senz’altro sono molti, però in Italia ci sono anche sessanta milioni di persone e un libro pubblicato per ogni cento abitanti è anche la media europea. Inoltre c’è una parcellizzazione possibile, dipende da cosa si vuole pubblicare, dove si vuole arrivare. Si può avere un’identità molto specifica, c’è posto per tutti.
A fine novembre è arrivata in libreria la nuova collana I Pacchetti, con formato molto piccolo, da cartolina con il retro da affrancare. All’interno

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troviamo lettere, comunque contenuti a carattere epistolare, con testi non legati alla narrativa. L’idea è quella di fornire un’immagine il più possibile iconoclasta rispetto allo stereotipo che si ha dell’autore. Ad esempio Nietzsche, famoso per frasi come “Io sono dinamite”, si dimostra un tenero e goffo amante; di Leopardi, di cui abbiamo la vulgata scolastica di un uomo triste, gobbo e infelice, facciamo leggere le sue lettere sulla felicità, o meglio sulla sua idea di felicità che passa attraverso l’infelicità. Nel caso di Leopardi perseverare nella diffusione di un’idea banalizzata in cui l’autore stesso si perde significa abdicare al pensiero, all’interpretazione, significa non esprimere alcuna idea. Preferiamo farci spiegare la felicità da Leopardi che non da Coelho. Nel pacchetto di Leopardi vogliamo scardinare la coincidenza dell’esperienza biografica con la sua idea del mondo, intercettiamo il suo desiderio fremente ed eroico di un’altra vita in cui si intravede un’aspirazione altra, molto differente, che è un’aspirazione alla felicità e una riflessione sul vivere. Leopardi è un uomo infelice ma anche molto attento all’infelicità degli altri, è splendido con la sorella, il fratello, con gli amici Giordani e Ranieri. Leopardi è un grande consolatore.
Una terza collana in programma si chiama Le Omnie e il primo autore di cui pubblicheremo l’opera completa è E.T.A. Hoffmann e durerà cinque anni con dieci volumi. Abbiamo affidato il progetto a Matteo Galli, germanista insigne all’Università di Ferrara. L’idea è quella di pubblicare i classici in modo completo con apparati critici innovativi, qualcosa che sta a metà tra il Meridiano e  l’Oscar.

Lavorare oggi nell’editoria risulta sempre più difficoltoso e oneroso. Quello dell’editoria è il settore meno regolamentato e tutelato dal punto di vista di chi vorrebbe farne parte. La vostra casa editrice come è organizzata, quante persone vi lavorano?Per la scarsa regolamentazione del settore probabilmente ci sono due motivi: il basso livello retributivo e l’eccessiva offerta. Da noi lavorano Elena Vozzi, colonna portante dell’Orma, Chiara Di Domenico all’ufficio stampa e Matteo Anastasio in redazione, che verrà affiancato da uno stagista. Abbiamo messo un annuncio al quale hanno risposto oltre mille persone. Scegliere è stato veramente difficile e oneroso perché si sono presentati giovani molto bravi, competenti, appassionati. Constatare questo in poche settimane è stato confortante e demoralizzante al tempo stesso. La straordinaria offerta di competenze è una risorsa pregiata da non sottovalutare, ma il mondo dell’editoria non è in grado di assorbire tali competenze, lasciate il più delle volte inutilizzate, non valorizzate e soprattutto non retribuite. Noi, per quanto reso possibile dalle nostre “piccole” dimensioni, cerchiamo di offrire stage con rimborso spese e lo consideriamo un momento importante per apprendere e mettere in gioco le proprie capacità. Una preselezione avviene sui corsi da cui provengono gli stagisti, noi preferiamo quelli che conosciamo, soprattutto master universitari, che riteniamo i migliori dal punto di vista formativo.

Guardando le copertine dei libri disponibili, così come il logo della casa editrice, colpisce la loro unicità e particolarità, la scelta del colore, la distribuzione delle immagini nello spazio. È evidente come anche il progetto grafico, oltre a quello editoriale, sia tenuto in grande considerazione. Quali sono le idee che ispirano la grafica della casa editrice?
La grafica è affidata ad Antonio Almeida e corrisponde all’ispirazione della casa editrice che vuole essere ancorata a una tradizione editoriale ed essere al contempo innovativa. Gli “occhi” del logo sono di Humbert De Superville, filosofo della grafica ottocentesco cui avevamo già rubato un’immagine per le collane di Sguardomobile. Nella collana Kreuzville abbiamo cercato la novità, con un’immagine frammentata che si ricompone tra la prima e la quarta di copertina solo affiancando due copie dello stesso libro. La grafica dei Pacchetti è di Maurizio Ceccato (Ifix) con il quale abbiamo sviluppato un’ottima collaborazione creativa.

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La vostra formazione è quella di traduttori, un mestiere sempre poco apprezzato e valorizzato in Italia. Se e quanto tale formazione ha influenzato la vostra scelta di diventare editori? Come si fa a garantire al lettore una traduzione “leale”, cioè un testo che riproduca i toni e lo stile della lingua originari.
Non c’è dubbio che la nostra formazione di traduttori ci abbia particolarmente influenzati, avendo studiato e insegnato a lungo teoria della traduzione. Tra i principali teorici della materia pensiamo a Henri Meschonnic ed Eugene Nida.bTradurre non è come scrivere una poesia, ovvero qualcosa di legato all’ispirazione e all’inclinazione d’animo, puntuale e non legato all’esercizio. Tradurre è un mestiere di disciplina e di teoria, che richiede una grande attenzione alla lingua di approdo. Chiunque traduca deve rileggere il suo lavoro chiedendosi: “Parlerei così nella mia lingua?” Perché è importante la lingua d’arrivo, la lingua in cui si traduce. Ed è l’esercizio continuo, costante, instancabile a far migliorare la capacità di tradurre. È come suonare uno strumento dove il pianista, l’interprete, è più importante del compositore. Ci sono naturalmente due tipi di traduzione, quella che vuol essere il più fedele possibile all’impianto linguistico e di significato della lingua di origine, e quella che invece non ha paura di affrontare un corpo a corpo anche serrato con l’originale e di trasportarlo nelle modulazioni, nelle strutture e negli usi della lingua di approdo. Noi tendiamo verso la seconda versione, ma senza apriori dogmatici. Una buona pratica deve avere alle spalle una buona teoria, vedere le due cose come contrapposte è un atteggiamento anticulturale e poco libero.

Si è conclusa da poco l’undicesima edizione di Più libri, più liberi, un altro debutto per L’orma. Dopo la sorpresa, l’entusiasmo

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e la stanchezza, quali riflessioni si possono fare su iniziative di questo genere?
Sono senz’altro utilissime in generale e per noi in particolare. Ci siamo sentiti tra i protagonisti della fiera con Wallraff e I Pacchetti, abbiamo rilasciato numerose interviste, insomma è stato un successo e non possiamo che essere soddisfatti. Al di là dei risultati positivi di promozione e di vendita, queste iniziative sono occasioni preziose per fare rete, per incontrare vecchi e nuovi editori, per creare nuove opportunità. Da sottolineare, inoltre, la novità di quest’anno di Più libri, più liberi che con i numerosi incontri organizzati in vari luoghi della città ha consentito anche ai librai di partecipare.


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