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Ho letto l'opera d'esordio di Giovanna Zucca, “Mani Calde”, con la voracità di chi ha bisogno di scoprire come la storia si conclude.
L'inizio è dei più tremendi: ha a che fare con un bambino, con la famiglia, con il coma e con la disperazione che soltanto l'incertezza può portare con sé. La disperazione di chi ha bisogno di credere in qualcosa, o forse soltanto in qualcuno.Magari qualcuno come il Dottor Bozzi. Quel freddo ed antipatico dottore che, grazie alla sua tenacia ed esperienza farà di tutto per salvare la vita del piccolo Davide. E, magari, concederà egli stesso una seconda opportunità alla vita, al calore che questa ci fa sperimentare.
È che, quando per troppo tempo, hai l'abitudine a percepire soltanto mani fredde sulla tua pelle, il contatto con il calore, con mani finalmente calde, può essere.. Spiazzante ed incredibile: è vita, finalmente.
“Mani Calde” non è una semplice storia ambientata in un ospedale. Non è soltanto un racconto scorrevole e ben scritto: l'ospedale è il mondo, noi siamo al contempo medici e pazienti. Salvarci significa salvare gli altri.
Prendiamo, ad esempio, i due personaggi principali, l'antipatico Dottor Bozzi ed il piccolo Davide. Ciò che balza immediatamente agli occhi è il fatto che, dopotutto, non vi siano tante differenze tra i due. Il piccolo Davide è costretto sul lettino di un ospedale, impossibilitato a giocare, muoversi, scherzare e parlare a causa di un macabro scherzo del destino. Davide è vivo, la sua anima è vigile proprio come la sua mente. Vede il mondo ma non riesce a toccarlo: assiste impotente alla vita che va in scena su quel piccolo palcoscenico che è la sua camera di ospedale. Il dottor Bozzi è più o meno nella medesima condizione. A separarlo dalla vita uno spesso strato di dolore, sfiducia, e paura, “corazza” che lo fa apparire come uomo scorbutico e per nulla aperto ai rapporti umani. Vive attraverso il proprio lavoro: una vita a metà insomma. Proprio come quella di Davide che se ne sta steso su un lettino.Aspettano entrambi qualcosa: la salvezza.Entrambi vogliono disperatamente tornare a vivere, anche se, per Bozzi, questo desiderio se ne sta nascosto da qualche parte tra il rancore e la paura di vivere e soffrire.
Parliamo di due personaggi fondamentali ma, probabilmente, stiamo parlando di uno soltanto. Parliamo di chi riesce a tornare alla vita, riappropriandosi delle proptrie emozioni, sia quelle più positive che quelle negative: chi, insomma, lascia che la propria anima si ricongiunga al presente di una vita finalmente vissuta.
Ed ecco che Bozzi è un personaggio “universalizzabile”. Talvolta sono io, magari anche voi che state leggendo. La Zucca racconta la nostra storia. E ci offre una via d'uscita dal nostro dolore: salvarci significa salvare gli altri.Splendido!
Voto: 5 mele
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