Ieri è venuta fuori un’idea complessiva sulle mediane. Cerchiamo, oggi, di andare più nello specifico. Non è forse inutile tornare su una premessa che pure è un fatto assodato e spesso ripetuto. Il sistema, giusto o sbagliato che sia, è un gigante dai piedi d’argilla. Alla base sarebbe dovuta essere un’anagrafe della ricerca delle Università italiane costruita in modo serio. Sarebbe stato necessario del tempo, e di tempo, invece, ce n’è stato poco, pochissimo. Così la costruzione dell’anagrafe della ricerca è stata delegata alla buona volontà dei singoli ricercatori/professori che hanno inserito sul loro sito U-GOV (qualora l’Università ne sia dotata) le pubblicazioni che poi sono state riversate nella rispettiva pagina del CINECA. Non si contano errori, doppioni, prodotti inseriti nelle classificazioni sbagliate. E non c’è stato modo di fare ulteriori controlli. Al punto tale che l’ANVUR, a più riprese, ha declinato ogni responsabilità ed è arrivata a sostenere che i valori sono puramente indicativi….!
Il panorama che emerge per i settori non bibliometrici non è molto confortante. A parte rari casi contrari (12/A1 L-FIL-LET 15) la norma certifica una mediana leggermente più alta per gli Ordinari che per gli Associati con differenze nel numero dei prodotti non particolarmente marcate. La tabella riassuntiva che qui riportiamo rende la situazione. I numeri tra parentesi non sono le mediane delle mediane (!), ma rappresentano, con qualche margine di approssimazione, l’addensarsi delle stesse.
ORDINARI ASSOCIATI
Libri:
il valore oscilla tra 1 e 2 ; 12 settori concorsuali hanno 0
Libri:il valore oscilla tra 1 e 2; 7 settori concorsuali hanno 0
Articoli: maggioranza dei valori tra 16 e 23 Articoli: maggioranza dei valori tra 12 e 18
articoli fascia A:
un unico 4 (10/D2),molto rari i 3; i valori oscillano tra 1 e 2; 32 settori concorsuali hanno 0
Articoli fascia A:rarissimi 3, i valori oscillano tra 1 e 2; 24 settori concorsuali hanno 0
Cosa colpisce? Lo scarso numero delle monografie, anche se abbiamo piena contezza che per scriverle occorre tempo, spesso sono frutto di più lustri di lavoro. Che però 12 settori concorsuali nella fascia degli ordinari non ne abbia neppure una fa pensare. Altro spunto di
riflessione è offerto non dalla scarsezza o dall’abbondanza delle quantità, quanto piuttosto dai rispettivi rapporti. Come può essere che gli articoli in fascia A degli ordinari, negli ultimi 10 anni, siano così pochi? Sono addirittura 32 i settori che snocciolano un bello zero. E, seppure meno éclatante, anche il dato degli Associati fa pensare: sono 24 i settori ad avere zero.Certo occorre molta prudenza perché l’ANVUR gli elenchi delle riviste in fascia A ancora non li ha resi noti e quindi non conosciamo la base documentaria che ha originato questi numeri. Sappiamo però che i Gruppi di Lavoro delle Riviste si sono basati sulle classificazioni fatte dalle Consulte e dalle Società, già rese note ed utilizzate per la VQR. Delle due l’una: o le liste di riviste in fascia A dell’ANVUR sono poco o nulla affidabili oppure è sulla pregressa produzione degli Accademici che bisogna interrogarci.
Come già abbiamo sottolineato Valerio Onida ed i Costituzionalisti è proprio su questo punto che hanno intentato ricorso. Non si possono stabilire oggi, sulla base di elenchi di riviste redatti ora dall’ANVUR, classifiche di merito che abbiano valore per i dieci anni precedenti. Non è possibile dare a questi elenchi valore retroattivo.
Vero, forse. Ma anche no. Perché nella gran parte dei casi si tratta di riviste di tradizione. Tutti, da anni, le conoscevamo come serie/buone/eccellenti e, in quanto tali, anche note e lette all’estero, presenti nelle biblioteche straniere. La divisione in fasce (A,B,C) quindi, in sé, non ha nulla di nuovo. Si limita semplicemente a certificare, con una sorta di bollino blu, una qualità già conosciuta da tempo.E allora perché se il valore delle riviste era noto le pubblicazioni sono finite altrove? E quante prefazioni, post-fazioni, Atti di convegno, edizioni locali, volumi in onore di.. ci hanno tenuto impegnati? Mi direte: “Ma le Università ed in particolare talune aree disciplinari devono anche essere legate al territorio e quindi bene il micro-convegno nel Comune dove faccio scavi: per il quale i finanziamenti si trovano con una certa facilità, dove interverranno il Sindaco, gli assessori etc etc.”
Nulla quaestio. Ma la disparità resta. E con questa resta bassa la probabilità che le nostre fatiche vengano lette e recepite su più ampia scala. Le mediane non servono solo per i candidati ma innanzi tutto e prima di tutto per valutare gli Ordinari e stabilire chi di loro potrà
essere sorteggiato come commissario per i futuri concorsi. E c’era bisogno che fosse una legge, con una cabala di numeri, a stabilire chi è un Professore valido e chi non lo è? Non è umiliante che un’intera classe intellettuale non sappia e non voglia decidere al suo stesso interno quali sono i suoi mali ed i suoi limiti e che debba intervenire una legge dall’esterno per dividere, con una mediana, i buoni dai cattivi?Elle