Avvertenza: questa è una classifica parziale. Molto di parte. Del tutto particolare. Sarei molto poco credibile se facessi finta di aver visto tutti i film di/con/su musicisti prodotti in 108 anni di cinema. E sarei altrettanto poco realistica se pretendessi di avere uno sguardo neutro e puramente meritocratico sui pochi che ho visto.
So già che mi direte che mancano pietre miliari, che lì dovevano starci Bird, Walk the line...magari il film delle Spice Girls. Non vi preoccupate, potremo scannarci dopo. Intanto, ladies and gentlemen, ecco a voi la classifica dei miei-e-solo-miei migliori film che parlino di musicisti.
Enjoy the show!
1 - The Blues Brothers
Del 1980 – John Landis – USA – 133 minuti – con John Belushi, Dan Aykroyd, James Brown, Cab Calloway, Ray Charles, Aretha Franklin.
1978: John Belushi e Dan Aykroyd creano i personaggi dei fratelli Jake e Elwood Blues per alcuni sketch al Saturday Night Live. Già che ci sono, fondano anche una band omonima (la quale, nonostante dei cambi di line-up che farebbero impallidire gli Oasis, è ancora in piena attività).
1980: Aykroyd e John Landis, sulla base di quella serie di sketch, sviluppano una sceneggiatura e, con la regia di Landis, esce la commedia musicale The Blues Brothers. A supportare le gesta di Jake e Elwood, decisi a “rimettere insieme la band” per impedire la chiusura dell'orfanotrofio in cui sono cresciuti, una primissima scelta di mostri sacri della musica (James Brown, Ray Charles, Cab Calloway, Aretha Franklin, John Lee Hooker, solo per dirne qualcuno). Dopo qualche difficoltà iniziale con la critica americana, il film prende piede e diventa un cult assoluto in tutto il mondo, fino ad essere restaurato e riproposto in alta definizione nelle sale il 20 giugno 2012, nel centenario della Universal, nonché trentennale della morte di Belushi.2004: La BBC lancia un sondaggio per eleggere la migliore colonna sonora della storia del cinema. Indovinate chi ha vinto. Ma in fondo non c'è da stupirsi, con due erano nientemeno che in missione per conto di Dio.Nota: Il quotidiano L'Osservatore Romano, nel trentennale dell'uscita del film, ha definito The Blues Brothers “Un film memorabile, stando ai fatti cattolico”, dopo aver evidenziato dei dettagli – a dir suo – rivelatori. No, non sto scherzando.
2 - Almost Famous - Quasi FamosiDel 2000 – Cameron Crowe – USA – 122 minuti – con Patrick Fugit, Billy Crudup, Kate Hudson e Philip Seymour Hoffman.
William Miller, quindicenne appassionato di rock figlio di madre iperprotettiva che lo sogna avvocato, dopo un fortunoso incontro con il mito del gonzo journalism Lester Bangs (un sempre spettacolare Philip Seymour Hoffman), parte in tour con la band pseudo-ledzeppeliniana degli Stillwater e, tra groupies dal cuore tenero, frontman narcisi e mezzi di trasporto memorabili, scopre le più sublimi ebbrezze e i più freddi disincanti del dolceamaro mondo del rock.Nel più autobiografico dei suoi lavori (ha esordito lui stesso quindicenne su Rolling Stone), Crowe racconta il tramonto dell'epoca classica del rock and roll e l'alba di quegli anni Settanta trionfo degli eccessi e dello strapotere delle case discografiche. Un ritratto profondo e delicato di una stagione unica, vista con gli occhi di chi l'ha vissuta. Una pietra miliare per chiunque ami il rock and roll. La colonna sonora, ça va sans dire, non ve la toglierete più dalla testa.Da segnalare una semiesordiente Zooey Deschanel nella parte della sorella maggiore – e “istigatrice a delinquere” – di William, Anita.Nota: Piaciuto? Bene: andate a rispolverarvi Singles – L'amore è un gioco (Cameron Crowe, Usa, 1992), Matt Dillon e Bridget Fonda, tra amore e grunge, nella Seattle dei primi anni Novanta.
3 - AmadeusDel 1984 – Miloš Forman – USA – 160 minuti – con F. Murray Abraham, Tom Hulce, Elizabeth Berridge.
Basandosi sulla pièce omonima di Peter Shaffer, che accoglie la tesi dell'avvelenamento di Mozart da parte di Antonio Salieri, Forman mette in scena lo scontro tra il “terreno” (per non dire osceno) enfant prodige salisburghese e il “divino” e austero compositore veronese, in un crescendo di follia e furia vendicativa, accompagnato – ovviamente – dalle celeberrime composizioni mozartiane, inclusa l'ultima opera incompiuta, il Requiem, sulla cui nascita qui si opera qualche forzatura antistorica.Oscar a F. Murray Abraham nei panni di Salieri, ma anche Tom Hulce merita una menzione speciale per il suo Amadeus ritratto come una rockstar.Nota: Un film talmente bello da essere piaciuto anche a... i Simpson: un episodio della serie, infatti, è tutto costruito come una sua parodia, con Bart nei panni di Mozart e Lisa in quelli di Salieri. Vedere per credere.
4 - The DoorsDel 1991 – Oliver Stone – USA – 140 minuti – con Val Kilmer, Meg Ryan, Kyle MacLachlan.
Memorabile e imperfetto come tutti i film di Oliver Stone (il re dei biopic controversi), The Doors racconta la storia della band ma, soprattutto, quella del suo leader Jim Morrison, dall'infanzia alla precoce e misteriosa morte in una vasca da bagno di Parigi nel 1971.
Stone consacra Morrison come sciamano rock, dando un grande spazio alla sua fascinazione per gli indiani d'America e alla vena poetica. Luci e ombre della più pop delle leggende del rock, per scoprire cos'era il suo culto prima delle pseudocitazioni condivise dai tredicenni su Facebook.Nota: Non vi torna qualcosa nella colonna sonora? Avete ragione: alcuni brani non sono cantati da Morrison, ma reinterpretati da Val Kilmer.
5 - Ma quanto arrivano le ragazze? Del 2005 – Pupi Avati – Italia – 106 minuti – con Paolo Briguglia, Claudio Santamaria. Vittoria Puccini, Johnny Dorelli.
Umbria Jazz, metà anni Novanta. Gianca – bolognese, sassofonista, ricco, preparato – incontra Nick – bolognese pure lui, trombettista, povero, autodidatta. Ritornano a Bologna e cominciano a condividere tutto: passioni, ingaggi...e donne. Poi arriva il successo, e tutto cambia.Un film che è la summa di quello che è il cinema di Pupi Avati: Bologna, l'amicizia maschile messa in crisi da una donna, il passaggio problematico dalla giovinezza all'età adulta, ma soprattutto l'autobiografismo. Dietro a Gianca e Nick, infatti, si nasconde – trasfigurata e ripresa solo per sommi capi – la vicenda del giovane aspirante jazzista Avati alle prese con il senso di inadeguatezza nei confronti di una figura emergente della scena musicale bolognese dei suoi anni... un certo Lucio Dalla.Nota: Da non perdere Johnny Dorelli nei panni del padre di Gianca, personaggio malinconico, sempre in bilico tra la speranza e la sconfitta, che fa davvero la differenza nell'architettura complessiva del film.
6 - 8 MileDel 2002 – Curtis Hanson – USA – 105 minuti – con Eminem, Mekhi Phifer, Kim Basinger.
Ispirato alla vera storia di Eminem, il rapper bianco per eccellenza (che qui dimostra di saper recitare con la stessa disinvoltura con cui fa rime) 8 Mile è il film che ha portato l'hip hop all'Academy, dove lo Slim Shady di Detroit ha ricevuto il primo ed unico Oscar per la miglior canzone mai vinto da un pezzo rap. E adesso alzi la mano chi non si è mai sentito un temibile tipo da ghetto ascoltando l'intro – spettacolare – di Lose Yourself.Nota: Kim Basinger in versione white trash. Non penso sia il caso di aggiungere altro.
7 - La Leggenda del Pianista sull'Oceano
Del 1998 – Giuseppe Tornatore – Italia, USA – 165 minuti – con Tim Roth, Pruitt Taylor Vince, Melanie Thierry.
Dal monologo teatrale Novecento, di Alessandro Baricco, Tornatore trae un film su cui spesso si sente dibattere in merito alla sua statura di poetico capolavoro o irrealistica cavolata. Certo, l'esasperata purezza di alcuni dei personaggi può legittimamente scatenare standing ovation di sopracciglia, ma non si può negare che la vicenda del virtuoso pianista che passa l'intera vita su una nave abbia un suo fascino. Senza dubbio la colonna sonora di Ennio Morricone aiuta a creare l'atmosfera.Nota: Il piano vi è indigesto? Consolatevi con l'assolo di chitarra di Lost Boys Calling...suonato nientemeno che dal signor Eddy Van Halen.
8 - Velvet GoldmineDel 1999 – Todd Haynes – GB, USA – 123 minuti – con Jonathan Rhys Meyers, Ewan McGregor, Christian Bale, Toni Collette.
Una spilla verde, passando di mano in mano, collega Oscar Wilde con Arthur Stuart, giornalista newyorkese con origini britanniche incaricato di indagare sul presunto omicidio, risalente a dieci anni prima, di Brian Slade, un divo del glam rock palesemente costruito sul modello di David Bowie (che ha preso le distanze dal film a causa dei richiami ad una supposta omosessualità del personaggio).
Rispolverando le sue origini britanniche e il suo passato glam, Stuart riesce ad insinuarsi in quello che era stato l'ambiente di Slade, portando alla luce, tra le altre cose, la relazione di quest'ultimo con il musicista Curt Wild (interpretato da un Ewan McGregor che è un po' Lou Reed, un po' Mick Ronson e un po' Iggy Pop). Il glam rock come fenomeno culturale, in un film con una colonna sonora di cui non comincio neanche a parlarvi, che altrimenti non finisco più.Nota: I Placebo che reinterpretano 20th Century Boy dei T-Rex valgono già da soli l'intero film.
9 - Il concertoDel 2009 – Radu Mihăileanu – Russia, Francia – 120 minuti – con Aleksei Guskov, Mélanie Laurent, Dimitri Nazarov.
Unione Sovietica, Brežnev presidente. Andrei Filipov, direttore d'orchestra del Teatro Bol'šoj, viene licenziato nel bel mezzo di un concerto. La sua colpa: essersi rifiutato di espellere dall'orchestra i musicisti ebrei. Il riscatto arriva ventinove anni dopo, quando Andrei e compagni hanno l'occasione di eseguire di nuovo lo stesso concerto. Questa volta fino all'ultima nota.Dopo Train de vie, Mihăileanu torna a parlare di ebraicità contrastata, e lo fa ancora con il suo stile ironico e disarmante. Gli orrori della vita nei campi di lavoro, l'umiliazione sociale e la disgregazione familiare vengono scorrono sullo schermo mentre lo scontro con l'alterità viene trasfigurato nelle forme sfumate della rivalità artistica tra l'etnia ebraica e quella rom e nell'armoniosa dualità del Concerto per violino e orchestra di Tchaikowsky.
10 - QuartetDel 2012 – Dustin Hoffman – GB – 98 minuti – con Maggie Smith, Tom Courtenay, Michael Gambon.
Dustin Hoffman esordisce (settantacinquenne) alla regia con un film che parla di terza età (appunto). E di musica. O, per essere più precisi, di quello che succede quando gli ospiti di Beecham House, casa di riposo espressamente dedicata a musicisti di non primissimo pelo, si rendono conto che la struttura sta per essere chiusa. Pur di salvarla, tre di loro tenteranno di rimettere insieme il quartetto che ha dato loro la fama. E i problemi.Tratto dalla pièce teatrale omonima (1999) di Ronald Harwood, qui anche sceneggiatore, il film rientra appieno nella recente ondata di oldsploitation che pare aver investito il cinema, soprattutto europeo, degli ultimi anni: pellicole dolciamare in cui questioni drammatiche come il decadimento fisico e mentale, la difficoltà di stare al passo con la contemporaneità e l'esclusione sociale tipiche della vecchiaia vengono raccontate con ironia e partecipazione. In questo caso, una certa tendenza divistica e il temperamento artistico dei personaggi danno quel qualcosa in più che rende Quartet una delle migliori espressioni della corrente.Nota: Michael Gambon è da antologia. Anche Maggie Smith...ma quando mai non lo è?
Fateci sapere cosa ne pensate! Ci sono altri film musicali che vi vengono in mente?