Se hai qualcosa da dire, dilla. Se poi ti tocca dirla urlando, si vede che ne valeva la pena.Da un po' di tempo volevo parlarvi di questo libro ma l'università, purtroppo, mi ha messo i bastoni tra le ruote.
Amo quegli scrittori che, attraverso le loro parole, riescono a toccare il cuore e l'anima di chi incontra i loro scritti. È l'abilità di rendere “universalmente percepibile” una situazione, piuttosto che uno stato d'animo o, più in generale, un tema.Credo che sia proprio questa la ragione che mi ha fatto apprezzare così tanto “la sfuriata di Bet” di Christian Frascella (qui potrete trovare l'intervista).Ammetto che, almeno inizialmente, c'era qualcosa di Bet che non riuscivo a comprendere.La vedevo come la classica spaccona, una che utilizza la propria aggressività per farsi “spazio” in un mondo che lei sola percepisce come contrario ed antagonista.Ammetto di essermi sbagliata, come poi ho compreso continuando nella lettura.Come Frascella ci illustra, l'aggressività di Bet nasce dal suo dolore: combattere contro gli altri quindi, diventa un modo alternativo per combattere contro sé stessa, un modo per azzittire la voce della colpa, un modo per impedire al dolore di manifestarsi ancora.La storia di Bet diventa quindi un modo per entrare in contatto con la colpa ed il perdono, con la rabbia e la disperazione, con le colpe del passato che, inevitabilmente, si ripercuotono sul presente.La storia di Bet è la storia di una ragazza che non si arrende, che per resistere al dolore decide di combattere.Una “ragazza forte” insomma: un vero e proprio esempio.
Voto: 3 mele e mezzo!
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