C’è qualcosa che non va. Non solo perché piove a dirotto, Genova è in ginocchio sott’acqua e il bilancio, approssimativo, è già di sei morti, tra cui due bambini. Ma anche e soprattutto perché soltanto dieci giorni fa, il 25 ottobre, la pioggia che batte e ribatte si è abbattuta su Liguria e Toscana e alle Cinque Terre ci sono stati dieci morti e tre dispersi. Soltanto dieci giorni fa, ecco cos’è che non va. Il sindaco di Genova, Marta Vincenti, guarda incredula la sua città ancora una volta alluvionata e dice che “la tragedia era imprevedibile”. Ma è da giorni che sappiamo che il cielo si sarebbe coperto e sarebbe arrivata ancora una volta tanta acqua, è da giorni che sappiamo che fiumi e torrenti erano ben al di sopra del livello di guardia, è da giorni che facciamo confronti con ciò che è accaduto e con ciò che potrebbe ancora accadere. Purtroppo, il sindaco ha torto: la tragedia era prevedibile.
C’è qualcosa che non va a Genova come a Messina, al Nord avanzato e industriale (se queste definizioni hanno ancora senso) e al Sud arretrato e assistito. La pioggia da sola non spiega così tanti disastri e così tanti morti. Quei bambini morti ieri nel fango in via Fereggiano non avevano il destino segnato. Non possiamo imprecare contro il cielo che ci sovrasta. Gli dèi non hanno colpa e nessun Dio, visibile o invisibile, ci sta punendo. Il problema non è nelle nuvole, ma sulla terra. Se c’è qualcosa che non va, questo “qualcosa” va cercato nella nostra storia. Le fotografie e le immagini di Genova immersa nell’acqua e nel fango le abbiamo viste ieri sul web e in televisione, ma non sono nuove. Nel 1970 vennero giù 900 millimetri di pioggia e strariparono il Bisagno, il Polcevera, il Leira e si contarono quarantaquattro morti e altri – si disse - non si vollero contare. Ciò che è accaduto ieri era accaduto l’altro ieri e – questa la desolante lezione storica che ne ricaviamo - può accadere anche domani. La storia, alleata con la natura, si ripete ineluttabilmente e gli italiani si rendono conto che qualcosa non va quando ormai hanno già le mani nel fango.
Raccogliamo fondi per gli alluvionati. Facciamo bene. Ogni volta sono milioni. La tecnologia aiuta la solidarietà del nostro cuore. Ma quando impareremo a rendere le nostre città più moderne e abitabili, quando affronteremo con volontà e razionalità – e se ci mettiamo anche un po’ di onestà non guasta - il dissesto idrogeologico che è dell’Italia intera e unita, allora, solo allora saremo realmente solidali con tutti: con i morti, con i superstiti, con noi stessi. Perché se in una città storica e importante come Genova che – e fa un certo effetto ricordarlo - fu una delle città marinare italiane non si può dormire ai primi piani delle case ed è anche vietato circolare in automobile perché si corre il serio rischio di essere travolti da una piena torrentizia, allora, è nell’Italia intera e non solo in quella mezza luna che è la Liguria che le cose non vanno. Se ci guardiamo indietro di quindici o anche solo dieci anni vediamo che c’è una strisca di fango che attraversa l’Italia: Sarno, Cervinara, Giampilieri, Cagliari, Vernazza, Monterosso. Non è la natura che ce l’ha con noi, siamo noi che ce l’abbiamo con noi stessi. Perché quando le “tragedie” si ripetono con questa frequenza e hanno tutte il denominatore comune del fango, significa che le volontà e le decisioni che sovrintendono ai governi nazionali e locali non sono mai orientate verso la pre-visione che non la Scienza ma la più banale Storia ci mostra con le bare della madri e dei loro figli.
La cronaca della giornata genovese è un girone infernale: “Esondati anche i torrenti Bisagno e Sturla, allagata la zona antistante alla questura, i quartieri Foce, San Fruttoso e San Martino, inagibile corso Torino e corso Sardegna, dove sono state chiuse le scuole e i bambini portati a piani superiori. La zona della stazione Brignole è allagata con l’acqua che arriva fino alla cintola all’imbocco di via XX Settembre. Nella stazione di Brignole è stato predisposto un treno come rifugio di emergenza perché la zona attorno alla stazione è allagata. Chiusa la sopraelevata che attraversa il capoluogo ligure. Attivati i volontari della Protezione Civile, in arrivo colonne mobili da Lombardia e Piemonte. Secondo quanto spiega il Comune di Genova, risultano frane in zona Bavari, e San Desiderio, due frazioni nell’entroterra genovese, dove la situazione è critica per le forti piogge e l’esondazione di fiumi e torrenti. Le istituzioni rinnovano l’appello ai cittadini: ‘Da ponte Fleming fino alla Foce, chiudere tutti i negozi e locali ai pian terreno e interrati. La gente salga ai piani alti’”. Genova è una città ben strana e particolare con tutti quei fiumi che corrono verso il mare. Ma oggi Genova è tutta l’Italia. La scena della salvezza raggiunta sul tetto di case e palazzi è comune a tutti e a tutti i Comuni. L’Italia sprofonda nel fango e le nostre tragedia materiali sembrano sempre più il frutto delle nostre inadempienze morali.
anticipato dall’edizione di Liberal di domani: 5 novembre 2011