Le memorie “Mundial” di Carlo Nesti : Messico 1986 – “Non disturbare Ciotti”

Creato il 12 giugno 2014 da Simo785

A cura di Carlo Nesti

Durante i Mondiali di calcio 2014, garantirò, in questi spazi, il commento-pagella delle partite dell’Italia, e degli altri incontri principali.   Inoltre, una sintesi audio-video Youtube delle fasi salienti delle partite degli azzurri.   Ascolterete la mia voce in televisione su Top Calcio 24, e in radio su Radio Sportiva.   Nella marcia di avvicinamento all’evento, vi propongo una serie di ricordi personali, legati proprio alla storia della manifestazione.      MONTERREY, 2-6-1986 POLONIA-MAROCCO 0-0     NON DISTURBARE CIOTTI  

Il logo dei mondiali del Mexico del 1986

Voliamo da Milano a Città del Messico, fermati per un guasto aereo una notte ad Amsterdam, in 4, Bruno Pizzul, Ennio Vitanza e io per la televisione, Alfredo Provenzali per la radio.

Quando atterriamo nella capitale, un dirigente Rai ci blocca, invitandoci al bar, e noi, sconvolti dal viaggio interminabile e dal fuso orario, ci chiediamo che senso abbiano certi convenevoli. Attorno a uno sbilenco tavolino, scopriamo che Nando Martellini ha avuto un malore, ed è tornato in Italia, per cui il “gigante buono” Pizzul diventa il numero 1: lo sarà per 16 anni… Su un foglio a quadretti, e sotto gli occhi di tutti, viene riscritto ciò che immaginavo, in azienda, sancito da riunioni, sussurrato fra pareti insonorizzate, e vergato su registri segreti.   Vengono ridistribuite le telecronache, tenendo conto di Giorgio Martino e Fabrizio Maffei, e assisto al penoso slancio di un collega, che si inginocchia per elemosinarne una in più.   Poi, ciascuno si muove per la sua destinazione, e io (televisione) mi reco a Monterrey, dove seguirò, con Sandro Ciotti (radio), gli impegni di Inghilterra, Marocco, Polonia e Portogallo.   Il 2 giugno 1986 si gioca il primo incontro fra Marocco e Polonia, e ho l’incarico di svegliarlo a 2 ore e mezza dal match, per montare su un taxi, e raggiungere insieme lo stadio.   Provo a telefonare 1-2-3 volte dalla reception, ma nessuno risponde, per cui, pur essendo intimidito dal carisma del “mostro sacro”, decido di salire al suo piano, e bussare alla porta.   Dal buio della stanza, esce una pelosa sagoma nuda, con sullo sfondo un letto disfatto, e Sandro, con la voce a grattugia, mi fa: “Ragazzino, non hai ancora capito perché sto tardando?”.   Arrossisco, e mi precipito nella hall, scioccato dal pensiero di avere interrotto l’amplesso del collega: temo il peggio, ma dopo, in auto, lo trovo sereno, e ben disposto.   Giunti nell’impianto, scopriamo che il personale tecnico dell’Eurovisione ha affiancato quello messicano, in stato confusionale, e che le nostre postazioni sono lontane.   Come se non bastasse, a me, telecronista, arriva la linea radio di Ciotti, mentre a Ciotti arriva la linea tivù, per cui sarò io a far partire lui, e viceversa, con un braccio alzato.   Comincia il confronto, ma noi diamo le spalle al campo, guardandoci negli occhi a 30 metri di distanza, in attesa che Roma pronunci il fatidico “vai”: sperimentatori stile Guglielmo Marconi.   Scatta Ciotti, e poi io, intorno al ventesimo minuto, primo a prendere la linea dal Messico, dopo il match inaugurale, senza bisogno di scomodare per 90′ la telecronaca di un collega in Italia.   La Polonia di Boniek e Smolarek pareggia 0-0, e il giorno dopo Gianni Romeo de “La Stampa”, elogiando la mia prestazione al microfono da umile gregario, scriverà: “Anche la Rai ha il suo De Napoli!”.

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