Finchè Zeus prese una decisione estrema: scese sotto terra, nella buia prigione nella quale Urano aveva un tempo incatenati i Ciclòpi e i Centìmani, li liberò e si assicurò il loro aiuto. In breve, Crono e i suoi, folgorati dai fulmini dei Ciclòpi e bersagliati dagli enormi macigni che scagliavano contro di loro i Centìmani, furono volti in fuga e sprofondati nelle viscere della terra.
Non per questo terminò la lotta. Gea, guidata solo dal suo amore materno che non faceva distinzioni, non si rassegnò a vedere in libertà i Ciclòpi e i Centìmani ma imprigionati in vece loro i Titani, che erano pure suoi figli. E diede vita a un mostro enorme, Tifone, dalle cento teste, lanciandolo contro Zeus. Ma invano: il dio folgorò con un fulmine l'orribile fiera, e potè allora considerarsi vincitore.
Raggiunto il potere, Zeus affidò il regno del mare al fratello Posìdone, all'altro fratello, Ade, diede il governo dei regni sotterranei e tenne per sé il cielo e la terra. L'ultima lotta dovette essere però sostenuta dal nuovo sovrano contro i Giganti, nati dal sangue di Urano, i quali tentarono di dare la scalata al cielo ammucchiando montagne su montagne. Esìodo non parla di questo episodio, che tuttavia risale a una tradizione popolare molto antica. Naturalmente anche i Giganti furono vinti dagli dèi dell'Olimpo e incatenati ognuno sotto un vulcano dal quale continuarono a eruttare la loro rabbia impotente.
*Le spose di Zeus
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