LE LOCUSTE - Breve racconto su politica e dintorni

Da Ciro_pastore
LE LOCUSTE
Breve racconto su politica e dintorni
Capitolo I
David aveva sempre voluto essere cremato. Molti scelgono questa modalità di definitiva dipartita dal mondo terreno perché affascinati dall’immagine romantica di ceneri sparse al vento che ricongiungono polvere alla polvere. Altri, invece, sono affascinati dall’idea morbosa di essere anche dopo la morte sempre presenti nella vita di coloro che ci hanno amato, seppur rinchiusi in quelle orribili urne di peltro. Per David il motivo era molto più banale. Non voleva diventare da morto cibo per vermi.
Di vermi ne aveva conosciuti fin troppi nella sua non brevissima vita. Striscianti, bavosi, con ciglia vibratili necessarie alla locomozione. Invece, eccolo lì rinchiuso in quella orribile scatola di legno tirata a lucido. Non è la classica giornata da funerale, di quelle che i film americani e quelli italiani d’autore ci hanno propinato per decenni. Al posto della pioggia lenta, ma di sicura atmosfera, brilla un sole accecante che, almeno per questa volta, giustifica gli occhiali scuri, sempre di ordinanza ai funerali. C’è pochissima gente che conosceva, ma tanti altri che sono qui non per lui ma per quello che era diventato: un fenomeno mediatico, prima che criminale. Ci sono molte donne, e non solo quelle che avevano incrociato i loro giorni con il defunto. Il caso mediatico aveva, come sempre, creato un mito attorno a David. Molte donne sono sempre attratte dall’orrore, anzi ne subiscono il fascino. Nel caso di David Monteristo, poi, ci sono tutti gli elementi per la morbosa curiosità delle ammiratrici. Naturalmente, non mancano le inevitabili troupe televisive, i fotoreporter senza scrupoli, gli scribacchini al soldo di giornali di gossip e i numerosi curiosi, attratti dall’evento. E’ come quando accade un incidente in autostrada nella corsia di marcia opposta, si crea immediatamente una lunghissima fila anche in quell’altra corsia. Gli automobilisti morbosi rallentano per gustarsi lo spettacolo della morte in diretta. Nessuno resiste al sadico piacere di una razione di sangue a costo zero. Tranquilli padri di famiglia, morigerati attivisti cattolici, attempate madri con figli al seguito, giovani con la musica rock a tutto volume: nessuno resiste al richiamo di tanatos. La morte in diretta, la chiamano.
Al funerale di David Monteristo non ci sono parenti piangenti, nè parenti in cordoglio. Quei pochi familiari che ne avrebbero avuto il diritto e la voglia, hanno pensato bene di tenersi lontani per non restare nella memoria collettiva legati, loro malgrado, ad una persona che non tanto presto sarà dimenticata.
Troppo ghiotta la storia di David per non essere data in pasto con ferocia al pubblico televisivo. Talk show, telegiornali, trasmissioni di intrattenimento hanno riempito ore ed ore di programma con le vicende di David. Psicologi, psichiatri, sociologi e perfino teologi si sono affannati a dare spiegazioni, a suggerire ipotesi. Frotte di cronisti hanno scavato nella sua vita e in quella di chi lo ha conosciuto negli anni. Niente è stato risparmiato, ogni cosa è stata indagata, scandagliata, sviscerata. Vespa ha perfino preparato il suo classico plastico dello studio di David e della sua casa. Le sue vittime sono state cercate anche da “CHI L’HA VISTO”,  ma quando ancora non si sapeva che fosse stato David la causa efficiente della loro sparizione. Dotte dissertazioni accademiche, lunghi sproloqui insensati, analisi dietrologiche, perfino esperti di servizi segreti che intravedevano nel caso un complotto di un qualche Stato-canaglia per destabilizzare le povere democrazie occidentali e gettare fango sul nostro consesso civile. Tutti, nessuno escluso, però, concordavano sulla definizione SERIAL KILLER. E pensare che David in vita amava pensare di se stesso come di un SERIAL LOVER.
Tra quelle donne c'era anche Nanni. Bionda, avvolta da un impermeabile nero, occhialoni scurissimi. Eppure Nanni è una di quelle donne che proprio non ci si aspettava al funerale di David. Una storia lunga e tormentata la loro, finita con un odio reciproco.
Anni prima, durante un piovoso pomeriggio di febbraio, mentre ero al bar a prendere un caffé, all'improvviso, una voce alle mie spalle: “Ciao David, come stai?”. Mi pare di riconoscerla.Anzi, ne sono sicuro è lei Nanni, una mia vecchia collega. Strano che mi abbia salutato, sono anni che ci incrociamo di sfuggita, di tanto in tanto, ma il suo saluto ha sempre un tono freddo. È vero che tanti anni prima c’era stato un tentativo d’approccio da parte sua ma non ne era nato nulla. Troppo disinteressato ad una donna magra e spigolosa caratterialmente.
“Ho saputo che lavori per Cercolese, posso venire a trovarti?” aggiunge subito, ancor prima che io possa rispondere al saluto. Ecco spiegato il motivo di tanta gentilezza nelle sue parole. Chissà cosa vorrà chiedermi, o meglio, cosa vorrà mai chiedere a lui. Somma è un politico rampante, uno di quelli che, con scaltrezza e poco pelo sullo stomaco, si è costruito una posizione molto forte. E si sa, si rispetta sempre il cane per il padrone. A queste cose mi ci sono abituato rapidamente.
“Ma sì, vieni quando vuoi, mi fa piacere” rispondo io con distacco ma con gentilezza, mentre finisco di sorseggiare il mio caffé. Nel frattempo sto già cercando di prospettarmi la sua strategia. Lei come sempre era entrata nel bar accompagnato da uno dei suoi fedeli cuccioli ben addestrati a scodinzolare al suo fianco. Uno dei tanti che negli anni avevano formato una corte di nani e cicisbei che ruotavano silenziosamente ai suoi ordini. Come sempre vestita di tutto punto, occhiali da sole d’ordinanza, fare disinvolto, sguardo seduttivo e sfidante. Mi guardava di sottecchi, mentre fingeva di parlare con il terrier ammaestrato.
Prima di andar via mi fa:”Che numero hai? Ti posso chiamare per prendere un appuntamento preciso?”. “Questa è proprio una figlia di puttana” penso tra me e me. Ma accetto la sfida, mi sono sempre piaciute le sfide. Conosco molto di lei, molto altro l’ho dedotto dal suo linguaggio del corpo. Tante relazioni stabili e non, quasi tutte nel recinto aziendale nel quale si muove a suo agio come un serpente si muove nella sterpaglia. Quello era il suo regno, lì tutto le era facile. D’altronde le prede erano di quelle facili. Nessuno che avesse mai vissuto in territori inesplorati, tutti cucciolotti ammansiti. Negli anni si era costruita un personaggio, una sorta di piccola icona, come una madonna con gli ex voto. Sempre ingioiellata, griffata, profumata. Per quelle mezze maniche con mogli ordinarie, un simulacro da violare.
Passa un solo giorno ed ecco che giunge puntuale la sua telefonata.”Sono Nanà, che ne dici se ci vediamo in quel bar, sì quello a due passi dal tuo ufficio, lì al centro direzionale?” Caspita, ma questa non scherza. Decido di stare al suo gioco, palesemente sporco. Scoprirò solo dopo qualche tempo il motivo vero, ma so per certo che la molla di tanto improvviso interesse non sono certamente io, o comunque non principalmente io. Ne ho conosciute tante di donne ed ho imparato a capire quando sono realmente coinvolte. In questo caso era solo opportunismo, bieco opportunismo. Ma visto che il gioco mi è chiaro fin dall’inizio, decido di giocare più sporco di lei. Parliamo per tanto tempo al telefono. Faccio lo spiritoso, avanzo qualche doppio senso un po’ marcato. Lei ride esageratamente alle mie scemenze, tipico di chi vuole ad ogni costo mostrarti disponibilità. Troppa disponibilità, per non essere sospetta. “Che ne dici di fare il viaggio di ritorno verso casa insieme? Ti va?” avanzo l’idea. E lei subito, senza nemmeno rifletterci un secondo:”Certo, mi farebbe piacere, sono tanti anni che non ci parliamo. Ricordi quella volta al pranzo di addio di quel collega che andava in pensione?”. È vero, me ne ero quasi scordato. Un’altra era geologica. Ero passata a prenderla sotto casa, il marito l’aveva accompagnata alla macchina. Il ricordo mi si fa chiaro: magrissima, quasi scheletrica. Capelli così ricci e scuri da farla sembrare un’altra persona. Era un’immagine oramai cancellata che ora riaffiorava con forza.
In treno parlo parlo, come al mio solito. Ma non smetto di osservare ogni sua piccola reazione. Sediamo l’uno di fronte all’altro. Faremo sempre così nei prossimi anni in cui per centinaia di volte si ripeterà questo rito. Il modo di muovere gli occhi è fondamentale nella sua strategia. In treno ha inforcato gli occhiali da vista che non la proteggono dal mio sguardo indagatore. Lei continua a ridere troppo fragorosamente alle mie battute, quasi volesse mostrarmi tutta la sua disponibilità. Sono un ottimo parlatore ma so bene che non c’è niente di così divertente in ciò che dico. Ma lei, intanto, ride, ride. Quasi volesse attirare l’attenzione degli altri viaggiatori. È una sensazione fortissima, sembra quasi che voglia dire:”Ecco, vi presento la mia nuova preda”.
Il viaggio è breve ma pare ancora più breve, tanto il clima è disteso, anzi invitante. Così invitante che restiamo fuori della stazione a chiacchierare ancora per un po’. Spettegoliamo sui colleghi, lei mi pare molto più informata di me. Sa tutto di tutti, troppi dettagli penso. Dettagli di prima mano, immagino. Ci lasciamo, a mala voglia lo confesso. Ma ci diamo appuntamento per il giorno dopo, non prima di recuperare il suo numero di telefono 333244….
È un pomeriggio di febbraio, c’è il sole ma il vento sferza il volto. La aspetto all’uscita della stazione della metro. Eccola, tutta fasciata in un cappottino blu, di quelli stile marinaretto. I suoi capelli biondi spiccano, da lontano potrebbe perfino sembrare bella. In fondo, bella non è. Non è alta, non è giovane, va per i cinquanta infatti, non è elegante nei movimenti. Veste bene, questo sì. Ed ha degli occhi di un verde smeraldo che a volte diventano irresistibili. Soprattutto, quando non sono nascosti dietro quegli occhialoni da sole griffati, rigorosamente scuri, scurissimi. Da perfetta seduttrice sa usare gli occhi per dire ciò che vuole e per aprire uno spiraglio in cui lasciar penetrare la vittima.
Le vado incontro. Ho già deciso cosa fare appena saremo a stretto contatto. Il suo sorriso mentre si avvicina mi convince ancor più sul mio intento. Senza dire una parola, le prendo la testa fra le mani e la bacio appassionatamente, come se fossimo vecchi amanti. Lei non mi pare affatto sorpresa, anzi. Tutto rientra nella sua strategia. Il ragno ha tessuto la sua tela e la preda non se ne è accorta.CAPITOLO SECONDO
“Chissà perché quando mi "devi" fare un regalo tiri fuori tutte ste' cose x litigare (ma io non ho mai preteso nulla e non voglio nulla da te) e poi vorresti fare pace. L'hai fatto a S. Anna, a S. Valentino all'anniversario o quando si avvicinano delle festività”. Sto rileggendo il testo di una delle ultime mail che Nanni mi ha inviato. Era marzo 2010, la nostra lunga storia volgeva al termine, in maniera burrascosa. Lei aveva già iniziato un’altra relazione ma teneva come sempre due piedi in una scarpa. Io a mia volta avevo sempre altre donne con cui integravo un rapporto ai limiti del sadismo. Proprio in quei giorni era entrata Paola nella mia vita, la segretaria di un politico di mezza tacca napoletano, Furnaro. Quelle parole erano, però, la conferma di quanto avevo sempre saputo. Monetizzare in qualsiasi modo una relazione era il suo obiettivo razionale. Con me l’obiettivo era trovare uno sponsor politico per sbloccare la sua carriera di piccola impiegatuccia. Ci aveva provato lungamente in quei tre anni, come nel marzo del 2007, quando mi chiedeva: “Perché non mi porti a conoscere il boss? Dicono che sia un uomo molto sensibile al fascino femminile, no?” mi dice Nanni, con quella sua voce stridula e garula. Mi aspettavo la domanda, ma fingo stupore. Ho imparato a gestire le mie reazioni vivendo a contatto con mentitori incalliti, perfetti giocatori di poker pronti a dissimulare qualsiasi emozione.
“Beh, sai è sempre pieno di impegni, figurati che faccio anticamera perfino io” le mollo sul muso aspettando di leggere la sua reazione stizzita in quegli occhi da cobra sempre pronto a mordere la preda. Dopo qualche secondo di attenta osservazione le lancio un’altro amo, per vedere se abbocca. “Però, potresti accompagnarmi ad un convegno, così dopo che lui avrà parlato ti presento e facciamo passare la cosa come un fatto improvvisato, poi a seconda della reazione ci regoliamo”. Un lampo di ammirazione passa nei suoi occhi, come se avesse voluto dirmi: ”Siamo fatti della stessa pasta, eh”. Non ci mette molto a rispondermi sì ed altrettanto faccio io darle un appuntamento preciso per quello stesso pomeriggio.
Cercolese è un uomo dalle poche idee, ma chiarissime. Un abile manipolatore di uomini dalle scarse qualità ma dagli indicibili appetiti. Una corte di nani e ballerine di provincia, politicanti di piccolissimo cabotaggio buoni solo come capibastone procacciatori di voti. Piccoli feudi familiari costruiti con fatica e tenuti in piedi con piccole, a volta insignificanti, facilitazioni. Dal posto in ospedale per la vecchia mamma ammalata, alla cancellazione di multe, per finire alla richiesta tipica: il posto di lavoro. Quello sicuro, quello da privilegiato, quello in cui fai poco o nulla, quello da aggiungere ad un altro più redditizio ma meno stabile. Insomma, o’ post di italica tipologia. E poi faccendieri, intrallazzatori, ragazze e signore disposte a tutto. Un mondo fatto di offerte più che di richieste. I politici importanti non devono chiedere, devono solo accettare le offerte.
Ho visto giovani ragazze avvenenti e floride che senza pudore si offrivano per una consulenza, una candidatura. Offerte palesi che trovavano sempre in un modo o nell’altro accoglimento. Scrivanie e salottini di rappresentanza, i luoghi dove consumare amplessi poco romantici ma ben remunerati. Sesso in cambio di una fetta di quel potere che attira più del danaro. Il potere di far cambiare vita, di garantire uno spazio prestigioso fra quelli che contano. Utile e facile scorciatoia per le arriviste. Una corte sorridente e supina al volere di un satrapo che benevolmente distribuisce favori e vantaggi, assicurandosi così ulteriore potere, in un perverso meccanismo che si autoalimenta del suo stesso marciume. Anime volontariamente perse, nella vana ricerca di un’identità o dell’agognato posto al sole. Gente disposta a tutto per far parte del banchetto, per raccogliere gli avanzi di un lauto pasto. Sedersi a quei tavoli ti eleva dalla moltitudine dei reietti, ti consegna al circolo ristretto di chi può. Per ottenere questo anche Nanni era disposta a tutto, e non ne faceva mistero. Aveva già provato negli anni a trovare un ascensore per il Paradiso, ma ogni volta la sua sete di monetizzare tutto l’aveva tradita.
Arriviamo al convegno, una di quelli di poco conto, organizzato in una scuola di paese. Sedie degli alunni per gli ospiti, cattedre come palco per gli oratori. Il Sindaco, impacciato alle prese con un italiano improbabile, gli assessori confusi e distratti dalla bolgia dei concittadini in processione alla statua del nuovo Santo Politico a cui votarsi. Uno vale l’altro per loro, ad ognuno sono disposti a consegnare il proprio voto, purché il santo di turno lo sappia far fruttare per il meglio. Come una banca svizzera il voto è in cassaforte, pronto però ad essere rapidamente ritirato al minimo accenno di calo di potere. Le voci corrono rapidamente, così come si possono costruire carriere fulminanti, si possono distruggere imperi apparentemente inattaccabili in poche settimane. L’elettore è diventato scaltro, non è più ostaggio di una riconoscenza illimitata. Come un abile scommettitore alle corse, punta sul cavallo vincente finché questo corre e vince anche per lui. Se malauguratamente si azzoppa, pietosamente lo abbattono senza alcun riguardo.
I cavalli lo sanno e per questo ottimizzano ogni mossa, ogni passo è calcolato, niente è lasciato al caso. Per far questo hanno bisogno di continuo foraggio, di risorse economiche ed umane destinate ad essere bruciate in un eterno falò che deve far risplendere alta e luminosa le sue fiamme. I vecchi democristiani praticavano il basso profilo, quasi asceticamente si schernivano dalle lusinghe della vita mondana. Pochi e ben mascherati vizi privati venivano facilmente coperti da numerose e sostanziose pubbliche virtù. Raramente qualcuno di loro rimaneva invischiato in qualche scandalo, quasi sempre legato alla corruzione economica, quasi mai a quella morale. Sì circolavano voci su presunte omosessualità ma tutto restava sullo sfondo della lotta politica. I nuovi no, questi avevano bisogno di mostrare in maniera evidente il loro potere. Donne e vite agiate alimentate dal potere a loro volta amplificano il potere stesso.
Nanni è al massimo del suo splendore, una situazione come quella la trasfigurava. È tanta la voglia di entrare in quel mondo che sembrava perfino bella. È tanta l’eccitazione che in macchina mentre raggiungevamo il convegno non ha potuto resistere e ci siamo dovuti appartare per un rapido scambio di effusioni sessuali, terminato come sempre con una reciproca masturbazione. Penetrarla sarebbe sempre stato un evento, un fatto da centellinare con cura e precisione.
Quando la presento a Cercolese, lei trattiene a stento l’emozione, la voce diventa più stridula del solito. Le mossettine e gli sguardi ammiccanti si susseguono con un ritmo convulso. Temo che stia per avere un orgasmo vaginale indotto dall’aria di potere che sta respirando. Un fenomenale afrodisiaco che la trasformano e ne potenziano le capacità deduttive. Lui, seppure abituato a queste reazioni, mima distacco professionale ma capisce che gli basterebbe fare un cenno per averla seduta stante. Non lo fa perché non ha ancora capito quanto conti lei per me. Una forma di rispetto per i miei servigi, non certo per una donna che non merita tanto.
Gli occhi di Nanni sono luminosi come quelli di una bambina davanti ai regali di Natale. Ad essere attenti si percepiscono gli afrori sessuali come quelli di una gatta in calore. Per questa volta sarò io a goderne i vantaggi: in macchina al ritorno bissiamo il trattamento dell’andata.
Il giorno dopo Cercolese mi chiede che ne dobbiamo fare ed io gli dico di non darsi troppo da fare, teniamola a bagnomaria, concludo. E così farò negli anni a seguire, troppo facile gestirla, nonostante la sua furbizia.
CAPITOLO TERZO
Gli uomini politici sono come la carta moschicida, attirano insetti di ogni genere, tutti desiderosi di spiaccicarsi su quel materiale colloso che li renderà incapaci di movimenti. David viveva dietro le quinte di quel palcoscenico unto e scivolo, fatto di intrighi, agguati, congiure e ribaltoni. Ogni giorno vedeva passare decine di dirigenti di aziende pubbliche con la voglia di mettere a disposizione il loro piccolo potere per ambire ad alti incarichi. A ruota seguivano piccoli politici locali che si genuflettevano al loro Signore come un satrapo all’Imperatore. Non mancavano frotte di medici incapaci in cerca di un immeritato primariato da scambiare con posti in corsia. E che dire di decine di giovani donne pronte ad immolarsi per una consulenza professionale, un incarico qualunque da inserire in curriculum penosi. Per tutti c’era un momento di ascolto, una parola di luce, una bieca speranza ad illuminare le loro giornate penose. Il Signore è assiso dietro la sua enorme scrivania ed ascolta fingendo di compenetrarsi del problema, dispensando sorrisi e parole di umana comprensione. Le richieste sono le più varie, alcune davvero irrealizzabili, ma a nessuno si fa notare la loro insensatezza. Anzi, maggiore è l’improponibilità dei desideri e maggiore è la magnanimità verbale che accompagna l’ascolto, quasi a voler garantire che i miracoli laici sono più frequenti di quelli religiosi. I tantissimi miracolati che affollano la corte del Signore, ne sono la prova evidente. David aveva misurato con precisione il tasso di sviluppo dei questuanti, questi erano direttamente proporzionali al numero di voti raccolti ad ogni tornata elettorale. Il potere si alimenta del suo stesso potere in ciclo virtuoso che assumeva connotazioni sempre più infernali. Gironi danteschi fatti dei peggiori vizi umani, ricoperti da vestiti griffati.
Il 9 maggio 2011 - sì proprio poche settimane fa - David riceve un sms da Nanni, dopo quasi un anno che non si sentivano.
– Ti ho molto amato e non ho mai finto a differenza di te che mi hai riempito di balle… Mi fidavo tanto di te. Sei un essere che non merita nulla. Spero che ti colpisca tutto il male del mondo. Tanto nessuno ti piangerebbe. – queste alcune frasi scritte con rabbia. Nei giorni precedenti si eravano incontrati per caso e lei lo aveva guardato, con sdegno, ma lo aveva guardato. David l’aveva provocata con sms indisponenti e lei aveva risposto, come sempre. Nei tre anni di frequentazione le loro schermaglie erano continue, centinaia di sms con frasi erotiche ma anche con insulti incredibili, dall’una e dall’altra parte. Ma dopo mesi di totale silenzio era interessante leggere parole ancora cariche di tanto strano livore.Sentite cosa scrive Nanni a David il 13 maggio 2011, ore 8:47 – Sì hai ragione mi devo vergognare, ma sai di cosa? Di aver amato uno squallido come te. Ti ho sempre parlato di tutto mi sono confidata e tu? Hai messo in mezzo tutta la mia famiglia. Che razza di uomo 6?.Certo frasi dure ma che lasciano intendere che David ha lasciato il segno. Molto meglio tutto quell’odio che le frasi finte che scriveva ai tempi d’oro. David conserva tutto per deformazione professionale. Ogni sms, ogni e-mail, ogni foto, ogni registrazione video o audio, può diventare un giorno un’assicurazione sulla vita. Lo fa nel lavoro e nella vita privata. Accumula documenti, raccoglie dati, informazioni. Tutto servirà prima o poi.
I suoi incontri clandestini, per esempio, si svolgono in squallidi alberghi a ore. Lì si consumavano i suoi incontri con Nanni e con tutte le altre che contemporaneamente popolavano la sua delirante vita. Posti dai nomi evocativi come MINI ALBERGO o SOUVENIR, in cui compiacenti tenutari non registravano le visite e dove lui acquisiva immagini da archiviare come scalpi da esibire. Anche in auto piccole telecamerine ben camuffate immortalavano eventi che nessuno avrebbe mai confermato ma che la dura legge della memorizzazione digitale salvava per l’eternità. Anche gli incontri professionali erano ben memorizzati e catalogati. Esistono smartphone che garantiscono registrazioni audio quasi professionali, anche tenendo l’apparecchio in tasca. Prodigi della tecnologia.
CAPITOLO QUARTO
Elezioni Regionali 2010: il momento della verifica. Cercolese, nonostante ostenti sicurezza, vive in costante fibrillazione. David lo segue in ogni suo spostamento elettorale, giornate convulse alla continua ricerca di contatti da trasformare in voti. Mille mani da stringere, tutti da trattare come vecchi amici ritrovati. – Caro amico mio – così li accoglie Cercolese. Sono tutti indifferentemente amici da abbracciare, baciare, distribuendo quel sorriso stampato che tanto piace a chi vuole far parte della squadra. David ha il compito di ricordare allo smemorato Cercolese nome e il ruolo di quei “cari amici” di cui lui, il politico, non ricorda proprio un bel niente. Un compito improbo ed ingrato, visto che sono migliaia quei desaparecidos dalla memoria selettiva del capo. D’altronde, David aveva acquisito una capacità spaventosa nel memorizzare luoghi, facce, nomi e discorsi ascoltati. Tutto finiva in un cassetto apposito della sua corteccia cerebrale, pronto ad essere riesumato all’occorrenza. Certo, era tenuto alla riservatezza assoluta, ma lui non dimenticava nulla. Organizzava, giorno dopo giorno, il suo personalissimo archivio, chissà prima o poi poteva tornare utile.Era tale la deformazione professionale che aveva preso ad archiviare anche ogni dettaglio della sua vita privata, in quegli anni così convulsa e frenetica che aveva preso a conservare tutto, con una precisione maniacale. Anche le sue donne erano finite per diventare come files di un archivio in cui venivano catalogate non solo per nome ma per professione. E sì, Anna l’impiegata, Carmen la farmacista, Lada la commerciante, Stefania la disoccupata, Maria Rosaria la ex suora…Di ognuna archiviava foto, sms, mail, registrazioni. Come un serial killer che produce un dossier delle proprie vittime. David si era lentamente trasformato in un serial lover. Amori seriali che dovevano servire a tenere viva la sua mente, amori senza altro scopo che acquisire, quasi depredare, le vite di quelle donne che inconsapevoli cedevano alle sue tecniche collaudate di seduzione. Per ognuna c’era un copione da rispettare, in una sorte di coazione a ripetere compulsiva. Erano tutte donne differenti per età, aspetto fisico, cultura. Tutte, però, dovevano avere una caratteristica fondamentale: essere femmine seducenti da ripagare con la loro stessa strategia. Sì, in fondo, David era animato da uno strano di rivalsa nei confronti delle donne che manipolano gli uomini. Le donne-cobra, come le chiamava lui. Quella donne tutte mossettine, tutte carine, tutte sistematine. Quelle che fingono per definizione, quelle che considerano i maschi un semplice bancomat senza limiti di prelievo. L’emblema, l’archetipo ed il prototipo di questa categoria era Nanni. Un vero totem della seduzione femminile finalizzata ad ottenere vantaggi, economici e non.
CAPITOLO QUINTO
- Mio figlio è gay. Nel bel mezzo di una crisi isterica, Nanni confessa con le lacrime agli occhi. Chiusi nell’auto di David, e in vena di confessioni, Nanni gli si butta al collo, cercando affetto in un raro momento di verità. David si chiede a cosa fosse dovuta tanta apertura. Non è da lei, pensa. Ma in fondo, uno squarcio di verità, in una vita improntata alla simulazione, è ammissibile. Forse, pensa David, sta cominciando a fidarsi di me o, più semplicemente, confidarmi un tale segreto è un modo sottile per conquistare la mia fiducia, conclude.
- Avevo sempre saputo che Fernando è un ragazzo sensibile, ma qualche anno fa la sua professoressa di italiano mi chiamò per parlarmi della sua omosessualità. Per me fu uno choc, dice Nanni tra le lacrime. David capisce che la sua disperazione è acuita non tanto dal dolore per la diversità del figlio, ma soprattutto dalla segreta convinzione che i suoi comportamenti da madre trasgressiva fossero tra le cause di una tale evoluzione del figlio.
- Nanni, ma oggi non è più un problema. Certo, capisco è figlio unico e come madre avresti preferito la cosiddetta normalità, ma insomma non è poi la fine del mondo – prova a confortarla David, mentre prende a baciarla appassionatamente e per la prima volta la sente sua. C’è sempre qualcosa di anomalo nei suoi comportamenti, l’equilibrio psicologico non è mai stato il suo pezzo forte. Una donna che ha attraversato fasi acute di nevrosi, e i segni si vedono sul suo stato mentale attuale, ma anche sul suo corpo. David aveva sviluppato un istinto particolare nell’individuare le donne affette da disagi psicologici: sono le sue prede preferite. In più una donna nevrotica è spesso una donna complessa, a volte complicata. E a David le complicazioni piacciono, anzi, le adora, le ricerca, le provoca.
Dopo la confessione, come sempre, si lasciano andare ad un rapido rapporto fatto di reciproche masturbazioni. Nanni è un’artista della masturbazione maschile. Ne conosce tutti i risvolti. David trova carino il suo vezzo di indossare più braccialetti che agitati freneticamente cominciano a tintinnare, fornendo un ritmico sottofondo al sali scendi della mano. Vuole sempre che l’eccitazione sia totale, sembra quasi che sia lei stessa a masturbarsi. Impugna il cazzo come fosse un’arma, una sorta di coltello con cui ammazzare il maschio. Non c’è erotismo nel suo modo di sbatterlo, sembra quasi si stia vendicando di un male subito, di un’aggressione infantile. A volte David si sente un oggetto nella sua mano, spesso Nanni proprio al culmine dell’orgasmo gli sussurra: - Bambino mio. Ma la cosa più sconvolgente per David è la sua abitudine di provvedere lei stessa a ripulirlo dello sperma che lei gode nel veder schizzare copiosamente. Enorme fu la sorpresa di David la prima volta che le ha visto prendere i fazzolettini e, con cura meticolosa e maniacale, assorbire accuratamente tutto il suo liquido seminale. Ma lo stupore divenne sconcerto, quando al loro prima incontro ravvicinato, conclusosi al solito modo, Nanni non solo provvide all’accurata pulizia ma infilò i fazzolettini impregnati di sperma nella sua borsa, asserendo che li avrebbe gettati lei stessa una volta a casa. David non potette fare a meno di pensare che fossero, nella sua mente distorta, come uno scalpo, magari accuratamente conservato in chissà quale angolo nascosto della sua linda casa.
David nel primo periodo di frequentazione con Nanni aveva un’altra relazione in corso. Come Nanni rappresentava benissimo l’Ombra conturbante del disagio psichico, così Carmen, la farmacista, era invece il prototipo del sesso gioioso e giocoso. Non esistevano limiti alla sua sete insaziabile di sesso. Ogni luogo era opportuno, ogni situazione propizia. Mentre Nanni si concedeva solo in auto e sempre nello stesso luogo – lo spazio antistante il cimitero di Portici – Carmen aveva continuamente fantasie sessuali. E poi aveva una particolare predilezione per mettere insieme cibo e sesso, cosa che faceva eccitare David. I loro incontri pomeridiani in albergo erano maratone a base di cibo e sesso. Conosceva bene la fisiologia dei tempi di latenza maschile e riempiva i vuoti con enormi dosi di cioccolata ed altre schifezze. Era ingorda in tutto. Il sesso con lei era un’esperienza disarmante e svuotante. A volte capitava di incontrarsi di mattina, perché lei doveva fare il turno pomeridiano in farmacia, e al pomeriggio Nanni istintivamente si accorgeva di uno scarso effluvio di liquido seminale che David era costretto a giustificare con lo stress delle giornate lavorative.
Per un periodo Carmen accettò un incarico estivo a Santa Maria di Castellabate. David la raggiungeva in treno ad Agropoli, dove i suoi avevano un appartamentino per le vacanze. Quella divenne la loro alcova. David non doveva trovare giustificazioni per la sua assenza con Nanni. Proprio in quel periodo lei andava in vacanza in posti esotici, tipo Sharm o Maldive, con il marito a spese di qualche suo estemporaneo foraggiatore. Lei fingeva di esser lì in vacanza ad annoiarsi e David fingeva di esser geloso per la sua assenza.
CAPITOLO SESTOPAOLA E NANNI
David negli anni aveva approfondito i suoi studi personalissimi in psicoanalisi. Sia con Nanni che con Cercolese la sua era una relazione di tipo analitico. Transfert e controtransfert regolavano i loro rapporti. Cercolese, in fondo, come tutti i politici di rango amava il potere in quanto tale. Il potere si alimenta di se stesso, in un circolo vizioso autoreferenziale. Potere produce potere, questo lui lo sapeva benissimo. Sono gli stessi clientes ad innalzare il potente di turno al suo rango di Signore. Una particolare versione dell’attrazione fatale per il potere è quella che alcune donne locuste provano per il potente. La potenza del potere affascina le locuste perché, a differenza del potere economico, il potere politico consente di ottenere cose che anche con i soldi è difficile raggiungere. Il potere politico è un meta strumento, è come il coltello dell'esercito svizzero, un utile strumento multifunzione. È un piccolo coltello dalla lama ripiegabile dotato di molti altri attrezzi, che possono comprendere: stuzzicadenti, forbici, pinzette, apribottiglie, e giravite. Tutti gli attrezzi sono ripiegati all'interno del manico e vengono estratti per l'uso. Il potere politico è capace di lusingare, di obnubilare, di sedurre, di ridurre le coscienze, di cancellare ogni moralità.David stesso ne era stato affascinato, ma dopo averlo conosciuto, aveva capito che bisogna combatterlo, dall’interno e con le sue stesse armi. Il potere non si distrugge con una bufera rivoluzionaria, si rende inoffensivo minandone le sue stesse fondamenta. Ridicolizzare chi detiene il potere era l’arma usata da David. Lo faceva con tutti e questo gli aveva lentamente procurato odi, rancori e, presto o tardi, anche qualche vendetta lo avrebbe raggiunto. Ma, intanto, lui avanzava imperterrito forte della sua capacità di uomo sagace e corrivo. Queste erano i suoi punti forte. Quelli che gli consentivano di essere mal sopportato ma troppo utile per essere allontanato.
Nella tarda primavera del 2010, nella sua vita entrò Paola. Una quarantenne dal fisico statuario ma dalla mente labile, ai limiti del collasso psicologico. Per anni sotto psicofarmaci, tentava disperatamente di uscire. Ma per David questo era un motivo ulteriore di attrazione. Isteriche, ansio e depresse erano la sua specialità. Donne complesse, spesso complicate. Con vite ingarbugliate, un passato da dimenticare e un futuro spesso tutto da costruire.
Paola, separata da un marito molto più grande di lei, medico e con gravi problemi di erezione. I due non avevano figli naturali e avevano combattuto per avere in adozione una coppia di sorelle gemelle, figlie di una donna con gravi problemi economici e mentali. Certo, la situazione in cui erano state paracadutate non era delle migliori, ma almeno nella nuova famiglia stile Mulino Bianco, non avrebbero mai più sofferto la fame. L’agiatezza borghese di quella famiglia faceva a cazzotti con lo strano equilibrio psicologico che vi regnava. Paola era una donna che dopo anni di vita matrimoniale molto severa e contrita, si era aperta al mondo. Per lavoro frequentava i politici e non tardò a finire distesa sulla scrivania di piccolo ras, tale Crescenzoni.
Le sue modalità sessuali avevano presto incuriosito David. Si conoscevano da ragazzini, poi si erano persi di vista per decenni. David aveva avuto un cotta adolescenziale per lei. Ma essere coetanei non gli aveva giovato. Lei era sempre stata attratta dagli uomini molto più grandi di lei, in una logica da complesso di Elettra. Si erano ritrovati grazie a Facebook e per David non era stato difficile insinuarsi nella sua vita. Ora era un uomo maturo ed esperto nell’arte della seduzione, sperimentata lungamente e con ottimi risultati.
La prima volta lei non si ricordava nemmeno di quel ragazzino timido che un giorno l’aveva amata. Poi, pian piano, i ricordi nella sua memoria offuscata dagli psicofarmaci somministratele dal marito cominciarono a riproporsi, prima sbiaditi, poi sempre più nitidi. Ne aveva parlato con i suoi fratelli che, invece, stranamente di David si ricordavano bene. Alla fine David riuscì a convincerla di vedersi, quanto meno per fare un dolce tuffo nel passato. In fondo, a che serve stare in FB? Ritrovare vecchi amici, amori e provare a rinverdire un passato mai più riproponibile. David lo aveva utilizzato con altre donne, e aveva sempre funzionato.
Anche Nanni era un caso patologico, psicologicamente parlando. Una donna dalla personalità aggrovigliata, come un esercito di serpenti che si contendono un’unica preda. Ma la loro era una relazione analitica, dicevo, più sentimentale. David nel ruolo dello psicanalista e lei in quello della paziente. Una paziente riottosa e pronta a dissimulare anche con il proprio terapeuta. Ma decisa come sempre ad usare la seduzione per ottenere benevolenza e considerazione. Una donna che si era costruita una tale barriera impenetrabile che anche David, che ne aveva scardinate tante, faticò ad aprire quella inespugnabile corazza. Lei, la sorella e la madre: un trio femminile con risvolti davvero impensabili.
- No, Renzo, non ho ancora finito dal parrucchiere – rispose Nanni al cellulare. – Dopo faccio un po’ di spesa e per le otto sono a casa come sempre, tesoro. David ogni sabato sera assisteva puntualmente a questi dialoghi telefonici. Si era convinto che tra i due esistesse un tacito accordo di reciproca non belligeranza. A lei piaceva fargli ascoltare le sue telefonate con il marito. A David la cosa ripugnava ma stava al gioco, come sempre. Chiusa la conversazione lei era pronta a buttarsi tra le sue braccia, come se nulla fosse avvenuto, ennesima ripetizione di un clichè seriale. David ne era convinto, quella telefonata faceva parte del copione. La sua coazione a ripetere, il suo mettere in scena sempre la stessa sequenza era tutta condensata in quella situazione. Per anni, dal 2007 al 2010, aveva dedicato a Nanni i suoi sabato pomeriggio, finendo le sue serate in compagnia di donne sempre diverse, però.
Una volta Nanni le aveva perfino presentato il marito. Un omone grande e grosso, imbolsito dagli anni e dai malanni. Doveva essere stato un uomo energico e volitivo in passato, ma più di un quarto di secolo con quella donna lo aveva ridotto male. Lui secondo me capiva tutto, ma sopportava per tanti motivi. La loro sessualità era ridotta al lumicino. A dire di Nanni, si limitava a masturbarlo la domenica pomeriggio, un altro di quei lavori forzati a cui lei volontariamente si sottoponeva. Me li vedo, lui che guarda la tv mentre lei con fare distratto provvede a maneggiarlo con cura e con attenzione, per evitare sbalzi pressori, pericolosi e sempre possibili, visto la sua cardiopatia acclarata.
CAPITOLO SETTIMOUno sguardo da entomologo
Le locuste sono piccoli insetti voracissimi, noti anche come cavallette, a causa delle loro zampettine che consentono balzi incredibili, quasi come dei destrieri sull’ostacolo. Il loro passaggio è da sempre fonte di tragedia per i contadini che, a causa loro, perdono interi raccolti. David, con il passar del tempo, aveva costruito una curiosità da entomologo verso le locuste. Le locuste umane che osservava, peraltro, erano tutte infinitamente più voraci e, sicuramente, con meno alibi di quelle appartenenti al mondo degli insetti. Quei piccoli insetti, infatti, hanno le loro buone ragioni per divorare ogni cosa capiti a tiro: tanta voracità è causata dalla lotta per la sopravvivenza. Le locuste umane, invece, spesso sono animate solo da sete di potere o, più meschinamente, da piccoli desideri borghesi.
Categoria speciale occorre creare per le locuste umane appartenenti al genere femminile. Queste si contraddistinguono per una totale assenza di moralità, per uno spregio pressoché assoluto per ogni affetto. Per le locuste femmine ogni situazione va ottimizzata, ogni possibilità va sfruttata. Non esistono limiti, non devono manifestarsi né rimorsi né rimpianti.
Nanni era proprio il prototipo perfetto della locusta femmina: non esisteva azione che non fosse stata capace di compiere nel nome dei propri biechi obiettivi. Tutto era in funzione del proprio interesse, ogni comportamento frutto di un abile e scaltro calcolo. La sua capacità fondamentale consisteva nel tenere in vita più progetti contemporaneamente. Ognuno al suo stadio progettuale, ciascuno seguito con la debita attenzione. Questa capacità manageriale si esplicitava grazie ad una non comune abilità. Un’abilità assimilabile a quella dei grandi chef che sono capaci di portare avanti la preparazione dei più sofisticati piatti, senza perdere il controllo della situazione. Più fuochi accesi contemporaneamente, ciascuno al suo proprio stadio di cottura, tutti abilmente portati a termine per la soddisfazione dei commensali.
Anche le locuste specializzate in politica psseggono questa innata capacità. Giocare su più fronti, tenere a bada più forni, sono caratteristiche essenziali del politico in carriera. Nessuno può sperare di fare successo in politica senza questa destrezza minima. Cercolese eccelleva in questo. Certo doti innate, si nasce con certi geni. Ma anche tanta pratica. Non a caso aveva studiato presso i notabili di quella grandiosa macchina da guerra che fu la DC. Ebbe maestri insuperabili e siccome altro non siamo che nani sulle spalle di giganti, lui era riuscito a mettere a frutto le lezioni dei suoi buoni maestri, aggiungendo a tutti gli insegnamenti ricevuti il suo grande istinto empatico. Attraverso l’empatia il potente si fa perdonare dai suoi servi e vassalli la sua posizione egemonica. Questo gli consente di non dover imporre il suo potere ma, addirittura, sono gli stessi suoi servi a chiedergli di esercitarlo. Il potere ha a che fare in buona parte con la dimensione mistica, non a caso si parla spesso di leadership carismatiche. Il carisma non si spiega, si subisce. Essere vittime del carisma di un leader è una classica situazione ambivalente, da una parte si adora il capo e dall’altro si vorrebbe segretamente abbatterlo.
Avviene così anche nei rapporti sentimentali. La donna che tanto si desidera si vorrebbe distruggere, proprio per il potere incontrollabile che essa esercita su di noi, a causa del desiderio stesso. Nanni, da perfetta locusta, e senza averne la consapevolezza, era a suo modo una donna carismatica. Soprattutto con quel tipo d’uomo che non desidera altro che trovare la donna che lo domini. Di solito si tratta di maschi apparentemente assertivi ma che, in fondo però, sono alla disperata ricerca di una donna che li renda schiavi dei loro stessi desideri. Nanni in questo era maestra. Aveva una capacità innata di individuare le sue prede e di sottometterle al suo giogo. Non era intelligenza la sua. Non c’era un disegno nei suoi comportamenti. Era il suo istinto predatorio a dettarle le mosse.
La sua vittima preferita era un suo vecchio amico Linux Citrullo, un uomo realizzato professionalmente ma psicosomaticamente programmato per essere una vittima delle sua seduzione. Egli era fortemente miope e si sa come ciò sia chiaro sintomo di un comportamento di chiusura: gli occhi non vedono ciò che non piace. La miopia ci costringe a considerare più da vicino tutto ciò che ci circonda. A volte la miopia segnala - o meglio va a "sfuocare" - un mondo affettivo povero ed ostile, che ha creato disagio in età adolescenziale. In aggiunta, il Citrullo aveva spalle ricurve in avanti, come a portare un peso insostenibile. Un peso che si deve necessariamente trasportare per essere degno di un padre sempre pronto ad azzerare l’autostima. Alla nascita il nostro corpo è elastico, senza difese né tensioni. Rotondo e morbido, si offre senza problemi all’abbraccio e al contatto degli altri. E’ un corpo disponibile, pronto a crescere, evolversi, esplorare ed esprimersi. Man mano che incontra difficoltà , divieti e soprattutto regole, il corpo tende e ridurre l’elasticità: più rigida è la disciplina che viene imposta più è facile che, da adulti, ci accorgiamo di avere costituito vere e proprie corazze. Dall’infanzia in poi, le ansie, le paure, i desideri e i divieti si inscrivono nel nostro corpo modellandone la forma. Per cui le esperienze piacevoli fanno rilassare e aprire il corpo, mentre quelle spiacevoli spingono a chiudersi creando un guscio, una corazza appunto. La respirazione si fa corta, il corpo si ritrae, le spalle e il petto si chiudono. Con l’andare del tempo le tensioni diventano croniche: i muscoli sono sempre contratti causando a livello psicosomatico dolori muscolari, dolori cervicali.
David aveva imparato a leggere il linguaggio del corpo, a vedere negli scompensi fisici i segni del disagio psicologico. Linux era un caso di studio perfetto. Dissimulava bene ogni suo disagio ma, ad un attento lettore quale era diventato David, i segni non potevano sfuggire.
Nei loro tre anni di frequentazione assidua, Nanni aveva più volte parlato di questa vittima sacrificale e sempre con toni poco lusinghieri. D’altronde, lei parlava male di tutti. Soprattutto di quelli con cui aveva o aveva avuto una relazione. No, uno si salvava da quella lista di maldicenze. Si chiamava Carlo ed era forse l’unico a cui si fosse legato sentimentalmente, l’unico per cui rimpiangeva le angherie e le bassezze che gli aveva dispensato. Nanni, da perfetta locusta femmina, era infedele a tutti. Perfino a se stessa. Tutti, David e Carlo compresi, furono traditi. Fu questo a spingere Carlo ad allontanarsi da lei, troppo dolore ingestibile. Liberarsi del virus fu difficile ma indispensabile. David fu tradito più volte ma siccome non aveva alcun coinvolgimento affettivo, il tradimento fu per lui solo la conferma delle proprie teorie.
Citrullo, invece, le perdonava ogni cosa. Era disposto a condividerla con chiunque, il suo coinvolgimento era ai limiti della dipendenza. Nonostante avesse abbandonato la moglie e si fosse rifatto una vita con una donna giovane e bella, non poteva fare a meno di lei. Lei lo soggiogava, era padrona di ogni sua azione. Per lei era disposto a tutto e lei lo ripagava con la perfidia di chi sa di avere un potere immenso e lo centellina con la spavalderia di chi sa che non finirà mai. Lui la inondava di cose, oggetti che lui abilmente distraeva grazie alla sua posizione lavorativa. Nanni non doveva nemmeno chiedere, perfino i suoi desideri inespressi si materializzavano in cellulari hi-tech, tv a lcd, notebook. Ogni volta lei, quasi sdegnosamente, li riceveva quasi come fossero solo il giusto vassallaggio al suo strapotere seduttivo.
Anche Cercolese era aduso ricevere doni non richiesti dai propri vassalli. Tutti si ingegnavano per procurare qualcosa che potesse essere desiderato dal proprio Signore. Non doveva chiedere, semplicemente veniva esaudita ogni sua segreta aspirazione. Ciascuno nel proprio ambito si presentava alla corte del satrapo recando doni. Certo, in parte era come per i troiani che esclamavano Timeo danaos et dona ferentes, temo i greci e i doni che loro portano. Dietro ogni dono si nascondeva una richiesta. Bisognava avere solo la pazienza di aspettare il momento propizio per avanzarla. Cercolese questo lo sapeva ma faceva buon viso a cattivo gioco.
Era la fine di luglio 2009, si avvicinava come ogni anno l’onomastico di Nanni. Un momento difficile da gestire per David. Le richieste, nemmeno poi tanto velate, della festeggiata erano sempre esose, bisognava escogitare un sistema credibile per sottrarvisi. David aveva osservato che quando Nanni aveva bisogno di maggiore libertà operativa, da riservare agli incontri con gli altri suoi amanti, creava i presupposti per furibondi litigi. Una tecnica infallibile per evitare il controllo che David, indirettamente, esercitava su di lei.Fu così che David divenne il migliore allievo di quella maestra insuperabile del doppiogiochismo. A sua volta quando aveva bisogno di week end liberi, di giornate intere di cui non dare spiegazioni, provvedeva ad inscenare la farsa del finto litigio: sistema infallibile. David l’aveva studiata in ogni suo dettaglio e ne era diventato il principale estimatore. Nessuna come lei era capace di tenere in piedi più situazioni contemporaneamente. In qualche momento di debolezza, gli aveva perfino confidato il modo sicuro per sviare i sospetti. Sosteneva che di fronte alle domande sulle sue frequentazioni promiscue, quelle che lei non poteva nascondere, la migliore difesa fosse l’attacco. Se tu le chiedevi se quel tizio era uno dei suoi amanti, lei ti rispondeva – Chi quello, ma lo hai visto bene? È solo un poveraccio che si è invaghito di me, che ci posso fare io…Tecnica ben congeniata, non c’è che dire. Se non fosse per il fatto che David, come qualcun altro, aveva verificato e scoperto che proprio lo sfigato era il pollo di turno. Una volta David, la seguì e la vide entrare in un palazzo dove si trattenne per qualche ora, per poi uscirne accompagnata proprio dallo “sfigato ammiratore”. Come sempre, anche in quella occasione, David raccolse ampia documentazione, a futura memoria.

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