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“La custode di libri”, primo lavoro della francese Sophie Divry, racconta la storia di una bibliotecaria senza nome, una donna né troppo giovane né troppo vecchia, segnata dalle normali vicissitudini della vita e rifugiatasi nell'ordinato e culturalmente vivo mondo della letteratura. É una donna apparentemente distaccata quella ci racconta la Divry: rinchiusa nel suo seminterrato a catalogare, ordinare, sistemare i libri della sezione geografia, pare ormai essere irrimediabilmente lontana da quella che è la vita vera, fatta di alti e bassi, di gioia e di dolore, dell'elevata essenza dell'arte, e della bassa volgarità di divertimenti più comuni e diffusi, popolari ecco. La realtà, però, è ben differente: innamorata di una nuca e delle sue stesse credenze avverte, da una parte, la ristrettezza di un mondo che la imprigiona tra le quattro pareti del seminterrato entro il quale lavora (e pressoché vive), dall'altro, invece, sente il richiamo di un mondo, quello esterno, quasi troppo lontano per essere qualcosa che vada al di là di uno stupido sogno, ma dolce ed, al contempo, desiderabile in quanto portatore di una realtà probabilmente migliore di quella che sta vivendo.É un'esistenza piatta quella della bibliotecaria. Azzittisce il dolore del tradimento e della mancata realizzazione dei propri sogni attraverso l'ordine ed il rigore di scaffali pieni di tutto lo scibile umano. Ma il rovescio della medaglia è sempre lì, presente: dopotutto, davanti alla totalità della conoscenza, cosa siamo noi esseri umani se non piccoli e fragili animali, ignoranti, impossibilitati a progredire verso il “meglio”, in quanto schiavi della nostra corruttibilità e dei nostri limiti sia mentali che culturali?Ed allora lei decide di fuggire. Nascondersi per non essere osservata, celarsi allo sguardo altrui evitando il male ma finendo per evitare persino il bene (tutto è sempre collegato, no?). Ma non è un problema: il controllo c'è, la razionalità pure, e l'ordine, quello si che fa andare avanti il mondo..
E' un libro estremamente particolare quello della Divry, complesso nei suoi molteplici significati ma estremamente semplice per quanto riguarda la struttura vera e propria. L'autrice, infatti, ha scelto di raccontarci la storia di questa bibliotecaria disperata (anche se lei non ammetterà mai di esserlo) attraverso lo strumento del monologo. Attenzione però: non si tratta di una riflessione prettamente interna alla protagonista, quanto piuttosto un dialogo tra lei ed un interlocutore esterno, silente ma esistente al contempo. Questa scelta rende “la custode di libri” estremamente facile da leggere e veloce. La velocità è data, indubbiamente, anche dalla brevità stessa dello scritto (appena 64 pagine!). Ad una riflessione più accurata si comprende come una voce narrante di questo tipo (interna questo è sicuro, ma anche un tantino monotona in quanto priva di interventi esterni) non possa effettivamente reggere un vero e proprio romanzo: annoierebbe, questo è fuori discussione, ed il romanzo risulterebbe troppo pretenzioso e per nulla avvincente.
l'autrice
La velocità e la brevità di questo libro, quindi, sono funzionali alla storia stessa: arriva in modo diretto al lettore, lettore che riesce ad avvertire i moti che sconvolgono l'animo della protagonista, moti che non sono poi tanto lontani da quei sentimenti che un po' tutti noi proviamo ogni giorno. “La custode di libri” ci parla di solitudine, di amore maledetto, del dolore della perdita e della passione per la letteratura.Ho apprezzato anche la scelta di non dare un nome alla protagonista dello scritto stesso: un nome classifica, rende la moltitudine uno soltanto, specifico, svincolato dall'umanità intera. Il fatto che questa bibliotecaria non abbia nome, invece, la rende personaggio universalizzabile: tutti possiamo essere lei, chiusi in noi stessi, trincerati dietro una parvenza di forza e decisione ma sconvolti, nel profondo, da una solitudine che pare bruciare la nostra anima, condannandoci ad un rogo inesorabile e doloroso. La soluzione? Abbattere le barriere, calare la maschera, uscire dal proprio bozzo.La nostra bibliotecaria ce la farà? Mah, chi lo sa. Nel frattempo posso dirvi: questo libro è una vera e propria chicca.Voto: 4 mele