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Le letture della Fenice - RECENSIONE: In verità è meglio mentire
Creato il 15 novembre 2012 da LafeniceA volte tornano: dopo l'immenso successo della “Trilogia delle Gemme”, torna in Italia Kerstin Gier, in una nuova veste, quella romance, del tutto inedita. Un romanzo, sotto molti aspetti, serio e complicato, sotto altri irriverente e simpatico. Ecco a voi “In verità è meglio mentire”!
In verità è meglio mentire In Wahrheit wird viel mehr gelogen di Kerstin Gier pag. 217 12,90€ Corbaccio Giugno 2012
Quoziente intellettivo: 158, plurilaureata, brava musicista, una maga con i numeri, carina, un po' freak e.. vedova a nemmeno trent'anni: Carolin trova che la sua vita sia decisamente complicata e che la sua intelligenza rappresenti più che altro un impiccio nella ricerca della felicità. Ha abbandonato il fidanzato Leo per il padre di lui, Karl, uomo ben più affascinante e in grado di apprezzare le qualità di lei. Ma dopo cinque anni Karl nuore improvvisamente lasciandola in un mare di guai, primi fra tutti una favolosa eredità di cui Carolin non sospettava l'esistenza, ed un esercito di parenti infuriati che la rivendicano. Fra pessime psicoterapeute, farmacisti sospettosi ed avvocati minacciosi, Carolin cerca di superare il suo dolore, cavarsi fuori dai guai e, perchè no?, trovare l'uomo giusto per lei e a cui non importa se è troppo intelligente...
<< Nella vita, ci si incontra sempre due volte! >> Modo di dire stupido ma veritiero. E puoi ritenerti fortunato se non vai oltre la seconda.
Iniziai a leggere questo libro non appena uscì, all'inizio dell'estate di questo strano 2012 ormai concluso. Non posso certo parlare di amore a prima vista: dopo i primi capitoli lo abbandonai in un angolo remoto della libreria, con la promessa di una futura ri-lettura. Lo trovavo fin troppo lento, troppo serio e drammatico per un libro romance e alquanto noioso. Così, qualche giorno fa, lo riesumai dalla sezione “da leggere” della libreria e ripresi la lettura con risultati a dir poco incredibili: non soltanto, con un po' di fatica, lo ammetto, riuscì ad entrare nel vivo di questo libro ma, soprattutto, lo apprezzai, fino in fondo. È proprio il caso di dire “Nella vita ci si incontra sempre due volte”.. per fortuna! Cosa mi disturbava maggiormente di questo libro? Odiavo Carolin. La sua tristezza totalizzante, la sua malcelata inclinazione ad un atteggiamento di superiorità nei confronti del prossimo e, soprattutto, la decisione della autrice di maltrattarla in modo così crudele: perché una ragazza di nemmeno venticinque anni finisce per sposarsi con un uomo che ha il doppio dei suoi anni, scappa da tutto e da tutti e arriva vedova alla soglia dei trent'anni? Perché questa ragazza deve essere così strana, così diversa, così irritante? La comprensione è arrivata a distanza di tempo, come vi dicevo sopra, grazie ad un lungo periodo di distacco che mi ha permesso di comprendere sia Carolin sia la Gier in questa veste nuova e lontana anni luce da Red, Blue e Green. Carolin non è diversa, è sé stessa. Grazie a Karl, l'amore della sua vita, l'uomo che ha perso troppo presto, impara a non nascondere sé stessa e nemmeno i suoi talenti: li coltiva, li nutre, li sviluppa ma, soprattutto, li accetta. E trovo che questo sia un messaggio incredibilmente importante per tutte noi, spesso preoccupate del giudizio altrui, alla ricerca di una accettazione che rimane sempre al di fuori del nostro corpo, mai dentro, nell'anima. Brevissimo inciso – amo la concezione di amore presente in questo libro: quel sentimento che ci libera dalla paura di noi stessi, donandoci comprensione, forza e la consapevolezza di non essere soli - . Quando perde il suo punto di riferimento, il marito, si chiude in una dimensione di profonda oscurità e negatività che la porta a mettere in discussione ogni cosa: prima tra tutte, la sua sanità mentale. Soltanto quando imparerà ad uscire dal proprio guscio per vivere davvero, ogni domanda troverà la sua risposta, ogni problema svanirà lasciando spazio alla speranza. Altro punto forte di questo libro: la Gier. Questa straordinaria autrice non soltanto ci racconta la sofferenza ma la rende reale, palpabile, la regala al lettore che ne viene completamente investito, come fosse lui stesso il protagonista della storia, come fossero emozioni che si appresta a vivere in prima persona. É proprio questa, lo ammetto, la ragione che mi ha spinto a abbandonare inizialmente il libro: lo percepivo come troppo oscuro, disarmante nella sua pesantezza. In realtà è uno degli elementi che caratterizza, in modo preciso e puntuale, il realismo e le capacità narrative della Gier. “In verità è meglio mentire” rappresenta il cammino di una donna che, dopo aver perso la cosa che riteneva più importante, il suo amore, trova la forza di ritornare a vivere con una nuova – e spesso cinica – consapevolezza: la felicità è dietro l'angolo. Occorre soltanto fare lo sforzo di percorrere quei pochi metri che ci separano da questa.
Finalmente posso dire.. bellissimo!
Voto: 4 mele e mezzo
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