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Le lezione d’inglese

Creato il 08 maggio 2015 da Albertocapece

606x340_305495In fondo a questo post trovate la tabella con i risultati quasi definitivi delle elezioni britanniche con voti, percentuali e seggi: un insieme che è quasi un manifesto politico illuminante su molti aspetti della società contemporanea, sul ruolo svolto dal sistema elettorale , sul destino delle sinistre, sulla funzione mediatica assunta dai sondaggi e insomma sull’ intreccio di situazioni e condizioni che stanno accompagnando il declino della democrazia.

Dunque a sorpresa, cioè ribaltando i sondaggi che per l’ennesima volta si sono rivelati errati, il conservatore Cameron ha vinto costrigendo alle dimissioni il rivale Nilliband. Ha quasi la maggioranza assoluta con appena il 36% dei voti vale, il 24% del corpo elettorale e il 16% dei cittadini britannici. Dire che ha la maggioranza è ancor più sorprendente di quanto non dicano queste cifre non solo perché il numero dei seggi è aumentato rimanendo i voti gli stessi del 2010, ma anche costatando le sempre maggiori diseguaglianze, le espulsioni dalle città delle persone con basso reddito ormai non più in grado di pagare gli affitti e sottoposte all’avanzare delle speculazioni edilizie per ricchi, i tagli alla sanità e al welfare in generale, una realtà che si può sintetizzare con un rapido sguardo al sistema fiscale britannico che è solo formalmente progressivo. Lo è per il 27% del totale delle imposte, mentre per il resto si accanisce sui poveri:  così nel complesso il decimo più ricco paga il 35% del proprio reddito in tasse,mentre il decimo più povero paga il 43% , in gran parte a causa della natura regressiva di IVA e delle imposizioni locali sui servizi. Un recente sondaggio di opinione ha rivelato che il 96% vorrebbe un sistema più equilibrato, ma Cameron ha vinto, anche perché ad eccezione del partito scozzese, nessuno, nemmeno il Labour  ha preso seriamente le distanze da questo stato di cose. E nemmeno dagli elementi di restaurazione di sapore feudale da cui è investita la Gran Bretagna, dalle concessioni ai grandi proprietari terrieri, per finire alle incredibili riesumazioni medioevali nelle citta: ci sono ad esempio zone di Londra come Square Mills dove la rappresentanza locale non è più espressa dai cittadini attraverso le urne, ma da banche, società, aziende ognuna delle quali dispone di un certo numero di voti a seconda dell’importanza: insomma i padroni del vapore ormai nominano gli elettori.

Così veniamo alla prima lezione che si può ricavare dal voto inglese: la sinistra quando si limita a fare la destra compassionevole è destinata alla sconfitta e alla marginalità. Ormai è una constatazione for dummies visto che si sta regolarmente verificando ovunque, specie dopo l’avanzare della crisi. Ma in questo è caso è provato in maniera inequivocabile dal fatto che il partito scozzese ha letteralmente spazzato via i laburisti proprio in una delle loro aree di riferimento. Il nazionalismo separatista ha vinto? Per nulla: il fatto è che il partito scozzese è molto più a sinistra del Labour e lo ha di fatto sostituito. In un certo senso, come in Catalogna, la questione sociale appare come risolvibile solo attraverso una completa autonomia politica dai massacratori centrali.

La seconda cosa che questo voto ci insegna in modo evidente è che i sistemi elettorali maggioritari finiscono in tempi di crisi del consenso e di torsioni sociali per svolgere la medesima funzione del sistema degli stati generali in Francia prima della rivoluzione: il terzo stato che rappresentava la stragrande maggioranza della popolazione si ritrovava in minoranza rispetto agli altri due stati, nobiltà e clero. Certo adesso abbiamo una situazione più complessa con un feudalesimo aziendale che grazie al potere di cui dispone e alle sue prebende mediatiche raccoglie attorno a sé un certo numero di bravi , di clienti e di illusi, mentre il clero del potere tradizionale officia la santa messa dei valori. Quanto basta a una minoranza per essere costantemente maggioranza e impedire con ogni mezzo che se ne formi una nuova, quanto meno una realmente alternativa. I dati parlano chiaro: l’Ukip che ha preso il 12, 7% dei voti ha al momento un solo seggio, i verdi che hanno conquistato quasi il 4%  dei consensi si ritrovano anche loro con un solo rappresentante, mentre una frittura mista di partiti tradizionali con una base clientelare locale, con meno del 2,1% complessivo si porta a casa un bottino di 18 seggi tutti a servizio di sua maestà Statu Quo.  Non c’è dubbio che sistemi elettorali nati per consentire la stabilità imperiale, poi la governabilità dentro una società divisa tra due sostanziali visioni di se stessa, divengono qualcosa che ha poco a che fare con la rappresentanza, quando la desertificazione della politica e della idee lascia tutto in mano al gioco mediatico, alla seduzione e alla persuasione di individui ridotti allo stato atomico e incapaci di combinarsi in una qualche sostanza o qualche speranza.

In terzo luogo per la centesima volta assistiamo allo spettacolo di sondaggi clamorosamente sbagliati e sbagliati a favore di una parte perché il battage e l’allarme per una possibile mancanza di governabilità ha favorito alla fine gli schieramenti tradizionali e ha portato più conservatori tiepidi alle urne.  Le stesse cose che, mutatis, mutandis, abbiamo visto altrove e che ormai lasciano pochi dubbi sul fatto che la sondaggistica sia ormai  una parte della comunicazione, ma non più dell’informazione. Del resto è evidente che aziende private con precisi interessi, che lavorano per altre aziende private siano esse produttrici di detersivi o di notizie come i giornali, sono completamente parte del gioco politico che pretenderebbero di osservare da posizioni neutrali. Né sono danneggiate dagli errori visto che il loro mercato vero, sia in campo commerciale che politico, è costituito da ricerche di opinione che rimangono segrete. Quelle che vengono divulgate o devono compiacere il cliente o sono costruite in maniera da esprimere un’opinione o ancora fanno parte di una raffinata strategia di persuasione, quella sì, accuratamente studiata.

Ed ecco i risultati: il numero di voti e le percentuali sono quelli praticamente definitivi. Qualche incertezza regna ancora sulla distribuzione dei seggi.

National results

party seats gain loss net votes vote share (%) swing (points)

Conservative 325 36 10 26 11,162,349 36.9% 0.4

Labour 229 23 48 -25 9,239,868 30.5% 1.4

Scottish National Party 56 50 0 50 1,454,436 4.8% 3.1

Liberal Democrat 8 0 47 -47 2,359,342 7.8% -15.2

Democratic Unionist Party 8 1 1 0 184,260 0.6% 0.0

Sinn Fein 4 0 1 -1 176,232 0.6% -0.0

Plaid Cymru 3 0 0 0 181,704 0.6% 0.0

Social Democratic and Labour Party 3 0 0 0 99,809 0.3% -0.1

Ulster Unionist Party 2 2 0 2 114,935 0.4% N/A

UK Independence Party 1 0 1 -1 3,829,964 12.6% 9.6

Green 1 0 0 0 1,138,445 3.8% 2.8

Others 1 0 3 -3 286,072 0.9% N/A

Alliance 0 0 1 -1 61,556 0.2% 0.1

Independents for Bristol – – – – 204 0.0% N/A


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