di Maria Gilli
LA COSTRUZIONE DI UNA LEGGENDA
Incominceremo con Margherita di Valois (1553 – 1615), solforica ed appassionata protagonista di un bel film di Patrice Chéreau, magistralmente interpretato dalla splendida Isabelle Adjani, “La Regina Margot“. Ispirandosi al celebre romanzo di Alexandre Dumas, Chéreau rafforza, nel suo film, la leggenda nera di una Margot tutta dedita agli intrighi e agli scandali, e ne consacra definitivamente la fama di donna depravata e divoratrice di uomini.
Margherita di Valois – da www.lessignets.com
Così il mito della ninfomane ha finito col ricoprire la realtà, un po’ diversa, e pochi ricordano che Margherita fu una donna di grande cultura e una mecenate generosa, e che le sue “Memorie“ sono uno dei gioielli della prosa francese del Cinquecento.
Il personaggio, molto controverso, ha avuto ammiratori incondizionati come Brantome (nelle sue “Dame illustri” fa un elogio appassionato di Margherita), ma anche detrattori accaniti comeAgrippa d’Aubigné, e le sono state rivolte le accuse più offensive. Senza dubbio la sua vita privata, piuttosto libera, ha suscitato molti pettegolezzi e maldicenze, ma si tratta di ben altro. Margherita, figlia del re di Francia Enrico II e di Caterina dei Medici, sorella dei re Carlo IX ed Enrico III, è un personaggio importante e, come tutte le principesse di casa reale, una pedina sulla scacchiera dei matrimoni politici. Il periodo in cui vive è uno dei più tragici, più violenti e più carichi di odio della storia di Francia, sono gli anni terribili delle guerre di religione.
Così in tale contesto, il suo matrimonio con il cugino Enrico, re di Navarra, il giovane capofila degli Ugonotti, celebrato con grande fasto il 18 agosto 1572, doveva segnare la riconciliazione fra cattolici e protestanti e il ritorno della pace. Ma l’ “invidiosa fortuna“ (il motivo dei colpi della fortuna è ricorrente nelle “Memorie” di Margherita) è lì, in agguato: la presenza numerosa a Parigi degli Ugonotti venuti ad assistere al matrimonio del loro capo dà luogo ad ogni sorta di provocazione e si innesca l’ingranaggio che sfocerà, qualche giorno dopo, nel massacro della “Saint-Barthélemy“. Il matrimonio di Margherita ormai sarà indissolubilmente associato a quel massacro (è passato alla storia come “les noces vermeilles“, le nozze di sangue) e fa di lei un personaggio esecrato, il bersaglio di tutte le calunnie anche se, in realtà, le accuse più infamanti (ed in particolare quella, assolutamente infondata, della relazione incestuosa con i fratelli) mirano a colpire, attraverso di lei, i responsabili dell’eccidio, la regina madre, Caterina, e il re. La posizione di Margherita, presa tra due fuochi, si fa allora molto scomoda. Come dice lei stessa nelle “Memorie“: “Gli Ugonotti sospettavano di me perché ero cattolica e i cattolici perché avevo sposato il Re di Navarra che era ugonotto“.
Divisa fra il dovere di fedeltà nei confronti della Corona e il dovere di fedeltà nei confronti di suo marito, oscilla dall’uno all’altro, aspirando a giocare il ruolo di mediatrice (Margherita, peraltro, mostra un vivo interesse per gli affari pubblici). Ma le amicizie sbagliate (protegge D’Alençon, il fratello più giovane, in lotta perenne con Enrico III, il fratello maggiore) e la mancata maternità le tolgono molto peso e diventa ben presto un ostaggio che gli avversari si contendono o si rimandano l’uno l’altro, a secondo delle esigenze politiche. Nuovo colpo della fortuna: D’Alençon muore, il Navarra è ormai l’erede alla corona di Francia e i due avversari si riconciliano. Margherita, abbandonata da tutti, si ribella e passa alla “Ligue“, il partito dei cattolici fanatici, nemici da sempre dei protestanti e della Corona. La risposta dei due Henri è immediata: la costringono all’esilio, nelcastello di Usson, rinviandole contro l’immagine della donna istigatrice di tutti i complotti e tutti i tradimenti, e rimarrà “al confine” per venti anni.
Margherita in una tappezzeria dei Valois – derniersvalois.canalblog
E’ nel 1594 che incomincia a scrivere le sue “Memorie“. Suo marito, diventato re di Francia, le ha, pochi mesi prima, proposto l’annullamento del loro matrimonio offrendole in cambio grandi vantaggi e, in un momento così delicato, Margherita sente il bisogno di ridefinire la sua immagine e la sua identità sociale.
Non a caso, le “Memorie” si aprono con l’evento traumatizzante fra tutti, il massacro della “Saint-Barthélemy“. Margherita propone una versione molto interessante e molto personale di questa tragica notte e tenta di riabilitare, almeno in parte, la sua famiglia. La sua testimonianza, straordinariamente preziosa, è assolutamente irrinunciabile e gli storici tendono, oggi, a condividere la sua ricostruzione dei fatti.
Eppure, anche se molto implicata nella storia, Margherita sottolinea più volte che non intende fare opera di storico: vuole “solo fare un semplice racconto dei fatti“, descritti certo da mano inesperta “come quei piccoli orsi in massa pesante e difforme“, ma che danno di lei un ritratto più veritiero, come uno “specchio nel quale si riconosce“. Si installa al centro delle “Memorie” e parla di quello che ha vissuto, di quello che ha visto, sul tono di una immaginaria conversazione familiare con l’amico Brantome, al quale il libro è dedicato. L’immagine che propone di sé è molto rivelatrice: è quella di una donna vittima dei colpi della fortuna e perseguitata, ma che nonostante tutto confida nella Divina Provvidenza; di una donna leale, ma della quale nessuno si è voluto fidare; di una donna saggia, ma che nessuno ha voluto ascoltare; di una donna capace, anzi la più capace di tutti, ma che tutti hanno sacrificato alle passioni politiche. Nessun accenno ai suoi amori: è sempre molto dignitosa, molto consapevole del suo alto rango sociale e delle sue capacità, sempre padrona di se stessa. Sono interessanti anche i ritratti dei suoi familiari: il ritratto, tutto agrodolce di Caterina, sua madre, della quale aveva un grande timore e che accusa di averle preferito i figli maschi, ma che rispetta e che ammira; i ritratti molto graffianti del fratello Enrico, suo persecutore, cattivo e vendicativo, o di suo marito, donnaiolo e opportunista – ma i fatti che rievoca sono ormai lontano nel tempo e non appartengono alla leggenda del “bon roi Henri“.
Gli eventi storici si alternano con gli intrighi di corte, gli amori, le avventure rocambolesche dei grandi signori, che Margherita, divertita, racconta con il sorriso – un andirivieni nel passato, senza ordine cronologico, che segue il flusso dei ricordi -; addentrandosi nelle sue “Memorie“, si lascia sempre più andare al raccontare per il piacere di raccontare, allo scrivere per il piacere di scrivere.
Le “Memorie” furono pubblicate, per la prima volta, nel 1626 ed ebbero subito grande successo. Questo piccolo libro, così innovativo per la forma e per il contenuto, diede l’avvio ad un nuovo genere letterario, il genere delle memorie aristocratiche che fiorirà per tutto l’ “Ancien Régime” e originerà capolavori. Perché non provare a leggere le “Memorie” del duca di Saint Simon, tanto amate e tanto ammirate da Marcel Proust?
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