Magazine Cultura

le mani accese

Da Foscasensi @foscasensi

Col finire delle vacanze di capodanno venne il momento di rientrare in Italia. Lasciammo Parigi che il sole non era ancora sorto e senza voglia di parlare. Eravamo incapaci di tenere testa alle temperature e le altre avversità del clima della capitale, ma soprattutto eravamo angosciati dallo sporco nelle strade e nelle stanze, la patina sui muri dell’albergo, i vecchi randagi nelle stazioni e i loro zaini a rotelle, le apparizioni della Senna, di come fosse stanca la polpa di pietra di Notre Dame, precipitosa la torre Eiffel, pirateschi i ristoranti e i monumenti coperti di merda di piccione. E in tutto questo ci stupivamo di quanto Parigi ardesse, come una donna e la sua ancia di carne, che scottava.

le mani accese

Giovanni Acci (1910-1979)

Mentre ero stordita dal viaggio mi parve di cogliere una domanda che aveva più o meno lo stesso rumore del pullman: saprei riconoscere un demonio, poniamo, se lo vedessi? Aprii gli occhi. Alla mia destra scivolava un paesaggio e una luce che erano ancora poco meno che un mattino francese. I sedili odoravano insieme di molti viaggi e del sapone dei passeggeri. Dai colli e la campagna intorno, senza alcuna provenienza palese, file di auto si muovevano in direzione contraria alla nostra, verso il lavoro e la capitale. Una voce si intrometteva: saprei riconoscere un demonio, se lo vedessi? L’uomo che aveva parlato mi sedeva accanto e teneva una scatola aperta sul ginocchio destro. Con il pollice e il mignolo aveva tirato su una presa l’aveva avvicinata alla narice fino a riempirsene aveva tratto un respiro come di petto e il suo sguardo si era improvvisamente rivolto a qualcosa che né io né gli altri potevamo vedere. Potei seguire la lingua che sfiorava la parte più tenera dei baffi e la mano chiudersi sulla scatola delle erbe da fiuto. Era una mano intonata all’argento della scatola tranne che per il dito mignolo, al quale mancava una falange, e una prontezza di gesto che non ero esattamente felice di notare a pochi centimetri dalla mia coscia. Nondimeno l’uomo continuò. “Come le dicevo, signorina, saprebbe riconoscerlo?”

La storia continua nei prossimi post. Per leggere il racconto intero basta cliccare qui, oppure selezionare la categoria KORU, nella colonna di destra.

Sto ascoltando il notturno di Mozart “Se lontan ben mio tu sei”


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

A proposito dell'autore


Foscasensi 751 condivisioni Vedi il suo profilo
Vedi il suo blog

L'autore non ha ancora riempito questo campo

Dossier Paperblog

Magazines