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Le interviste in rivista: Italo Bonera

Creato il 12 gennaio 2015 da Visionnaire @escrivere

ItaloBoneraIn occasione dell’uscita di Natale di È magazine abbiamo avuto il piacere di intervistare Italo Bonera: vincitore del premio Fredric Brown per racconti brevi indetto da Delos Books con American Dream, finalista al premio Urania 2006 insieme a Paolo Frusca con il romanzo Ph0xGen! e autore Mondadori (Un impero per l’inferno per la collana Millemondi Urania).
Io non sono come voi, romanzo che ha pubblicato con Gargoyle books e che abbiamo recensito QUI, si è qualificato tra i cinque finalisti del premio Urania (Mondadori) assegnato nel luglio 2012.

Ecco le domande che gli abbiamo posto e le risposte dell’autore:

1) Il tuo “Io non sono come voi”, un noir dai tratti cupi e dalla forte denuncia sociale, è uscito nel 2013 ed è risultato finalista del premio Urania del 2012. Leggevo che l’idea ti è venuta da un episodio di cronaca di cui sei venuto a conoscenza. Ci vuoi parlare dell’avvenimento e di come è nato poi il progetto del libro? 

Italo Bonera: Innanzi tutto, vorrei ringraziarti per l’ospitalità e per l’occasione di parlare del mio romanzo. Tornando alla tua domanda, a quel tempo un quotidiano aveva dato conto in un della fuga rocambolesca e improbabile d’un ergastolano. Sembrava che l’uomo si fosse finto in stato catalettico per un mese, o forse più; poi, approfittando di una sosta durante un trasporto in ambulanza, si era “risvegliato” per sopraffare le guardie e fuggire. In seguito è stato riacciuffato, e non ho mai scoperto se la finzione del coma fosse reale o un’esagerazione giornalistica. Vera o falsa, la storia mi aveva colpito, così mi ero trovato a immaginare come si poteva sentire quest’uomo, mentre recitava la parte del vegetale, guardando il soffitto, pensando al passato, resistendo,
sopportando l’alimentazione obbligata e l’immobilità, con una forza di volontà assoluta. Così ho iniziato a scriverne. La prima parola
è stata “Vegeto”. È diventata l’incipit del romanzo.

2) Hai scelto di ambientare il romanzo in un futuro molto prossimo (2059), come mai? Questa scelta è dettata dalla voglia di
esasperare una situazione economica-politica italiana già abbastanza precaria?

Italo B.: Mi è molto difficile immaginare un futuro lontano. Il XX secolo ha visto un irripetibile progresso scientifico, con ricadute concrete su tutti; ha visto la grande suggestione delle utopie; ha visto la minaccia incombente dell’olocausto nucleare. Si guardava con speranza e timore all’anno 2000, si immaginavano l’espansione della razza umana nello spazio, i robot domestici in ogni casa, l’energia pulita e inesauribile, l’affrancamento dal lavoro, il benessere planetario, i “cervelli elettronici” onnipotenti. Oppure, a contrasto, si temeva il regresso alla barbarie del dopobomba. C’era, insomma, molto da immaginare. Oggi, guardando avanti, si vede un piatto grigiore. Al “progresso” abbiamo sostituito lo “sviluppo”: dove questo ci porterà tra uno o dieci secoli (a parte l’autodistruzione), chi è in grado di immaginarlo? Ho preferito restare nelle vicinanze, esasperando le tendenze della contemporaneità, narrando un futuro che è riflesso palese dell’oggi, senza inventare molto di nuovo. Per esempio, le carceri privatizzate in Italia sono sconosciute, ma altrove sono regola. Ho estremizzato il presente e ho mostrato un paese che non vorrei.

3) Nel tuo romanzo i temi di denuncia sociale sono molteplici, ma ciò che stupisce è il modo sottile con cui inviti il lettore a riflettere: il telegiornali diventano NewsShow, la politica si evolve in Totaldemocrazia e i reati di immigrazione e sovversione sono puniti con più severità di quelli di omicidio e violenza. Quanto credi che sia effettivamente plausibile uno scenario di questo tipo nel prossimo futuro?

I.B.: Già oggi l’oltraggio a pubblico ufficiale può essere punito fino a cinque anni di reclusione, e c’è chi rischia quasi dieci anni per aver danneggiato “cose”: fa riflettere. I telegiornali ridotti a show o le stazioni ferroviarie invase dalla pubblicità sono incubi già conosciuti, fanno parte del quotidiano al punto da essere trasparenti, accettati passivamente: li ho solo esasperati. Forse leggendone in un romanzo se ne acquisisce una diversa consapevolezza, non lo so. In realtà, io ero partito con l’intenzione di proporre una storia piana, pura evasione senza sottotesti. Non ci sono riuscito…

4) Leggendo il tuo libro ho notato che usi spesso il senso dell’olfatto per sottolineare il carattere di un luogo o di un personaggio: i cattivi puzzano di sudore o di rancido, i buoni profumano e alla fine nella stanza del protagonista si respira odore di zolfo… Si tratta di una scelta ponderata o è una cosa che ti viene spontanea?

I.B.: È una caratteristica che connota il protagonista. Sottolinea la sua volontà di farsi governare dagli istinti primordiali, lasciando
alle spalle, dopo la sua “trasformazione”, un passato da professore universitario un po’ scontento ma pacifico, che era destinato a diventare vittima dei mediocri – come infatti gli accade. Sceglie così di punire i suoi nemici con una rappresaglia sproporzionata
per puro soddisfacimento di una pulsione ancestrale: annientare il nemico.

In altre parole, va anche oltre l’idea di vendetta, che è già una reazione mediata dalla consapevolezza. Si paragona a un demone, a un rettile: “puro sistema limbico”.

5) Nell’universo di “Io sono come voi” la corruzione dilaga e il popolo italiano è descritto come una mandria di pecoroni che non ha voglia né tempo per andare controcorrente e combattere per i propri diritti. Quanto credi che sia effettivamente vero tutto questo? Gli italiani sono davvero un popolo che gira la testa dall’altra parte e fa finta di niente o c’è ancora qualche speranza per noi?

I.B.: Seguire il flusso della corrente è più facile che informarsi, analizzare, valutare, ed esercitare un pensiero critico. La mediocrità si accompagna alla tentazione del quieto vivere, quella che porta a girarsi dall’altra parte di fronte ai piccoli soprusi quotidiani, che magari diventano via via più grossi, finché si finisce per chiudere gli occhi anche davanti alle peggiori iniquità. Sono considerazioni che ho messo nel romanzo, e corrispondono al mio pensiero. Mi piace citare Pasolini, che definiva gli italiani “
un popolo storicamente incapace di dissentire”. Temo sia vero. Così ho descritto un mondo nel quale il cambiamento è mascherato da progresso, ne è il succedaneo privo di sostanza. Una società narcotizzata, abulica, incapace di produrre alcunché di originale, tanto che chi ricerca il bello, l’arte, deve rivolgersi a ciò che ci ha lasciato il XX secolo (nel cinema, nel
design, nella musica, nella fotografia…).

6) Sei passato dalla fantascienza al noir futuristico. Come mai questo cambiamento?

I.B.: “Ph0xGen!”, scritto insieme a Paolo Frusca, è un romanzo di “storia alternativa” (o ucronia), un sottogenere della fantascienza. Non è una “space opera”, non ci non alieni, robot, viaggi nel tempo: c’è molta speculazione storica, vista con occhio ironico. Ma in “Ph0xGen!” abbiamo raccontato anche di un segreto, di un’indagine, di un complotto… Di fatto, anche il nostro primo romanzo era un noir atipico. Pure “Io non sono come voi”, essendo ambientato nel futuro, è, tecnicamente, un romanzo di fantascienza.
Infatti, entrambi i romanzi sono stati finalisti al premio Urania. Etichettare un romanzo con un genere però è limitativo, soprattutto quando ci sono tante contaminazioni. E in ogni caso, un “genere” è inclusivo, non esclusivo. Di “Io non sono come voi” hanno detto che è thriller, fantascienza, noir, noir futuristico, crime novel, persino western atipico.

7) Hai nuovi progetti in cantiere? Quando potremo leggere un altro tuo romanzo?

I.B.: Ho un lavoro in corso che dura già da parecchio tempo, ed è ancora presto per dire quando arriverà a una stesura definitiva. Poi lo proporrò all’editore, e vedremo… Si tratta di una vicenda immaginaria, ambientata in un passato recente, con una protagonista molto particolare.

8) Siamo una community di aspiranti scrittori. Ci sono dei consigli che vorresti dare ai nostri utenti?

I.B.: Mi è difficile. Io scrivo in maniera molto disordinata. Parto da situazioni e personaggi che mi interessano e raccordo tutto con una narrazione. Mi capita di scrivere il finale prima dell’inizio, e le parti intermedie per ultime. Non ho un metodo.
Leggo molto (non mi sento “scrittore”, piuttosto un lettore che qualche volta scrive), e rubo a piene mani dagli autori veri. In coda a “Io non sono come voi” ho elencato le opere dalle quali ho attinto descrizioni, personaggi, frasi, situazioni, come se fossero tavolozze di oggetti da adattare, un ready made della scrittura.
Cerco di scrivere tutto quello che mi passa in mente, senza censure – poi elimino
le ridondanze.
Ascolto i consigli degli amici cui faccio leggere i miei pezzi.
Trovo molto utile accantonare un testo e rileggerlo dopo un mese o due di decantazione: saltano all’occhio imperfezioni, cacofonie, errori, incongruenze e oscenità.
Questo è ciò che faccio, non so se possono essere consigli, credo che ognuno debba costruirsi il proprio metodo.

9) Essendo una community di aspiranti scrittori vorremmo farti un paio di domande un po’ specifiche:
-Che percorso hai compiuto come scrittore per arrivare al premio Urania?
-Quanti manoscritti hai spedito, a chi e con che metodo? Hai partecipato a dei concorsi o hai mai pensato all’autopubblicazione o… insomma, come sei arrivato a essere uno “scrittore”?

I.B.: Partecipare al premio Urania è semplice, c’è un bando aperto a tutti, con alcuni parametri da rispettare. Se mi chiedete come si vince, beh, non lo so. Per me essere riuscito a pubblicare entrambi i romanzi è stata in ogni caso una vittoria.
Con “Io non sono come voi” ho cercato di spendere il prestigio di finalista, con una pubblicazione già alle spalle, per farmi notare dagli editori. Ne ho interpellati una cinquantina, e pochi hanno mostrato interesse: uno di questi era Gargoyle. Mi ritengo fortunato, perché soprattutto in questi anni è molto difficile riuscire a pubblicare con una casa editrice seria – e per seria intendo che non chieda contributi economici, che curi l’editing, che si avvalga di un buon ufficio stampa, che organizzi il lancio, che abbia una distribuzione diffusa, che ti sostenga.
L’autopubblicazione l’abbiamo considerata, Paolo e io, per un’antologia di racconti ambientati in un futuro distopico. In Italia i racconti sono poco appetibili, così, dopo aver verificato l’interesse da parte degli editori con cui eravamo in contatto, avevamo deciso di rilasciarli in ebook per conto nostro. A quel punto, un paio di editori, con nostra sorpresa, si sono offerti di valutarli. Uno ci ha chiesto un contributo per la “sistemazione del testo”, lasciandoci sorpresi: abbiamo declinato. L’editore “La Ponga”, invece, ha proposto un regolare contratto, e abbiamo accettato. Da alcuni giorni il libro è distribuito sia in cartaceo che
in e-book; si intitola “Cielo e ferro”.

Ringraziamo ancora Italo Bonera per essere stato così gentile e disponibile!


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