Siete pronti? Scommetto che non stavate più nella pelle dall’attesa… cominciamo allora il nostro percorso funerario nel Museo del Risorgimento di Torino da alcuni oggetti molto particolari qui conservati: le maschere mortuarie. Prima però è necessaria una piccola postilla per capire quali erano le cause che portavano alla realizzazione di questi ritratti.
Le maschere mortuarie sono documentate fin dall’antichità e avevano valenze magico – religiose. Con l’età moderna, assunsero altre funzioni: costituivano un ricordo del defunto oppure servivano per identificare cadaveri sconosciuti (soprattutto quando la fotografia ancora non era diffusa); erano usate negli studi di frenologia e fisiognomica e risultavano molto utili come base per la creazione di ritratti.
Per questi motivi la creazione di calchi funebri, che ai nostri occhi possono apparire piuttosto macabri, un tempo era pratica usuale. Perciò non dobbiamo stupirci più di tanto se ne troviamo all’interno dei musei: sono testimonianza di usi e costumi che ci sono appartenuti anni or sono.
Le maschere funebri potevano essere dipinte o costruite con materiali preziosi, ma il più delle volte venivano realizzate con materiali facili da modellare come la cera o il gesso.
Maschera mortuaria di Napoleone dal calco Antommarchi, secondo quarto XIX secolo.
Sala 7 – Consolato e impero napoleonico
Nella sala dedicata all’epopea napoleonica è esposta la maschera mortuaria in gesso di Napoleone Bonaparte. L’imperatore morì a soli 51 anni per un tumore allo stomaco il 5 maggio 1821, mentre si trovava in esilio sull’isola di Sant’Elena, dove fu condotto in seguito alla battaglia di Waterloo.
Il calco funebre del suo volto sarebbe stato eseguito subito dopo la morte dal suo medico personale, Francesco Carlo Antommarchi. Non si è però sicuri al 100% che corrisponda a quello che colse l’ultimo respiro del “Corso”, in quanto ne esistono diversi tipi in varie parti del globo. Il calco Antommarchi è comunque considerato l’immagine funebre ufficiale di Napoleone e la maschera di Torino fa riferimento a quello.
Maschera mortuaria di Carlo Alberto, fine XIX secolo.
Sala 15 – L’esilio e la morte di Carlo Alberto
A metà museo incappiamo nella ricostruzione della camera da letto dove il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia – Carignano morì il 28 luglio 1849. Gli arredi sono quelli originali, utilizzati dal sovrano durante il suo breve soggiorno (4 mesi) nella Villa di Rua de Entre – Quintas a Porto, in Portogallo. Qui il “re Tentenna” si recò in esilio dopo l’abdicazione alla fine della prima guerra d’indipendenza italiana.
Invecchiato precocemente, infiacchito dalla depressione e da problemi di salute (le solite lingue biforcute insinuano che avesse contratto la sifilide), lasciò questo mondo poco prima di compiere 51 anni.
La maschera mortuaria in bronzo esposta nella stanza è tra tutte sicuramente la più suggestiva, perché ci fa capire che al momento del trapasso Carlo Alberto restò con gli occhi semiaperti.
Sala 25, maschera mortuaria di Cavour dal calco Pellegrini, post 1861.
Sala 25 – Studio di Camillo Cavour ministro & Sala 27 – L’età delle borghesie
Le ultime due maschere mortuarie in gesso appartengono entrambe a Camillo Benso conte di Cavour. Una è esposta all’interno della sala in cui è ricostruito il suo studio da ministro e l’altra si trova nel grande salone dedicato al mondo della borghesia tra 1815 e 1915.
Il “Tessitore” morì il 6 giugno 1861 nel suo palazzo di Torino. Il 10 agosto avrebbe compiuto 51 anni (ohibò, anche lui?! Chissà questa coincidenza numerica a quali conclusioni farebbe arrivare Roberto Giacobbo!). Per molto tempo le cause della sua morte non sono state chiare, ma oggi si ritiene quasi all’unanimità che Cavour morì di febbri malariche.
L’autore del calco funebre fu il figurinaio Saverio Pellegrini, che lavorava per la ditta Paoli & Barsotti incaricata di eseguire il manufatto. Pellegrini ne eseguì due: uno da consegnare e uno da tenere. L’originale è oggi esposto al Museo della Figurina di Gesso a Coreglia Antelminelli (LU), paese natale dell’artigiano.
Lo scultore Vincenzo Vela usò il calco Pellegrini per realizzare delle copie (una la donò anche al Museo di Anatomia Umana “Luigi Rolando” di Torino) da usare come supporto iconografico quando lavorò al monumento commemorativo di Cavour, cosicché fosse il più fedele possibile alle fattezze del personaggio. Anche il pittore Francesco Hayez si ispirò alla maschera mortuaria per realizzare il celebre ritratto conservato alla Pinacoteca di Brera a Milano: lo si capisce dalla sporgenza del labbro inferiore, particolare che corrisponde perfettamente nella maschera.
Sala 27, maschera mortuaria di Cavour dal calco Pellegrini, 1861.
Termina qui la prima incursione “funeraria” della Civetta nel Museo del Risorgimento di Torino! E se volete costruire il calco del vostro viso (o quello di un defunto compiacente), trovate tutte le istruzioni QUI
Approfondimenti
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Ringrazio per le info su Saverio Pellegrini il Museo della Figurina di Gesso di Coreglia Antelminelli (LU)